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Indietreggiò, e Valentine Aillard prese il suo posto. — Durante il mio primo anno a Nevarsin mi sentivo solo e infelice, come tutti i ragazzi: anzi di più perché non avevo né madre né fratelli viventi, e mia sorella era in adozione, molto lontano. Domenic era venuto a far visita a Valdir. Mi ha condotto in città e mi ha comprato doni e dolciumi, perché avessi quello che avevano gli altri ragazzi dopo una visita dei parenti. Quando inviava regali a Valdir, per la festa del solstizio d’inverno, mandava un regalo anche per me. Che questo ricordo allevii il dolore.

Uno dopo l’altro, i componenti del corteo funebre si fecero avanti: ognuno aveva un ricordo o un tributo per colui che giaceva nella tomba. Cathal Lindir tacque a lungo, reprimendo i singhiozzi, e infine proruppe: — Eravamo bredin. L’amavo. — Poi indietreggiò, nascondendosi tra la folla, incapace di pronunciare la formula rituale. Callista, prendendo il suo posto accanto alla fossa, disse: — Era l’unico della mia famiglia per il quale io non fossi… non fossi una persona diversa, straniata. Anche quando ero ad Arilinn, e tutti gli altri parenti mi trattavano come un’estranea, Domenic era sempre lo stesso, con me. Che questo ricordo allevii il dolore. — Avrebbe desiderato che fosse presente Ellemir, ad ascoltare quei tributi al suo fratello prediletto. Ma Ellemir aveva deciso di restare col padre. Non si poteva fare più nulla per Domenic, aveva detto, ma suo padre aveva bisogno di lei.

Andrew si accostò a sua volta alla tomba. — Io sono giunto ad Armida come uno straniero. Domenic è stato al mio fianco al momento delle mie nozze, poiché non avevo parenti. — E quando concluse «Che questo ricordo allevii il dolore», si rammaricò di aver avuto così poco tempo per conoscere il giovane cognato.

A quanto pareva, ogni nobile e ogni dama dei Comyn che aveva accompagnato Domenic alla tomba aveva qualche gesto di bontà o qualche piacevole incontro da riferire in memoria del defunto. Lorenz Ridenow — che, come Andrew sapeva benissimo, aveva tramato per togliere a Domenic il comando delle Guardie col pretesto della sua estrema giovinezza — dichiarò che il giovane si era dimostrato competente e modesto nell’esercizio della sua autorità. Danvan Hastur, un uomo basso e robusto, con i capelli d’argento dorato e gli occhi grigi, maestro dei Cadetti nelle Guardie, ricordò che il giovane comandante aveva interceduto per la vittima di un crudele scherzo tra i Cadetti. Damon, che era stato maestro di Domenic quando il ragazzo, a quattordici anni, era entrato nei Cadetti, ricordò che nonostante la gaiezza e la voglia di scherzare non aveva mai pronunciato una frase cattiva o giocato tiri crudeli. Andrew comprese, con una fitta dolorosa, che molti avrebbero sentito la mancanza di Domenic. Sarebbe stato difficile per Valdir prendere il posto di un giovane tanto amato e rispettato.

Mentre ritornavano a Thendara, la nebbia cominciò a diradarsi. Quando passarono dal valico che conduceva alla città, Andrew guardò di nuovo, dall’altra parte della valle, gli edifici che spuntavano entro le mura del settore terrestre: anche da quella distanza si sentiva il rombo dei macchinari da costruzione. Un tempo lui era stato Andrew Carr e aveva abitato in un complesso come quello, con le luci gialle che nascondevano il colore del sole, e non si era curato di ciò che stava fuori dal recinto. Adesso guardava con indifferenza le minuscole sagome lontane delle astronavi, gli scheletri dei grattacieli non ancora completati. Non avevano più nulla in comune con lui.

Quando girò la testa, vide gli occhi di Lorill Hastur fissi su di lui. Lorill era il reggente del Consiglio dei Comyn, e Callista gli aveva spiegato che era più potente del re: un uomo di mezza età, alto, imponente, con i capelli rosso-cupo sfumati di bianco alle tempie. I suoi occhi si fissarono per un momento negli occhi di Andrew. Il terrestre ricordò che Lorill era considerato un telepate potente, e si affrettò a distogliere lo sguardo. Sapeva che era un gesto sciocco: se il nobile Hastur voleva leggergli nella mente, poteva farlo anche senza guardarlo negli occhi. E ormai conosceva abbastanza il galateo dei telepati da sapere che Lorill non l’avrebbe fatto senza una buona ragione. Tuttavia si sentiva a disagio: sapeva di essere lì sotto mentite spoglie. Nessuno sapeva che era un terrestre. Ma cercò di mostrarsi indifferente, mentre ascoltava Callista che gli indicava gli stendardi dei dominii.

— L’abete d’argento in campo azzurro è lo stemma di Hastur, naturalmente: l’hai visto quando Leonie è venuta ad Armida. E quella è la bandiera verde e oro dei Ridenow, accanto a Lorenz. Damon ha il diritto a un portastendardo, ma di rado se ne cura. Le piume rosse e grige sono lo stemma di Aillard, e l’albero e la corona d’argento appartengono agli Elhalyn. Un tempo erano una setta degli Hastur. — Il principe Duvic, che era venuto a rendere onore all’erede degli Alton, aveva un aspetto meno regale di Lorill Hastur, pensò Andrew, e perfino del giovane Danvan. Duvic era un giovane dall’aria viziata e dissoluta, vestito di pelliccia.

— E quello è Dom Gabriel Ardais, con la sua consorte, dama Rohana. Vedi il falco sul loro stendardo?

— Sono soltanto sei, contando Armida — disse Andrew. — E il settimo dominio?

— Il dominio di Aldaran è stato esiliato molto tempo fa. Ho sentito spiegazioni di ogni genere, ma sospetto che sia avvenuto semplicemente perché gli Aldaran vivevano troppo lontano per venire ogni anno al Consiglio. Castel Aldaran è lontano, tra gli Heller, e è difficile governare gente che vive a simili distanze: è impossibile sapere se osserva le leggi o no. Alcuni dicono che gli Aldaran non sono stati esiliati, e che hanno compiuto la secessione di loro volontà. Puoi domandare finché vuoi, e ognuno ti darà una spiegazione diversa del perché gli Aldaran non sono più il settimo dominio. Immagino che un giorno uno dei dominii più grandi finirà col dividersi di nuovo, e così ce ne saranno ancora sette. L’hanno fatto gli Hastur, quando la vecchia stirpe di Elhalyn si è estinta. Comunque siamo tutti imparentati, e anche molti della nobiltà minore hanno sangue Comyn. Una volta mio padre parlava di sposare Ellemir a Cathal… — Poi Callista tacque, e Andrew sospirò pensando alle implicazioni di quelle parole. Sposandosi era entrato in una famiglia di sovrani ereditari. Il figlio di Ellemir, e i figli che Callista poteva avere, avrebbero ereditato una terribile responsabilità.

E io ho cominciato in un allevamento di cavalli in Arizona!

Continuò a sentirsi sgomento quando, quel giorno stesso, il Consiglio dei Comyn si riunì in quella che Callista chiamava Camera di Cristallo, una sala di una delle torri, con le pareti di pietra traslucida intagliata in prismi che lampeggiavano alla luce del sole. Era come muoversi nel cuore di un arcobaleno. La sala era ottagonale, con varie file di seggi, e ognuno dei dominii dei Comyn era schierato sotto il proprio stemma e la propria bandiera. Callista sussurrò che ogni membro di una famiglia avente diritto a sedere in Consiglio, e riconosciuto portatore del laran, poteva presentarsi e parlare. Come Custode di Arilinn, anche lei aveva avuto quel diritto, sebbene si fosse recata lì solo di rado.

C’era Leonie, insieme agli Hastur; Andrew distolse gli occhi. Se non fosse stato per lei, forse adesso Callista sarebbe stata sua moglie non soltanto di nome; e avrebbe potuto essere Callista, non Ellemir, a portare in grembo suo figlio.

Ma allora, pensò, lui non avrebbe mai conosciuto Ellemir: e come poteva augurarsi una cosa simile?

Dom Esteban, esangue e sciupato ma eretto e dignitoso sulla sedia a rotelle, stava nella fila di seggi più bassa. I suoi figli gli sedevano al fianco: Valdir pallido ed emozionato, Dezi impassibile e indecifrabile. Andrew notò che molti inarcavano le sopracciglia e scoccavano a Dezi occhiate di curiosità. La somiglianza di famiglia era inequivocabile, e il fatto che Dom Esteban avesse fatto sedere Dezi al proprio fianco nella Camera di Cristallo era una specie di riconoscimento tardivo.