«Ti sta a sentire quanto tu stai a sentire lei, mi pare» la interrompe Rudy.
«Sai una cosa? Questo tizio non mi piace» dice Lucy guardando nello specchietto retrovisore.
La Ford blu continua a tallonarla. Alla guida c’è un uomo con la pelle olivastra. Potrebbe anche essere una donna, Lucy non riesce a capirlo e non vuole farsi vedere troppo interessata. Tutto a un tratto le viene in mente una cosa.
«Cristo, quanto sono stupida!» esclama incredula. «Non è scattato nessun allarme. Ma cosa ho nella testa? Abbiamo questa macchina dietro, ma l’allarme non è partito: vuol dire che non è una macchina della polizia con radar. Non può esserlo. Eppure ci segue.»
«Sta’ tranquilla» le dice Rudy. «Ignoralo e va per la tua strada. Vediamo che cosa fa. Probabilmente è solo incuriosito dalla tua macchina. Se vai in giro su una Ferrari, devi metterlo in conto. Ma non vorrei ripetermi…»
Rudy un tempo non le faceva paternali. Si sono conosciuti all’accademia dell’FBI alcuni anni fa, e da allora sono stati colleghi, compagni di squadra e amici. Quando Lucy si licenziò per mettersi in proprio, lui andò a lavorare per lei in quella che, in mancanza di un termine più appropriato, si può definire un’agenzia di investigazioni internazionale, l’Ultimo Distretto. Molti di quelli che ci lavorano non sanno bene di che cosa si occupa e non conoscono né Lucy, che l’ha fondata, né Rudy, o comunque non sanno chi sono e che ruolo svolgono all’interno dell’Ultimo Distretto.
«Controlla la targa» dice Lucy.
Rudy prende il palmare e si collega al database ma, guardando meglio, vede che l’auto non ha la targa anteriore. Lucy si sente una cretina, per aver ordinato a Rudy di controllare un numero che non c’è.
«Lasciati superare» suggerisce lui. «Così gli prendiamo la targa.»
Lucy sfiora la leva del cambio e scala in seconda. È sotto il limite di velocità, ma la Ford non accenna a sorpassarla.
«E va bene» sussurra in tono minaccioso. «Hai scelto la persona sbagliata, te lo dico io.» Svolta bruscamente a destra, in un piccolo posteggio.
«Oh, merda! Ma cosa cazzo…? Così adesso è chiaro che ce l’hai con lui!» dice Rudy arrabbiato.
«Pigliagli la targa. Dovresti esser in grado di vederla, adesso.»
Rudy si gira sul sedile, ma non riesce a leggerla perché anche la Ford svolta, seguendoli nel parcheggio.
«Fermati» le dice arrabbiatissimo. «Fermati immediatamente.»
Lucy frena e mette in folle. La Ford si ferma dietro di lei. Rudy scende dalla macchina e va verso la persona alla guida, che abbassa il finestrino. Lucy, con il finestrino aperto e la pistola in grembo, osserva la scena dallo specchietto laterale e cerca di reprimere le proprie emozioni. Si sente stupida, imbarazzata, arrabbiata e lievemente impaurita.
«Qualche problema?» domanda Rudy all’uomo alla guida della Ford, un giovane sudamericano.
«Io? E perché? Stavo solo guardando la vostra macchina.»
«Non ci piace, che lei guardi la nostra macchina.»
«Questo è un paese libero. Se mi va di guardare, guardo finché voglio. Se non vi va, è un problema vostro.»
«Senta, vada a guardare qualche altra macchina e si tolga di qui, per favore» gli intima Rudy, senza alzare la voce. «Smetta di seguirci, se non vuole avere dei guai!»
Nel sentire Rudy che sbatte in faccia al ragazzo sudamericano le sue false credenziali, a Lucy scappa da ridere. È sudata, ha il batticuore e una gran voglia di ridere, ma anche di scendere dalla macchina e ammazzare il sudamericano. E ha voglia anche di piangere, perché è confusa riguardo ai propri sentimenti. Resta dov’è, al volante della sua Ferrari. Il ragazzo alla guida della Ford dice qualcos’altro che lei non sente e se ne va rabbioso, sgommando. Rudy torna al suo posto.
«Possiamo andare» dice. Lucy si immette di nuovo in Atlantic Boulevard. «Era solo un povero deficiente ammaliato dal tuo macchinone e tu ne hai fatto una questione di Stato: prima sei convinta che è un poliziotto, poi ti accorgi che non lo è ma ti fai prendere dal panico lo stesso. Cos’hai, si può sapere? Cosa credi, di avere alle calcagna la mafia? Un killer pronto ad ammazzarti in mezzo a una strada piena di gente?»
Lucy sa che Rudy ha ragione, ma le dà fastidio che sia arrabbiato con lei. «Non gridare, per favore» gli dice.
«Sai una cosa? Non ti sai controllare. Sei un pericolo pubblico.»
«Non è questo il problema» ribatte lei, cercando di apparire sicura di sé.
«Hai ragione» replica Rudy. «Il problema è lei. Te la sei messa in casa e guarda cos’è successo. Avete rischiato di morire tutte e due, lo sai? Peccato che lei non sia morta, però. Se non ti dai una regolata, prima o poi succederà di peggio.»
«L’ha seguita qualcuno, Rudy. Non dare la colpa a me. Io non c’entro niente.»
«L’ha seguita qualcuno, okay. Lo so. Ma so anche che è colpa tua. Se andassi in giro con una jeep o una Hummer… Non potresti prenderti una delle Hummer della ditta? Invece no, e perdipiù le lasci una delle tue Ferrari. E così lei va a farsi bella in giro. Miss Hollywood… Gesù! Sulla tua Ferrari.»
«Non farmi una scenata di gelosia, adesso. Esigo che…»
«Non è una scenata di gelosia!» urla Rudy.
«Ce l’hai con lei da quando l’abbiamo assunta.»
«Vorrei sapere perché l’abbiamo assunta. Cosa fa? Protegge i nostri clienti di Los Angeles? Ma vogliamo scherzare? Dimmi, Lucy: perché l’hai assunta? Per fare cosa?»
«Non mi parlare a questo modo» ribatte lei sottovoce. È calmissima. Non ha scelta: se si fa prendere dalla collera, rischiano di litigare furiosamente, e allora Rudy potrebbe anche decidere di andarsene.
«Non voglio lasciarmi condizionare più di tanto. Voglio essere libera di andare in giro con la macchina che voglio io e di stare nella casa che voglio io.» Guarda la strada, le macchine che entrano nei posteggi e svoltano nelle traverse. «Se mi va di fare un favore a un’amica, voglio poterlo fare. Non le ho mai dato il permesso di prendere la Ferrari nera, lo sai. L’ha presa lei di sua iniziativa. È cominciato tutto lì: qualcuno l’ha vista, l’ha seguita ed è successo quel che è successo. Non è colpa di nessuno. Nemmeno sua. Di certo non voleva che lui mi rovinasse la macchina, la seguisse fino a casa e cercasse di ammazzarla.»
«Va bene. Fai come ti pare» ribatte Rudy. «Continuiamo pure a litigare con tutti quelli che ti guardano la macchina. Magari la prossima volta gli spariamo pure. O, meglio ancora, ci facciamo sparare. Cosa dici: ci facciamo sparare addosso per una stupida macchina?»
«Calmati» dice Lucy, fermandosi a un semaforo rosso. «Ti prego, adesso calmati. Lo so, avrei potuto gestire meglio la situazione.»
«Meglio? Non l’hai gestita per niente. Hai reagito come un’idiota.»
«Per favore, Rudy, adesso basta.» Non vuole lasciare spazio alla collera, ha paura di commettere qualche irrimediabile passo falso. «Non parlarmi così, per favore. Non è giusto. Non ne hai il diritto.»
Svolta sulla A1A e percorre lentamente il lungomare. Alcuni ragazzini in bicicletta si girano a guardare la Ferrari rischiando di cadere. Rudy scuote la testa e alza le spalle, come a dire che parlare con lei non serve a niente. Ma ormai l’oggetto del contendere non è più la Ferrari. Per Lucy, cambiare modo di vivere vorrebbe dire darla vinta alla bestia, ammettere la sconfitta. Henri la chiama “la bestia”, ma Lucy è convinta che si tratti di un uomo. Non ha dubbi, su questo, indipendentemente da indizi, prove, analisi di laboratorio. Se lo sente, che è stato un uomo ad aggredire Henri.