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— Leonie, quando mi hai allontanato dalla Torre hai smesso di essere la mia Custode e la custode della mia coscienza. Ciò che ho fatto, l’ho fatto sotto la mia responsabilità. Sono un tecnico delle matrici, addestrato ad Arilinn, e ho vissuto tutta la vita secondo i precetti che mi sono stati insegnati là. La mia coscienza è pulita. Non prenderò l’impegno che tu chiedi.

— Fin dalle epoche del caos — disse Leonie, — è proibito ai cerchi di operatori delle matrici di lavorare al di fuori di una Torre approvata per decreto dei Comyn. E non possiamo acconsentire che tu ammetta nel tuo cerchio una donna che un tempo era Custode e che è stata sciolta dal giuramento. Questo non è permesso, in forza delle leggi che ci sono state tramandate dai tempi di Varzil il Buono. È impensabile; è osceno! Tu devi distruggere la Torre, e promettermi che non la ricostruirai più. Quale reggente di Alton e tutore di Callista, ti chiedo d’impegnarti a far sì che lei non violi mai più le condizioni alle quali le è stato reso il suo giuramento.

Con uno sforzo, Damon riuscì a mantenere ferma la voce. — Non accetto il tuo giudizio.

— Allora dovrò invocarne uno peggiore — disse Leonie. — Vuoi che esponga tutto questo al Consiglio e agli operatori di tutte le Torri? Sai quale sarà la punizione, se verrai riconosciuto colpevole. Una volta che la macchina si metterà in moto, neppure io potrò salvarti — aggiunse, guardandolo direttamente per la prima volta dall’inizio dell’incontro. — Ma so che se mi darai la tua parola la manterrai. Promettimi che scioglierai questo cerchio illegittimo, ritrarrai l’energia dalla tua Torre nel sopramondo, e t’impegnerai con me personalmente a usare la tua matrice, a partire da oggi, solo per scopi leciti ed entro i limiti stabiliti; in cambio io ti darò la mia parola che non procederò oltre, qualunque cosa tu abbia fatto.

La tua parola, Leonie? Cosa vale, la tua parola? Fu come se l’avesse schiaffeggiata. La Custode impallidì. Chiese, con voce tremante: — Mi sfidi, Damon?

— Sì. Tu non hai mai pensato alle mie motivazioni, hai sempre preferito ignorarle. Parli di Varzil il Buono: non credo che tu sappia di lui neppure la metà di quanto ne so io. Sì, Leonie, ti sfido. Risponderò a queste accuse a tempo debito. Presentale al Consiglio, se vuoi, o alle Torri: io sarò pronto a rispondere.

Il volto di lei era mortalmente pallido. Come un teschio, pensò Damon.

— Così sia, Damon. Conosci la punizione. Verrai privato della tua matrice, e affinché tu non possa fare ciò che ha fatto Dezi, i centri del laran del tuo cervello verranno bruciati. Sei tu che l’hai voluto, e tutti costoro possono testimoniare che ho cercato di salvarti.

Leonie si voltò e uscì. Gli altri la seguirono. Damon restò immobile, col volto irrigidito, finché se ne furono andati. Riuscì a conservare quella fredda dignità fino a quando il suono dei loro passi si perse nel corridoio. Poi, muovendosi come un ubriaco, entrò barcollando nell’altra stanza.

Udì Andrew imprecare, un torrente di esclamazioni in una lingua che doveva essere terrestre: lui non ne conosceva una parola, ma nessuno che possedesse il laran avrebbe potuto fraintenderne il significato. Damon passò davanti al cognato e si buttò bocconi su un divano, con la faccia tra le mani, immobile. Era invaso dall’orrore, e la nausea gli torceva lo stomaco.

Adesso, la sua sfida gli sembrava una bravata puerile. Sapeva, senza il minimo dubbio, che non avrebbe trovato un modo per rispondere alle accuse, che l’avrebbero giudicato colpevole, e che sarebbe incorso nella punizione.

Sordo. Cieco. Mutilato. Vivere senza laran, imprigionato per sempre nella propria mente, insopportabilmente solo per sempre… Vivere come un animale. Contrasse i pugni per la sofferenza. Andrew gli venne accanto, turbato, solo parzialmente conscio di ciò che lo tormentava.

— Damon, non fare così. Senza dubbio il Consiglio ascolterà le tue spiegazioni: capirà che hai fatto l’unica cosa che potevi fare.

Damon gemette, atterrito. Gli sembrava che tutte le paure della sua vita, le paure che aveva imparato a giudicare indegne di un uomo, l’assalissero in un’immensa ondata travolgente. Le paure di un bambino solo e indesiderato, di un ragazzo solo, nei Cadetti, goffo e non amato da nessuno, tollerato soltanto come amico di Coryn; per tutta la vita aveva tenuto a bada la paura, per non essere considerato meno di un uomo. La paura, il dubbio che Leonie vedesse attraverso il suo autodominio, scoprisse la sua passione, il suo desiderio proibito, il rimorso e lo smarrimento quando lei l’aveva scacciato da Arilinn dicendogli che non era abbastanza forte per quel lavoro, incentivando la coscienza della sua debolezza, la paura che aveva sempre soffocato. La paura repressa di tutti gli anni nelle Guardie, quando sapeva di non essere un soldato. Lo spaventoso rimorso di essere fuggito lasciando le sue Guardie a morire al suo posto…

Tutta la vita. Per tutta la vita aveva avuto paura. C’era mai stato un giorno in cui non si era reso conto di essere un vigliacco che fingeva invano di non aver paura, che ostentava il coraggio perché nessuno vedesse che era un verme tremante, un impostore, un povero essere in forma di uomo? La vita aveva così poca importanza, per lui: avrebbe preferito affrontare la morte piuttosto di rivelarsi per quel debole e codardo che era.

Ma adesso Leonie aveva minacciato l’unica cosa che lui non poteva sopportare, che non avrebbe sopportato mai. Sarebbe stato più facile morire adesso, piantarsi un pugnale in gola, piuttosto che vivere accecato, mutilato, come un cadavere ambulante, in una finzione di vita.

Lentamente, attraverso la nebbia del panico e della paura, si accorse che Andrew si stava inginocchiando accanto a lui, pallido e preoccupato. Stava dicendo qualcosa, in tono supplichevole, ma le sue parole non potevano raggiungerlo attraverso la mortale foschia della paura.

Quanto doveva disprezzarlo! pensò. Lui era così forte…

Sgomento, Andrew assisteva alla silenziosa lotta di Damon. Cercò di discutere con lui, ma comprese che non riusciva a farsi ascoltare. Damon lo udiva? Nel tentativo di arrivare fino a lui, gli si sedette al fianco e si chinò a cingerlo con un braccio.

— No, no — disse, impacciato. — Va tutto bene, Damon. Sono qui. — E poi, sentendosi goffo e timido, come sempre a ogni sospetto d’intimità fra loro, disse, quasi in un sussurro: — Non lascerò che ti facciano del male, bredu.

La sofferenza e il gelido terrore di Damon proruppero, travolgendoli entrambi. Singhiozzò, convulsamente: il suo autodominio aveva ceduto. Sconvolto, Andrew cercò di ritrarsi, pensando che Damon non volesse farsi vedere così: poi comprese che quello era l’ultimo residuo della sua mentalità terrestre. Non poteva ritrarsi dal dolore di Damon, perché era il suo dolore: una minaccia contro Damon era una minaccia contro di lui. Doveva accettare la debolezza e la paura dell’amico come accettava ogni altra cosa in lui, come accettava il suo amore e le sue premure.

Sì: amore. Adesso lo sapeva, mentre stringeva a sé Damon singhiozzante e si sentiva pervadere dalla sua sofferenza come da una marea: amava Damon come amava se stesso, come amava Callista e Ellemir. Era parte di loro. Fin dall’inizio, Damon l’aveva saputo e accettato; ma lui si era sempre tirato indietro, si era detto che Damon era suo amico ma che c’erano limiti all’amicizia, c’erano punti che non dovevano mai essere sfiorati.

Si era risentito quando Damon e Ellemir avevano partecipato al suo tentativo di fare l’amore con Callista: aveva cercato d’isolarsi con lei, convinto che l’amore per lei fosse qualcosa che non poteva, non voleva condividere. Si era risentito per l’intimità fra Damon e Callista: e mai, adesso lo sapeva, aveva compreso esattamente cos’avesse spinto Ellemir a fare la sua offerta. Si era sentito imbarazzato e vergognoso quando Damon l’aveva trovato con Ellemir, sebbene avesse dato per scontato il suo consenso. La relazione con Ellemir l’aveva considerata qualcosa di separato da Damon e da Callista. E quando Damon aveva cercato di condividere la propria euforia, il traboccante amore per tutti loro, e aveva tentato di esprimere il tacito desiderio di Andrew (Vorrei poter fare l’amore con tutti voi), lui l’aveva respinto con crudeltà inimmaginabile, frantumando il fragile legame.