«Lucy non ha parcheggiato in garage perché voleva andare via subito. Era venuta solo per vedere come stavi» spiega Benton. «È entrata in casa e lui è uscito dalla porta di servizio. Lei non l’ha inseguito. Non l’ha nemmeno visto. In quel momento pensava a te, non le passava nemmeno per la testa che in casa ci fosse una persona.»
«No» dice Henri. Sembra quasi contenta.
«Perché, no?»
«Lucy non aveva la Ferrari nera, quel giorno. La Ferrari nera era in garage. Aveva quella azzurra metallizzata. Che infatti era posteggiata fuori.»
Anche questo è un dato nuovo, e Benton cerca di mantenere la calma. «Tu eri malata, Henri. Eri a letto. Come fai a sapere che macchina ha usato Lucy quel giorno?»
«Lo so sempre, che macchina usa. Quel giorno non ha preso la Ferrari nera perché era graffiata.»
«Vuoi parlarmene?»
«Gliel’avevano graffiata in un parcheggio» spiega Henri guardandosi di nuovo l’alluce livido. «Quello della palestra, in Atlantic Boulevard. Andiamo lì ad allenarci, a volte.»
«Quando è successo?» domanda Benton calmo, cercando di non lasciar trapelare l’emozione. È un’informazione nuova e l’istinto gli dice che è molto importante. «Qualcuno ha graffiato la Ferrari nera di Lucy mentre voi eravate in palestra?» indaga.
«Non ho detto che io ero in palestra» lo corregge lei. L’ostilità con cui ribatte gli conferma i suoi sospetti.
Henri deve aver preso la Ferrari nera per andare in palestra senza chiedere il permesso a Lucy, che è gelosa della sua Ferrari nera e non la lascia guidare a nessuno, nemmeno a Rudy.
«Parlami di questo graffio» dice Benton.
«Gliel’hanno fatto con una chiave o con un oggetto appuntito. Una specie di disegnino.» Si osserva le dita dei piedi.
«Di che genere?»
«Lucy non l’ha più presa, dopo. Non si va in giro su una Ferrari rigata.»
«Chissà come si è arrabbiata» dice Benton.
«Be’, si può aggiustare. Tutto si può aggiustare. Se l’avesse ammazzato, io adesso non sarei qui. E non sarei in ansia. Invece così mi preoccuperò per il resto della mia vita: e se mi aggredisce di nuovo?»
«Sono qui per questo, Henri. Per fare in modo che tu non debba più preoccuparti. Ma ho bisogno del tuo aiuto.»
«Potrebbe non tornarmi mai più in mente.» Lo fissa. «Non ci posso fare nulla.»
«Lucy ha fatto le scale di corsa per venire nella camera da letto in cui eri tu» riprende Benton, osservandola attentamente per accertarsi che sia in grado di reggere a quello che sta per dirle. In realtà lo sa già, lo ha già sentito. Ma lui teme che Henri non finga, che la sua non sia una posa. In tal caso, potrebbe crollare sotto il peso della realtà, avere una crisi psicotica, perdere il suo già precario equilibrio. La ragazza lo ascolta, agitata. «Lucy ti ha trovato priva di sensi, ma respiro e pulsazioni erano nella norma.»
«Non avevo niente addosso.» Non le dispiace precisarlo. Anzi, le fa piacere ricordargli che era nuda.
«Dormi sempre nuda?»
«Be’, mi piace.»
«Ti ricordi di esserti tolta il pigiama prima di tornare a letto, quella mattina?»
«È probabile.»
«Quindi non è stato lui a spogliarti? Non è stato il tuo aggressore? Sempre che di un uomo si tratti.»
«Non ne ha avuto bisogno. Ma se fossi stata vestita, sono certa che mi avrebbe spogliato.»
«Lucy dice che l’ultima volta che ti ha visto, intorno alle otto di quella mattina, avevi un pigiama di raso rosso e una vestaglia beige.»
«Sì, perché volevo uscire. Mi sono andata a sedere sulla sdraio vicino alla piscina, al sole.»
Anche questa è un’informazione nuova. «Verso che ora?»
«Subito dopo che Lucy è uscita, mi pare. Quando è andata via sulla Ferrari azzurra. Cioè, non subito dopo» si corregge in tono piatto, guardando il sole che si riflette sulla neve. «Ero arrabbiata con lei.»
Benton si alza e va ad aggiungere un po’ di legna di pino nel camino, scatenando una pioggia di scintille. «Ti aveva offeso» le dice, rimettendo a posto il parafuoco.
«Lucy si infastidisce, se ti ammali» risponde Henri, più concentrata. «Non aveva nessuna voglia di curarmi.»
«E la lozione?» domanda Benton. Crede di aver capito la storia della lozione, ne è abbastanza sicuro, ma vuole avere la certezza assoluta.
«E allora? Bella roba! Un piccolo favore, nient’altro… Sai quanti me lo vorrebbero fare? Sono io che ho fatto un favore a lei, altroché. Lei fa solo quello che le pare, solo quando ne ha voglia lei, poi si stufa e se ne va. Io avevo mal di testa e abbiamo litigato.»
«Quanto tempo sei rimasta fuori al sole?» domanda Benton, cercando di non lasciarsi distrarre e di non chiedersi che cosa aveva in testa Lucy quando ha cominciato a frequentare Henri Walden. Certo, Benton sa bene che le personalità disturbate sanno essere molto affascinanti. Ci possono cascare tutti, anche quelli che in teoria dovrebbero saperle riconoscere.
«Non tanto. Non mi sentivo bene.»
«Un quarto d’ora? Mezz’ora?»
«Mah, forse mezz’ora.»
«Hai visto qualcuno? Delle barche?»
«Non ci ho fatto caso. Probabilmente perché non ce n’erano. Che cosa ha fatto Lucy quando è entrata nella stanza e mi ha visto così?»
«Ha chiamato il pronto intervento e ti ha controllato il battito fino all’arrivo dell’ambulanza» risponde Benton. Decide di aggiungere un altro particolare, anche se è rischioso. «E ti ha fatto delle foto.»
«Aveva la pistola?»
«Sì.»
«Peccato che non l’abbia ammazzato.»
«Perché continui a parlarne al maschile?»
«Ha fatto delle foto? A me?» chiede Henri.
«Eri priva di sensi ma in condizioni stabili. Ti ha scattato delle foto prima che ti spostassero.»
«Perché le sembrava che mi avessero aggredito?»
«Perché eri in una posizione strana, Henri. Così.» Allunga le braccia sopra la testa. «A faccia in giù, con le braccia distese sopra la testa e i palmi verso il lenzuolo. Ti usciva sangue dal naso e avevi dei lividi, come ben sai. E l’alluce destro fratturato, anche se questo particolare si è scoperto in seguito. Non ti ricordi come te lo sei rotto?»
«Scendendo le scale, credo» risponde.
«Te lo ricordi?» domanda Benton. Fino a quel momento sembrava esserselo dimenticata. O faceva finta? «Quando?»
«Quando sono uscita a prendere il sole. Maledetti gradini di pietra… Devo essere inciampata, fra medicine, febbre e tutto il resto… Mi ricordo che piangevo dal male. Mi faceva un male da morire. Ho anche pensato di chiamare Lucy, ma poi ho lasciato perdere. Più sto male, più lei mi detesta.»
«Ti sei fratturata l’alluce scendendo le scale per andare in piscina e hai pensato di chiamare Lucy, ma poi non l’hai fatto» ricapitola Benton.
«Sì» risponde Henri. «Dov’erano il mio pigiama e la vestaglia?»
«Piegati sulla sedia vicino al letto. Li hai piegati e messi lì tu?»
«Probabilmente. Ero sotto le coperte?»
Benton sa dove vuole andare a parare, ma è più importante dirle la verità. «No» risponde. «Le coperte erano in fondo al letto, tutte stropicciate.»
«Non avevo niente addosso e lei mi ha fatto delle foto?» dice Henri con la faccia inespressiva, guardandolo con occhi severi.
«Sì» risponde Benton.
«Certo, c’era da aspettarselo. La poliziotta.»
«Sei una poliziotta anche tu, Henri. Che cosa avresti fatto al suo posto?»
«Lo sapevo, che avrebbe fatto una cosa del genere» continua lei.
8
«Dove sei?» chiede Marino nel vedere sul display del proprio cellulare il numero di Lucy. «Da dove chiami?» Glielo domanda sempre, anche quando è irrilevante.
Marino è un poliziotto, e per i poliziotti sapere dove si trova la persona con cui parlano è importante. Se qualcuno chiede aiuto o manda un sos e loro non sanno dov’è, non possono fare niente per aiutarlo. Marino è molto protettivo nei confronti di Lucy, benché lei ormai da anni ritenga di non avere nessun bisogno della sua protezione.