Lui si scusò, cortesemente, la ringraziò per l’aiuto, e se ne andò. Margwenn l’avrebbe saputo ben presto. Per gli inferni di Zandru, sarebbe stato impossibile tenerlo nascosto! Presto tutti i Comyn l’avrebbero saputo, e tutti gli abitanti di Thendara! Che scandalo, per gli Alton!
Quando ritornò nell’appartamento, la sua espressione rivelò subito a Ellemir la verità. — Allora è vero. Avarra misericordiosa, cosa succederà a nostro padre? Amava Dezi. E l’amava anche Domenic.
— Vorrei che fosse possibile tenerglielo nascosto — replicò Damon, avvilito. — Ma tu sai perché non posso, Elli.
Callista disse: — Quando nostro padre saprà la verità, ci sarà sicuramente un altro omicidio.
— Lui ama quel ragazzo, l’ha già risparmiato — protestò Andrew.
Callista strinse le labbra. — È vero. Ma quando ero bambina, mio padre aveva un segugio prediletto. L’aveva allevato da cucciolo: di notte dormiva sul suo letto, e gli si sdraiava ai piedi nella Grande Sala. Con gli anni, però, si è incattivito. Ha cominciato a uccidere gli animali da cortile, e una volta ha morso a sangue Dorian. Il coridom ha detto che bisognava ucciderlo; ma sapeva che mio padre era affezionato al cane, e si è offerto di farlo eliminare. Ma mio padre ha replicato: «No, questo è affar mio». È andato alle scuderie, ha chiamato il cane, e quando quello si è avvicinato lui gli ha spezzato il collo con le proprie mani. — Poi tacque, ricordando che suo padre, dopo, aveva pianto: era l’unica volta che lei l’aveva visto piangere, dopo la morte di Coryn.
Ma non si tirava mai indietro, quando doveva fare una cosa.
Damon comprese che Callista aveva ragione. Avrebbe preferito risparmiare quel dolore al suocero: ma Esteban Lanart era il nobile Alton, e aveva diritto di vita e di morte su ogni uomo, donna e bambino del dominio di Alton. Non aveva mai amministrato la giustizia in modo iniquo, ma non si era mai rifiutato di amministrarla.
— Vieni — disse a Andrew. — Dobbiamo dirglielo. — Ma quando Callista si alzò per seguirli, scosse la testa.
— Breda, questa è una cosa da uomini.
Lei impallidì per la collera. — Come osi parlarmi così? Domenic era mio fratello, e anche Dezi lo è. Io sono un’Alton!
— Anch’io — disse Ellemir. — E mio figlio è l’erede, dopo Valdir!
Mentre si giravano verso la porta, Damon si sentì echeggiare incongruamente nella memoria un brano di canzone dal tono dolce e triste insieme. Dopo un attimo rammentò che era la ballata che Callista aveva incominciato a cantare, attirandosi un rimprovero:
Perché hai quel sangue sulla mano destra,
Fratello, dimmi, dimmi…
È questo il sangue dei fratelli miei,
Che sedevano a bere insieme a me.
Ellemir aveva detto la verità, senza saperlo: portava sventura, se una sorella la cantava alla presenza di un fratello. Ma, guardando le due donne, Damon pensò che, come l’eroina della vecchia ballata, la quale aveva condannato al bando il fratricida, non si sarebbero rifiutate di pronunciare la sentenza.
C’erano solo pochi passi per giungere nell’altra parte dell’alloggio, ma a Damon sembrò una strada interminabile, attraverso un abisso d’infelicità. Si presentarono a Dom Esteban, che li guardò sbalordito.
— Cosa significa? Perché avete tutti quell’aria solenne? Callista, cos’hai, chiya? Elli, hai pianto?
— Padre — disse Callista, pallida come una morta, — dov’è Valdir? E Dezi è qui vicino?
— Sono insieme, spero. So che gli serbi rancore, Damon. Ma dopotutto, quel ragazzo ha il diritto dalla sua parte. Avrei dovuto fare anni addietro ciò che mi propongo di fare adesso. Non è abbastanza adulto per diventare reggente del dominio, naturalmente, o tutore di Valdir: è un’idea assurda. Ma quando l’avrò riconosciuto, diventerà ragionevole. E allora sarà un fratello devoto per Valdir, come lo è stato per il mio povero Domenic.
— Padre — disse Ellemir, a voce bassa, — è appunto ciò che temiamo.
Dom Esteban si voltò, incollerito. — Credevo che almeno tu, Ellemir, mostrassi un po’ di comprensione fraterna! — Poi incontrò gli occhi di Damon e di Andrew, fissi su di lui. Li guardò, uno dopo l’altro, con angoscia e irritazione crescenti.
— Come osate! — Poi, impaziente, cercò il contatto, e lesse direttamente ciò che sapevano. Damon sentì la rivelazione affondare nella mente del vecchio in un’immensa ondata di sofferenza. Fu come la morte, un momento accecante di dolore fisico. Colse l’ultimo pensiero del vecchio prima che sprofondasse nell’incoscienza. Il mio cuore, il mio cuore si spezza. Credevo che fosse solo una frase fatta, ma sento che è così. Prontamente Andrew raccolse tra le braccia Dom Esteban, mentre scivolava dalla poltrona a rotelle.
Troppo sconvolto per riflettere con lucidità, l’adagiò sul letto. Damon era ancora paralizzato dal contraccolpo dell’angoscia del nobile Alton.
— Credo che sia morto — disse Andrew, turbato, ma Callista andò a tastargli il polso e ad appoggiargli l’orecchio sul petto. — No, il cuore batte ancora. Presto, Ellemir! Corri a chiamare Ferrika, che è più vicina; ma uno di voi uomini deve scendere nella Sala delle Guardie a cercare mastro Nicol.
Attese, al fianco del padre, rammentando che Ferrika l’aveva avvertita circa le condizioni del cuore del vecchio Alton. Quando la donna arrivò, confermò i suoi timori.
— Il cuore non funziona più come dovrebbe, Callista. — In uno slancio di simpatia, dimenticò il formale «mia signora», ricordando che avevano giocato insieme da bambine. — Ha dovuto sopportare troppi colpi. — Portò gli stimolanti, e quando arrivò mastro Nicol, tra tutti e due riuscirono a farne inghiottire una dose al vecchio.
— Non c’è molto da fare — avvertì l’ufficiale ospitaliero. — Potrebbe morire da un momento all’altro, come potrebbe tirare avanti così fino al solstizio d’estate. Ha avuto un trauma? Con tutto il rispetto, nobile Damon, sarebbe stato necessario proteggerlo da ogni emozione.
Damon avrebbe voluto chiedergli com’era possibile proteggere un telepate dalle cattive notizie. Ma mastro Nicol stava facendo del proprio meglio, e neppure lui avrebbe saputo trovare una soluzione.
— Faremo tutto il possibile, nobile Damon, ma per ora… è una fortuna che ti avesse già scelto come reggente.
Fu come un getto d’acqua gelida. Lui era reggente di Alton, con la tutela e la sovranità del dominio, fino a quando Valdir fosse stato dichiarato adulto.
Reggente. Con potere di vita e di morte.
No, pensò, con un brivido di ripugnanza. Era troppo. Non voleva.
Ma quando guardò il vecchio privo di sensi, comprese che era suo dovere. Di fronte alla prova del tradimento di Dezi, il nobile Alton avrebbe agito senza esitare per proteggere il ragazzo e il nascituro, i suoi eredi. E adesso toccava a lui agire…
Quando Dezi tornò insieme a Valdir, li trovò ad attenderlo.
— Valdir — disse dolcemente Ellemir, — nostro padre sta molto male. Va’ a cercare Ferrika e chiedile notizie. — Con loro grande sollievo il ragazzo corse subito via, e Dezi rimase li con aria di sfida.
— Dunque l’hai spuntata, Damon. Sei reggente di Alton. Ma lo sei davvero? Vorrei proprio saperlo.
Damon ritrovò la voce. — So tutto, Dezi. Non puoi liquidarmi come hai liquidato Domenic. Come reggente di Alton ti ordino di consegnarmi la matrice che gli hai rubato.
Vide la comprensione balenare sul volto di Dezi. Poi, con immenso orrore di Damon, il giovane rise. Damon pensò che non aveva mai udito un suono sconvolgente come quella risata.
— Vieni a prenderla, mezzo uomo — lo sfidò Dezi. — Non ti sarà così facile, questa volta. Non riuscirai a sorprendermi, adesso, neppure con tutto il tuo Nido intorno a te! — Damon rabbrividì di fronte a quell’antica oscenità. — Avanti: ti ho sfidato in Consiglio, e adesso facciamola finita qui! Chi di noi dovrà essere il reggente di Alton? Sei abbastanza forte? Ti chiamano mezzo monaco e mezzo eunuco!