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«Be’, certo. Mi alzo sempre, vengo in cucina a fare il caffè, poi torno in camera mia e leggo la Bibbia per un po’. Se Gilly deve andare a scuola, devo farla uscire di casa per le sette e un quarto, con il pranzo pronto e tutto. Di solito le dà un passaggio la mamma di una sua compagna. È una bella fortuna, così va in macchina.»

«E giovedì quattro dicembre?» insiste Kay Scarpetta. «Si è alzata alle sei come al solito, ha fatto il caffè, è tornata in camera a leggere la Bibbia, e poi?» La signora Paulsson annuisce. «Si è messa a letto a leggere la Bibbia? Per quanto tempo?»

«Una mezz’oretta.»

«È andata a vedere come stava Gilly?»

«Prima ho pregato per lei. L’ho lasciata dormire e ho pregato per lei. Verso le sette meno un quarto sono andata in camera sua e ho visto che dormiva, bella tranquilla sotto le coperte.» Scoppia in lacrime. «Le ho detto: “Gilly, bambina mia, svegliati che la mamma ti prepara la colazione”. E lei ha aperto gli occhi, quei suoi bellissimi occhi azzurri, e mi ha detto: “Mamma, ho tossito tutta la notte, mi fa male il petto”. Così mi sono accorta che avevamo finito lo sciroppo.» Si interrompe di colpo e fissa Kay con gli occhi lucidi. «Lo strano è che la cagnetta abbaiava, abbaiava come una matta. Mi viene in mente adesso. Strano.»

«La cagnetta? Avete un cane?» Kay Scarpetta prende un appunto sul notes, con la sua grafia illeggibile.

«Stavo per dirglielo» risponde la signora Paulsson con voce rotta e le labbra tremanti. «Sweetie è scappata… Oh, Signore.» Singhiozza e si dondola sulla sedia. «Era in giardino mentre parlavo con Gilly e quando sono scesa non c’era più. Quelli della polizia o dell’ambulanza devono aver lasciato aperto il cancello. Come se non bastasse… Come se non me ne fossero già capitate abbastanza…»

Kay Scarpetta chiude lentamente il notes e lo posa sul tavolo assieme alla penna. Poi guarda la signora Paulsson. «Di che razza è Sweetie?»

«Era di Frank, che se ne è sempre fregato. Se n’è andato di casa sei mesi fa. Il giorno del mio compleanno, pensi un po’. Le sembra una cosa carina da fare? E mi ha detto: “Tienitela tu, Sweetie, se non vuoi che finisca al canile”.»

«Di che razza è?»

«Se ne è sempre fregato di quel cane, e sa perché? Perché lui se ne frega di tutto e di tutti, pensa solo a se stesso. Gilly invece è affezionata a Sweetie. Oh, se sapesse che è scappata…» Piange e si lecca le labbra. «Quanto le dispiacerebbe, se lo sapesse…»

«Signora Paulsson, di che razza è il cane? Ha denunciato la sua scomparsa?»

«E a chi?» esclama lei, ridendo amareggiata. «Alla polizia che ha lasciato il cancello aperto? Non so che cosa intenda lei per denunciare, dottoressa, ma alla polizia comunque l’ho detto. Non mi ricordo più a chi, ma l’ho detto.»

«Quando ha visto Sweetie l’ultima volta? Signora Paulsson, lo so che è sconvolta, mi dispiace, ma la prego di rispondere alle mie domande.»

«Cosa c’entra il cane, comunque? Cosa interessa a lei, se la mia cagnetta è scappata? A meno che non sia morta, naturalmente. Ma anche in quel caso, non credo che potrebbe fare molto.»

«A me interessa tutto, signora Paulsson. Tutto quello che mi sa dire può essere importante.»

Marino appare sulla soglia. Kay Scarpetta non lo ha sentito arrivare e rimane sorpresa. «Marino, tu sapevi niente del cane?» gli chiede, guardandolo negli occhi. «Sweetie, la loro cagnetta, è scappata. È… di che razza è, signora Paulsson?» La guarda.

«Un bassotto. Cucciolo» singhiozza la donna.

«Puoi venire un momento di là?» le dice Marino.

16

Lucy osserva le costosissime macchine nella palestra della sua vicina e guarda dalla finestra. Kate può tenersi in esercizio godendosi una splendida vista della Intracoastal Waterway, dell’oceano e della sua proprietà.

Dalla palestra al secondo piano della villa si vedono perfettamente il giardino e la piscina, la cucina e la sala. Lucy osserva la strada che separa le due ville, da cui ritiene che sia passata la bestia per raggiungere la porta di servizio, che Henri aveva lasciato aperta, ed entrare in casa sua. Potrebbe essere anche arrivata in barca. Lucy lo ritiene improbabile, ma non può escluderlo. Se anche la scaletta che porta al mare fosse ripiegata, è possibile arrampicarsi sul muretto e scendere nel giardino. Certo, bisogna essere molto determinati per fare una cosa simile, ma un ladro, un maniaco o un assassino non si lascia scoraggiare dalla difficoltà dell’impresa.

Sul tavolo vicino all’ellittica c’è un cordless in carica. Accanto alla presa del telefono c’è una normale presa elettrica. Lucy prende dal marsupio un trasmettitore che sembra un comunissimo adattatore e lo infila nella presa. È un aggeggio dall’aria assolutamente innocua, color avorio come la presa, che Kate probabilmente non noterà nemmeno. Anche se dovesse decidere di infilarci qualche spina, non si accorgerà di niente perché funziona come un normale adattatore. Lucy resta ferma un istante, poi esce dalla palestra e tende le orecchie: Kate dev’essere ancora in cucina, o comunque al pianterreno.

Nell’ala sud della villa c’è un’enorme camera con letto a baldacchino, televisore a schermo piatto e grande vetrata con vista mare. Da lì Kate può vedere il retro della casa di Lucy e sbirciare dalle finestre del primo piano. Lucy è seccata. Si guarda intorno e nota una bottiglia di champagne vuota vicino al comodino, su cui sono posati un flûte sporco, un telefono e un romanzo d’amore. La sua vicina può spiarla comodamente dalle finestre di casa sua. Meno male che lei ha l’abitudine di tenere le tende tirate.

Pensa alla mattina in cui Henri ha rischiato di morire e cerca di ricordare se le tende erano aperte o chiuse. Le cade l’occhio sulla presa del telefono vicino al comodino e valuta se ha il tempo di svitarla e sostituirla. Tende le orecchie per sentire se l’ascensore è in funzione o se Kate sta salendo a piedi, ma il silenzio è totale. Si accuccia e tira fuori dal marsupio un piccolo cacciavite. La presa ha due viti soltanto, non molto strette: Lucy le toglie in un attimo, sempre attenta a captare il minimo rumore. Sostituisce la presa beige con una molto simile, che però contiene un microtrasmettitore che le permetterà di ascoltare le telefonate effettuate da quella linea telefonica. Pochi secondi dopo, rimessa a posto la spina, esce dalla camera da letto. Appena in tempo: le porte dell’ascensore si aprono e appare Kate, con due bicchieri di cristallo pieni fino all’orlo di champagne.

«Bella casa, complimenti» dice Lucy.

«Anche la tua dev’essere molto bella» replica Kate, porgendole un flûte.

“Lo dici a ragion veduta” pensa Lucy. “Mi spii.”

«Un giorno o l’altro devi invitarmi» continua Kate.

«Certamente. Purtroppo sono spesso via.» L’odore dello champagne le dà la nausea. Ha smesso di bere: in passato ha ecceduto con l’alcol, e adesso preferisce non toccarlo neppure.

Kate ha gli occhi lucidi ed è più rilassata, rispetto a un quarto d’ora prima: evidentemente in cucina si è già scolata un paio di bicchieri. È brilla e Lucy sospetta che il suo bicchiere sia pieno di vodka, anziché di champagne. Il colore del liquido nel suo flùte è leggermente diverso e ha meno bollicine.

«Ho notato che dalla finestra della palestra vedi il mio giardino» dice, mentre Kate beve un sorso. «Non ci hai mai visto nessuno, a parte me e la mia collega?»

«Non guardo» risponde lei con voce un po’ strascicata. «Non sono curiosa. E comunque non ho tempo di stare alla finestra, con tutto quello che ho da fare.»

«Scusa, posso andare un attimo in bagno?» domanda Lucy.

«Prego. È da quella parte.» Leggermente malferma sulle gambe, indica l’ala nord della villa.

Lucy entra in un bagno con doccia, vasca, wc, bidè e vista mare. Versa mezzo bicchiere nel gabinetto e tira lo sciacquone. Aspetta qualche secondo e torna sul ballatoio, dove Kate la sta aspettando.