«Io no. Mi sento poco bene» ripete Kit. «So che questi campioni non sono contagiosi, ma… Voglio dire, vengono comunque dall’obitorio.»
«Stai tranquilla, quando arrivano qui, i batteri sono morti e sepolti» la rassicura Eise, alzando la testa dal microscopio. «Se li osservi con attenzione, vedi che hanno una piccola lapide sopra la testa. Effettivamente sei un po’ palliduccia.» Gli dispiace ammetterlo: non vorrebbe incoraggiarla a prendersi qualche giorno di malattia. Sente la sua mancanza, quando non c’è. Però si vede che non sta bene e non sarebbe giusto fingere il contrario. «Perché non vai a casa prima? Hai fatto il vaccino antinfluenzale? Io no. Quando l’ho chiesto al mio medico, era già esaurito.»
«Neanch’io sono riuscita a farlo. Eppure l’ho cercato dappertutto» replica Kit alzandosi in piedi. «Vado a preparare un po’ di tè caldo.»
23
Lucy non è molto brava a delegare. Per quanto si fidi di Rudy, non gli lascia in mano il proprio lavoro. Specialmente adesso, a causa di Henri e dei sentimenti che scatena in lui. Seduta nel suo studio, controlla i risultati della ricerca nel database di impronte digitali mentre, con le cuffie in testa, finisce di ascoltare le insulse telefonate della sua vicina di casa. È giovedì mattina, presto. Manca una settimana a Natale.
Ieri sera Kate le ha telefonato e le ha lasciato un messaggio in segreteria. “Grazie dei biglietti!” le ha detto. “Chi è la signora della piscina? Anche lei è famosa?” Lucy ha una signora che le va a pulire la piscina e che non è per niente famosa. È una donna di cinquant’anni, scura di capelli e troppo debole per usare lo skimmer. Non è un’attrice e nemmeno una bestia. Le impronte digitali che ha rilevato sul disegno dell’occhio non corrispondono a nessuna di quelle contenute nello IAFIS. Lucy se lo aspettava, perché trovare una corrispondenza fra impronte latenti è difficilissimo, ma è comunque delusa.
Ogni persona ha dieci impronte diverse, nel senso che l’impronta del pollice sinistro, per esempio, non corrisponde a quella del destro. Senza una schedatura completa, la ricerca in un database produce risultati soltanto se l’assassino ha già lasciato sulla scena di un crimine la stessa identica impronta e se questa è stata caricata nella banca dati. Se l’impronta è incompleta, il confronto manuale o visivo può essere più efficace di quello automatizzato.
E infatti Lucy con questo ha più fortuna: le impronte latenti e parziali sul disegno corrispondono ad alcune impronte parziali rilevate nella camera da letto in cui Henri è stata aggredita. Se lo aspettava, ed è contenta di averne la conferma. La bestia che si è introdotta in casa sua è la stessa che le ha attaccato un disegno alla porta di servizio e le ha sfregiato la Ferrari. Sull’auto non c’erano impronte, ma l’occhio è troppo simile perché l’abbia disegnato qualcun altro. C’è una sola bestia in giro, ma chi è? Lucy non ne ha la più pallida idea: sa solo che le sue impronte non sono nello IAFIS né in altri database e che continua a seguire Henri, senza sapere che è andata via o forse in attesa che torni.
Probabilmente pensa che Henri, venendo a sapere che la bestia ha attaccato un disegno alla porta, si spaventerà e resterà turbata. Chiunque egli sia, vuole controllarla, avere potere su di lei. I maniaci vogliono dominare le loro vittime, seguendole, costringendole a tenere conto di loro, riducendole a ostaggi senza neppure toccarle, talvolta senza neppure farsi vedere. Lucy non sa se Henri ha mai visto la bestia. Non sa niente.
Sfoglia la stampata di un’altra ricerca condotta ieri sera e medita se chiamare sua zia. È un po’ che non la sente, e non ha scuse. Lei e Kay Scarpetta trascorrono molto tempo nel Sud della Florida, a meno di un’ora l’una dall’altra. Kay Scarpetta si è trasferita da Del Ray a Los Olas l’estate scorsa e lei è andata a trovarla una volta soltanto, alcuni mesi fa. Più tempo passa, più diventa difficile tirare su il telefono e chiamarla: troppe domande inespresse, troppo imbarazzo. Lucy decide che, date le circostanze, è meglio continuare a non parlarle. Ma dopo un po’ le telefona.
«Questa è la sveglia telefonica» esordisce, quando sua zia risponde.
«Se volevi farmi uno scherzo, non ci sono cascata» replica Kay.
«Che cosa vuoi dire?»
«Che non ho chiesto la sveglia telefonica e che ti ho riconosciuto subito. Come stai? Dove sei?»
«Ancora in Florida» risponde Lucy.
«Ancora? Stai per ripartire?»
«Non lo so. È possibile.»
«Per dove?»
«Non lo so.»
«Okay. A che cosa stai lavorando?»
«Un maniaco che segue una donna» risponde Lucy.
«Sono i casi più difficili.»
«Lo so. E questo in particolare. Ma non te ne posso parlare.»
«Non puoi mai parlare del tuo lavoro.»
«Nemmeno tu.»
«Già.»
«Che cosa mi dici, allora?»
«Niente. Quando ci vediamo? È da settembre che non ti vedo.»
«Lo so. Come vanno le cose a Richmond?» domanda Lucy. «Su cosa si litiga in città? Nuovi monumenti, graffiti artistici sugli argini del fiume…»
«Sto ancora cercando di capire com’è morta questa ragazzina. Ieri sera sarei dovuta andare a cena da Fielding. Te lo ricordi?»
«Sì certo. Come sta? Non sapevo che lavorasse ancora lì.»
«Non sta molto bene» risponde Kay.
«Ti ricordi quando mi portava in palestra? Facevamo pesi insieme…»
«Non ci va più.»
«Ma dài, non ci credo! Jack non va più in palestra? È come se… Ma dài, mi sembra impossibile. Sono senza parole. Vedi cosa succede, senza di te? Va tutto a catafascio.»
«Non mi prendere in giro. Non sono di buon umore» taglia corto Kay.
Lucy si sente in colpa. È colpa sua se sua zia non è ad Aspen.
«Hai sentito Benton?» chiede, come se non sapesse niente.
«Lavora.»
«E quando lavora non lo puoi chiamare?» Lucy si sente sempre più colpevole.
«Non sempre. Ma adesso non posso.»
«Te lo ha detto lui, di non chiamare?» Lucy immagina la situazione. Probabilmente Benton ha paura che Henri origli. Deve essere per questo che ha chiesto a Kay di non telefonargli. Lucy si sente morire.
«Ieri sera sono andata da Jack, ma lui non mi ha aperto» racconta Kay, cambiando discorso. «Ho l’impressione che fosse a casa, però, e che non volesse vedermi.»
«E tu che cosa hai fatto, allora?»
«Me ne sono andata. Può darsi che si fosse dimenticato dell’invito. L’ho visto molto stressato, agitato.»
«Non credo si sia dimenticato. Probabilmente non voleva vederti. Forse è passato troppo tempo, e spiegarsi è diventato complicato» replica Lucy. «Mi sono permessa di fare una piccola ricerca sul dottor Joel Marcus» aggiunge poi. «So che non me lo avevi chiesto, ma non ti dispiace, vero?»
Kay non risponde.
«Senti, probabilmente lui sa tutto di te, zia. Tanto vale che assumi qualche informazione anche tu.» Lucy è rimasta male e non può farci niente: è offesa.
«Okay» replica Kay. «Non penso fosse necessario, ma già che hai fatto il lavoro, dimmi. Ammetto che non mi piace lavorare con lui.»
«La cosa che mi ha stupito di più è che c’è pochissimo sul suo conto» comincia Lucy, un po’ sollevata. «Sembra che non abbia fatto niente tutta la vita. Nato a Charlottesville, suo padre insegnava in una scuola, sua madre morì in un incidente stradale nel 1965. Laureato in medicina alla University of Virginia. Vuol dire che è nato in Virginia, ha studiato in Virginia, ma non ha mai lavorato per l’Istituto di medicina legale della Virginia finché non è stato nominato direttore quattro mesi fa.»
«Lo sapevo anch’io, che non aveva mai lavorato per l’Istituto di medicina legale della Virginia» replica Kay Scarpetta. «Non era il caso di svolgere costose ricerche o di introdursi abusivamente nei computer del Pentagono, o cos’altro hai fatto per scoprirlo. Non sono sicura di voler ascoltare oltre.»