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Si era addirittura chiesto se entrambi avevano sposato la donna sbagliata. Ma era stato lui a sbagliare, e adesso lo capiva.

Non erano due coppie che si scambiavano le compagne. Erano loro quattro, tutti insieme. Erano una cosa sola, e il legame tra lui e Damon era forte quanto quelli che li univano alle rispettiva donne.

Forse — e sentì quel pensiero affiorare con un assoluto terrore, sfidando un tipo di autoconoscenza che non si era mai concesso — quel legame era ancora più forte. Perché potevano vedersi rispecchiati l’uno nell’altro, e trovare una specie di affermazione della realtà della loro virilità. Adesso sapeva cosa intendeva Damon quando diceva che aveva cara la virilità di Andrew quanto la femminilità delle due donne. E non era ciò che Andrew temeva che fosse.

Perché era questo, comprese improvvisamente, che lui amava in Damon: la gentilezza e la violenza, l’affermazione stessa della virilità. Ora gli sembrava incredibile di aver potuto vedere il contatto di Damon come una minaccia. Confermava, invece, qualcosa che avevano in comune, un altro modo di dichiararsi reciprocamente ciò che erano entrambi. Avrebbero dovuto salutarlo come un modo di chiudere il cerchio, di comunicare la consapevolezza di ciò che tutti loro significavano l’uno per l’altro. Ma lui l’aveva respinto, e adesso Damon, in preda al terrore che non poteva condividere con le donne, non poteva rivolgersi neppure a lui per cercare la forza necessaria. E chi gli avrebbe dato conforto, se non un fratello giurato?

— Bredu  — mormorò di nuovo, stringendo Damon con lo slancio protettivo che aveva provato fin dall’inizio nei suoi confronti ma che non aveva mai saputo esprimere. Era accecato dalle lacrime. L’enormità di quella dedizione lo spaventava, ma non era disposto a tirarsi indietro.

Bredin. Sulla Terra non esisteva un legame come quello. Una volta, alla ricerca di un’analogia, aveva parlato a Damon del rito della fratellanza di sangue. Damon era stato scosso da un brivido di ripugnanza e aveva detto, con voce carica di ribrezzo: — Per noi sarebbe la cosa più abominevole, spargere il sangue di un fratello. Talvolta i bredin si scambiano i pugnali, per ricordare che nessuno dei due potrà mai colpire l’altro, perché il coltello che ciascuno porta è del fratello. — Eppure, sforzandosi di comprendere (nonostante la ripugnanza) ciò che significava per Andrew la fratellanza di sangue, aveva ammesso che il valore emotivo era il medesimo. Andrew, che pensava secondo i propri simboli perché non poteva ancora condividere quelli di Damon, mentre lo teneva abbracciato si diceva che avrebbe dato il sangue per lui; e sapeva che questo l’avrebbe fatto inorridire, così come ciò che Damon aveva cercato di dare a lui l’aveva spaventato.

A poco a poco, tutto ciò che era nella mente di Andrew filtrò in quella di Damon. E Damon comprese che finalmente adesso era uno di loro. E mentre Andrew lo teneva stretto, lasciando dissolvere lentamente le barriere, il terrore di Damon si attenuò.

Non era solo. Era il Custode del cerchio della sua Torre, e traeva fiducia da Andrew, ritrovando la forza e la virilità. Non doveva più portare il peso di tutti gli altri: lo divideva con loro.

Adesso avrebbe potuto fare qualunque cosa, pensò: e sentendo la vicinanza di Andrew, si corresse a voce: — Noi possiamo fare qualunque cosa. — Fece un lungo respiro, si alzò, e attirò a sé Andrew nell’abbraccio tra parenti, baciandolo sulla guancia. Disse, in un sussurro: — Fratello.

Andrew sorrise e gli batté la mano sulla spalla. — Tutto a posto — replicò. Erano parole insignificanti, ma Damon sentiva ciò che rappresentavano.

— Quello che ho detto una volta, a proposito della fratellanza di sangue… — cominciò Andrew, cercando a fatica le parole. — È… lo stesso sangue, come di fratelli… Il sangue che ognuno dei due sarebbe disposto a spargere per l’altro.

Damon annuì, in segno di accettazione. — Fratello — disse gentilmente. — Fratello di sangue, se vuoi. Bredu. È soltanto la vita, ciò che abbiamo in comune: non il sangue. Capisci? — Ma le parole non avevano importanza: contavano soltanto i simboli. Entrambi sapevano cos’erano l’uno per l’altro, e non c’era bisogno di parole.

— Dobbiamo preparare le donne — disse Damon. — Se Leonie presenta queste accuse in Consiglio… Se mettono in atto quelle minacce, e Ellemir non è preparata, potrebbe abortire o peggio. Dobbiamo decidere come affrontarlo. Ma la cosa che conta — aggiunse, tendendo di nuovo la mano a Andrew, — è che l’affrontiamo insieme. Tutti noi.

CAPITOLO VENTUNESIMO

Per tre giorni, Esteban Lanart-Alton rimase tra la vita e la morte. Callista, che vegliava al suo fianco (Ferrika aveva proibito a Ellemir di assisterlo), scoprì che la grande arteria del cuore era parzialmente ostruita. C’era un modo per eliminare la lesione, ma lei aveva paura di tentare.

La sera del terzo giorno, Dom Esteban aprì gli occhi e se la vide accanto. Cercò di muoversi, e lei tese la mano per impedirglielo.

— Sta’ fermo, caro padre. Noi siamo con te.

— Non ho partecipato… al funerale di Domenic… — mormorò lui. Poi Callista vide riaffluire il ricordo, in uno spasimo d’angoscia che gli passava sul volto. — Dezi — mormorò il vecchio. — Dovunque fossi, io… credo di averlo sentito morire, povero ragazzo. Anch’io sono colpevole…

Le delicate e sottili dita di Callista gli strinsero la rozza mano. — Padre: quali che fossero le sue colpe e i suoi torti, ora è in pace. Adesso devi pensare solo a te stesso: Valdir ha bisogno di te. — Callista si accorse che anche quelle parole l’avevano sfinito: ma nonostante le labbra esangui e il pallore bluastro, il vecchio gigante stava ancora cercando di resistere. Disse: — Damon… — Lei comprese cosa voleva, e si affrettò a rassicurarlo. — Il dominio è al sicuro nelle sue mani: va tutto bene.

Soddisfatto, il vecchio si abbandonò di nuovo al sonno, e Callista pensò che il Consiglio doveva accettare Damon come reggente. Non c’era nessun altro che potesse accampare il minimo diritto. Andrew era un terrestre: anche se fosse stato in grado di governare, non l’avrebbero accettato. Il giovane marito di Dorian era un nedestro di Ardais e non sapeva nulla di Armida, che invece era stata la seconda casa di Damon. Ma la reggenza di Damon era ancora minacciata dall’ombra di Leonie: e mentre Callista si chiedeva quando sarebbe avvenuto il confronto, Damon aprì la porta e la chiamò con un cenno.

— Lascia con lui Ferrika e vieni.

Quando furono nell’altra stanza, le disse: — Ci hanno convocati nella Camera di Cristallo, tra un’ora, me e Andrew. Credo che dovremmo andare tutti.

Nella fioca luce, gli occhi di lei s’indurirono: non erano più azzurri ma di un grigio freddo, lampeggiante. — Sono accusata di violazione del giuramento?

Damon annuì. — Ma come reggente di Alton sono tuo tutore, e tuo marito è mio vassallo giurato. Non siete tenuti ad affrontare le accuse, a meno che lo vogliate. — Le strinse le spalle. — Devi capire questo, Callista. Li sfiderò! Tu hai coraggio di fare altrettanto? Sei abbastanza forte per schierarti al mio fianco oppure crollerai come uno straccio e presterai la tua forza ai nostri accusatori?