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«Scusate» si intromette Karen Weber. «Non vi seguo.»

«Gilly Paulsson è stata uccisa» risponde Marino. «A parte questo, non vedo che cosa ci sia da seguire.»

«Senta, dottore, è proprio necessario?» protesta la Weber con Marcus.

«Sì, è proprio necessario» insiste Marino. «Se le do fastidio, mi mandi via, mi trascini fuori. Finché sono qui dentro, parlo finché voglio.»

«A proposito» interviene Kay Scarpetta. «Vuole dirci come mai lei è qui, agente Weber? Perché l’FBI sta indagando sulla morte di Gilly Paulsson?»

«Siamo stati interpellati dalla polizia di Richmond» risponde l’agente Weber.

«E come mai?»

«Dovrebbe chiederlo a loro, non a me.»

«Invece lo chiedo a lei» insiste Kay Scarpetta. «Se non mi spiegate la situazione, io me ne vado e non torno mai più.»

«Non è così semplice» dice Marcus, lanciandole uno sguardo che le fa venire in mente una lucertola. «Lei ieri ha preso parte a due autopsie in cui forse è avvenuta una contaminazione: non credo che possa andarsene e non farsi più vedere. Ormai è parte in causa.»

«Stronzate» borbotta Fielding, guardandosi le mani coperte di sfoghi rossastri.

«Te lo dico io perché è stata coinvolta l’FBI, o perlomeno ti riferisco che cosa dice la polizia di Richmond. Non vorrei offenderla, però» dice Marino alla Weber. «A proposito, sa che il suo tailleur è davvero bello? Trovo elegantissime anche le sue scarpe rosse. Volevo chiederle, però: le sembra la tenuta adatta a un’agente speciale dell’FBI?»

«Basta così!» sibila Karen Weber.

«Basta lo dico io!» salta su Fielding, battendo un pugno sul tavolo. Si alza, fa un passo indietro e fulmina con lo sguardo i presenti. «Mi avete rotto le scatole, non ne posso più. Me ne vado. Mi ha sentito, dottor Marcus? Me ne vado.» Si rivolge poi all’agente speciale Weber. «E andate a cagare anche voi federali, che piombate qui come foste dio in terra e invece non capite un cazzo. Non sapreste risolvere un caso di omicidio nemmeno se foste presenti quando avviene. Andate tutti a quel paese.» Si dirige verso la porta. «Marino, gliela dica lei la verità, alla dottoressa» dice poi, guardandolo. «Qualcuno deve pur dirgliela.»

Esce sbattendo la porta.

Dopo un attimo di scioccato silenzio, Marcus dice: «Scusate». Si rivolge all’agente speciale Weber. «Mi dispiace molto.»

«Il dottor Fielding è forse un po’ stressato?» domanda lei.

«Che cosa mi devi dire?» Kay Scarpetta guarda Marino, seccata che lui le abbia tenuto nascoste delle informazioni. È andato a bere con i suoi amici e si è dimenticato di riferirle cose importanti?

«A quanto ho capito, l’FBI indaga sulla morte di Gilly perché suo padre è un informatore, che lavora per la Sicurezza Nazionale. Fa le visite mediche necessarie per il rinnovo dell’idoneità di volo e segnala tutti i piloti che potrebbero avere a che fare con il terrorismo. A Charleston quello del terrorismo è un problema sentito, visto che c’è la flotta di C-17 più grande del paese. Parliamo di aerei da centottantacinque milioni di dollari l’uno, non so se mi spiego. Se a un pilota venisse in mente di lanciarsi contro qualche obiettivo con uno di quelli sarebbe un bel casino, no?»

«La pregherei di fermarsi qui» lo interrompe l’agente speciale Weber, sempre con le mani giunte sul blocco per appunti. «Lei sta parlando di questioni della massima riservatezza.»

«Lo so benissimo» ribatte Marino togliendosi il berretto e passandosi una mano sul cranio rasato. «Scusate, ma ieri sera ho fatto tardi e stamattina non ho avuto il tempo di radermi.» Si accarezza una guancia, ruvida come carta vetrata. «Ho trascorso una serata davvero interessante con l’ispettore Browning e il dottor Eise, il tecnico del laboratorio. Abbiamo parlato di molte cose, ma evito di riferirvele, perché sono anch’esse della massima riservatezza.»

«La smetta!» L’agente Weber è irritata e usa un tono minaccioso, come se parlare fosse un reato federale e lei potesse arrestare Marino.

«Io invece vorrei che andassi avanti» dice Kay Scarpetta.

Marino prosegue, lanciando un’occhiata gelida alla Weber. «Ora, fra l’FBI e la Sicurezza Nazionale non corre buon sangue perché gran parte dei finanziamenti del ministero della Giustizia sono stati dirottati dall’FBI alla Sicurezza Nazionale e l’FBI c’è rimasta male. Ho saputo che i vostri lobbisti a Washington piangono miseria. Avete paura di non poter più dettare legge di qua e di là, come se foste gli unici che sanno lavorare?»

«Dobbiamo proprio starlo a sentire?» chiede l’agente speciale al dottor Marcus.

«Il fatto è che i federali tenevano d’occhio Frank Paulsson già da un pezzo» continua Marino, rivolto a Kay Scarpetta. «Come si diceva, circolano voci non proprio edificanti sul suo conto: pare che effettivamente si prenda un po’ troppe libertà con le sue pazienti. E questo è un tantino spaventoso, tenuto conto che fa l’informatore. Viene il dubbio che non sia granché obiettivo, insomma. Naturalmente ai federali piacerebbe un sacco smerdare quelli della Sicurezza Nazionale. Così, quando il governatore si è preoccupato e li ha chiamati, si sono buttati a pesce. Tutto chiaro, adesso?» Guarda Karen Weber. «Dubito che il governatore sia al corrente del fatto che il vostro vero obiettivo in realtà è smerdare la Sicurezza Nazionale. Insomma, anche questa è più che altro una questione di potere e di soldi. Come sempre, del resto.»

«Non sono d’accordo» ribatte Kay Scarpetta esasperata. «Stiamo parlando di una ragazzina di quattordici anni morta asfissiata.» Si alza in piedi, prende la borsa guardando prima Marcus e poi la Weber. «Invece che di potere e di soldi, dovremmo parlare dell’omicidio di Gilly Paulsson.»

27

Arrivata in Broad Street, Kay Scarpetta decide di farsi dire tutta la verità da Marino, volente o nolente.

«Che cosa hai fatto ieri sera, a parte parlare di argomenti top secret con i tuoi amici e sbronzarti?» gli chiede.

«Non capisco che cosa vuoi dire.» È seduto in macchina vicino a lei, immusonito e tetro, con il berretto calato sulla fronte.

«Sì, invece. Mi capisci benissimo. Sei andato da lei?»

«Non so di che cosa parli.» Guarda dal finestrino.

«Sì che lo sai.» Kay attraversa Broad Street a tutta velocità. Ha insistito per guidare lei perché è di cattivo umore e, in quello stato, non lascerebbe guidare nessun altro. «Ti conosco, Marino. Fosse la prima volta che fai una cosa del genere… A me puoi dirlo. Ho notato che ti guardava in un certo modo, quando siamo andati a casa sua, e che tu te ne sei accorto e ne eri lusingato. Guarda che non sono stupida.»

Marino non risponde e continua a guardare fuori dal finestrino. Kay Scarpetta non lo vede in faccia, perché ha il berretto sugli occhi ed è voltato dall’altra parte.

«Dimmelo, Marino. Sei andato a trovare la signora Paulsson? Le hai dato appuntamento da qualche parte? Dimmi la verità. Non mollo, te lo giuro: finché non sputi il rospo continuo a tormentarti. Sai che quando mi metto in testa una cosa non mi ferma nessuno.» Inchioda a un semaforo giallo e si volta dalla sua parte. «Okay, il fatto stesso che tu non risponda è già di per sé significativo. Adesso capisco come mai ti sei agitato tanto, quando l’hai incontrata in istituto stamattina. Perché ieri sera vi siete visti e magari le cose non sono andate come speravi tu. Perciò, quando te la sei trovata davanti, stamattina, ti è venuto un colpo.»

«Non è come pensi.»

«E com’è allora?»

«Suz aveva bisogno di parlare e io avevo bisogno di raccogliere informazioni. È stato uno scambio di favori» borbotta al finestrino.

«Suz?»

«È stata collaborativa, okay?» ribatte Marino. «Mi ha detto questa cosa della Sicurezza Nazionale, che suo marito è una testa di cazzo e che l’FBI potrebbe avercela con lui.»