Lui si limita a guardarla. È rosso in viso, ha gli occhi lucidi e gli pulsa una vena azzurrognola sulla tempia, che ogni tanto si massaggia.
«So che non ti fa piacere raccontarmi la tua serata nei dettagli, ma penso che sia necessario. Altrimenti, non posso aiutarti. Stai tranquillo, non mi scandalizzo di niente» aggiunge. Dopo tutto quello che hanno passato insieme, potrebbe suonare come una battuta di spirito, ma nessuno dei due ha voglia di ridere.
«Non so se ci riuscirò» replica Marino, voltandosi dall’altra parte.
«La mia immaginazione probabilmente supera la realtà» gli dice Kay in tono piatto, obiettivo.
«Lo so, non sei nata ieri.»
«Infatti» risponde lei. «Ho anche una certa esperienza» aggiunge sorridendo. «Benché forse tu faccia fatica ad accettarlo.»
30
È vero: Marino fa fatica ad accettare che Kay Scarpetta abbia fatto delle cose con i suoi uomini, e specialmente con Benton.
Guarda fuori. La camera è al secondo piano e dalla finestra non si vede la strada, ma solo il cielo, che è grigio. Si sente piccolo piccolo e prova un infantile desiderio di rintanarsi sotto le coperte, dormire e svegliarsi per scoprire che non è successo niente. Vorrebbe farsi una bella dormita e al suo risveglio ritrovarsi di nuovo a Richmond con Kay, impegnati a risolvere insieme un caso misterioso. Vorrebbe cancellare ieri sera. È strano, ha sognato tante volte di svegliarsi in una camera d’albergo con lei e adesso che sono insieme sta male come un cane. Pensa da dove cominciare, ma l’emozione e la paura hanno il sopravvento e gli manca la voce. Non riesce a parlare.
I suoi sentimenti nei confronti di Kay sono da sempre confusi e contraddittori. Le fantasie erotiche in cui l’ha coinvolta sono molte, spesso eccessive e incredibili, e non vuole che lei ne sappia niente. Non deve assolutamente sapere che la desidera. La speranza, però, è l’ultima a morire e Marino non riesce a parlare perché, se le racconta di ieri sera, allora Kay avrà un’idea di com’è lui a letto e anche l’ultima, più piccola speranza morirà. Confessarle nei particolari il poco che ricorda vorrebbe dire spiegarle com’è fare sesso con lui e quindi rovinare tutto, anche le sue fantasie erotiche, perché a quel punto non riuscirebbe più a fantasticare un accidente. Prende in considerazione l’ipotesi di mentire.
«Partiamo dal bar in cui sei andato con i tuoi amici» dice Kay guardandolo in faccia. «A che ora vi siete visti?»
Okay, di quello può parlare. «Verso le sette» risponde. «Prima ho visto Eise, poi è arrivato Browning. Abbiamo cenato insieme.»
«Dammi i dettagli» insiste lei senza muoversi, continuando a guardarlo. «Che cosa avevi mangiato durante il giorno e cosa hai preso per cena?»
«Allora vuoi che parta da prima ancora? A cosa ti serve sapere che cosa ho mangiato in tutto il giorno?»
«Hai fatto colazione, ieri mattina?» insiste Kay, con la stessa irremovibile pazienza che usa quando ha a che fare con una persona che ha perso tragicamente un suo caro.
«Ho preso un caffè nella mia stanza» risponde Marino.
«E poi hai pranzato?»
«No.»
«Non va per niente bene, ma di questo parleremo un’altra volta» replica lei. «Quindi alle sette, quando ti sei visto con Eise e Browning, eri a stomaco vuoto, perché in tutto il giorno avevi preso soltanto un caffè. Cos’hai bevuto?»
«Un paio di birre. Poi ho mangiato una bistecca con contorno di insalata.»
«Niente patate o pane? Niente carboidrati? E la tua dieta?»
«Be’, evitare i carboidrati è stata l’unica cosa buona che ho fatto ieri sera.»
Kay Scarpetta non dice niente e Marino intuisce che non è d’accordo sul fatto che eliminare i carboidrati sia una cosa buona. Gli risparmia la predica solo perché lo vede afflitto e sconsolato, terrorizzato al pensiero di aver fatto un’enorme sciocchezza e di rischiare una denuncia per stupro. Marino guarda il cielo fuori dalla finestra e immagina che per le strade di Richmond stia girando una volante alla sua ricerca. Magari ad arrestarlo verrà proprio il suo amico Browning.
«E poi?» insiste Kay.
Marino si immagina seduto sul sedile posteriore dell’auto della polizia, in manette. Browning potrebbe evitare di mettergliele, per rispetto, oppure fare finta di niente e rispettare le procedure. Sì, probabilmente lo ammanetterebbe.
«Hai bevuto un paio di birre, hai mangiato una bistecca e un’insalata. E poi?» Kay è implacabile, benché il suo tono sia dolce. «Quante birre, per l’esattezza?»
«Quattro, mi pare.»
«Cerca di dirmi il numero esatto, per favore.»
«Sei.»
«Bottiglie, lattine o alla spina? Medie o piccole? Quanti litri, in poche parole?»
«Sei bottiglie di Budweiser. Ti segnalo che per me non sono tante, le reggo senza problemi. Sei birre per me sono come mezza birra per te.»
«Ne dubito» replica Kay Scarpetta. «Ma lasciamo stare.»
«Non mi fare la predica» borbotta Marino lanciandole un’occhiataccia. E si chiude in un immusonito silenzio.
«Sei birre, una bistecca e un’insalata con Junius Eise e l’ispettore Browning, a partire dalle diciannove. Quando hai saputo che in giro si mormorava di un mio possibile rientro a Richmond? Mentre cenavate?»
«Non tirare conclusioni affrettate» replica Marino imbronciato.
Eise e Browning erano seduti di fronte a lui nel séparé, sul tavolo brillava una candela in una boccia di vetro rossa, bevevano birra. Eise gli ha chiesto che cosa pensava di Kay Scarpetta, in tutta sincerità. È davvero così brava come si dice? Marino risponde che sì, è una donna eccezionale, e che non si dà arie per niente. Non ricorda benissimo la situazione, ma sa come si è sentito quando Browning e Eise hanno cominciato a parlare di lei e gli hanno detto che stavano per ridarle il posto di direttore dell’Istituto di medicina legale della Virginia. Marino non ne sapeva niente, lei non aveva mai neppure accennato alla cosa. Si è sentito offeso, umiliato.
Eise poi ha detto che la trovava una bella donna, con due gran belle tette. È a questo punto che Marino ha ordinato un bourbon. Eise sorrideva e diceva che gli sarebbe piaciuto vederla senza camice. “Tu che ci lavori assieme da tanto, probabilmente non ci fai manco più caso” gli ha detto. Browning ha replicato che lui non l’aveva mai vista, che la conosceva soltanto di fama. Ma anche lui sorrideva.
Marino non aveva niente da dire, perciò si è scolato il suo primo bourbon e ne ha ordinato un altro. Il pensiero che Eise volesse portarsi a letto Kay Scarpetta lo mandava in bestia, gli faceva venire voglia di prendere a schiaffi tutti quanti. Ma si è trattenuto, è rimasto lì bravo e zitto, si è scolato un altro bourbon e ha cercato di non pensare a Kay che si toglie il camice e lo appende ordinatamente sulla sedia o all’attaccapanni dietro la porta del suo ufficio. Ha cercato di non pensare a quando sulla scena di qualche crimine si toglie la giacca, si sbottona i polsini della camicia, si rimbocca le maniche e si mette al lavoro. Kay Scarpetta è una donna disinvolta ed è pudica, non si rende nemmeno conto di quanto è bella e di come la guardano gli uomini quando si toglie il camice o la giacca, perché si concentra sul lavoro, non ci pensa. Si concentra sui morti, e i morti non guardano. Solo che Marino non è morto, è vivo e vegeto e ha gli occhi per guardare. Forse lei lo considera alla pari dei morti.
«Te lo ripeto, non ho in programma di tornare a Richmond» ribadisce Kay dalla poltrona, gambe accavallate, calzoni macchiati di fango, scarpe talmente sporche che non si capisce nemmeno più di che colore sono. «E comunque sai benissimo che se avessi in programma una cosa simile te ne parlerei, no?»
«Non si sa mai» replica lui.