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La donna cicciottella che l’ha fatta accomodare in sala d’aspetto ricompare e dice al pilota di seguirla, il dottor Paulsson lo aspetta. «Ha finito di compilare il modulo? È sicuro di aver scritto le risposte giuste?»

«Se passa dal Mercury Air, il nostro ufficio è nell’hangar. Se nel parcheggio c’è una Harley softail, vuol dire che io ci sono» dice il pilota a Lucy.

«Ha i miei stessi gusti, allora» replica lei. «Mi scusi, potrebbe darmi un altro modulo?» chiede poi alla donna. «Il primo l’ho sbagliato.»

La donna le lancia un’occhiataccia. «Be’, vediamo cosa posso fare. Non lo butti via, mi raccomando, se no mi sballa la numerazione.»

«No, certo: è qui sul tavolo.» Poi dice al pilota: «Ho appena dato via la Sporster per una V-Rod».

«Però. Pilota un quattro e trenta e va in giro su una V-Rod. Che invidia!» fa lui, ammirato.

«Be’, chissà che non si vada da qualche parte insieme, una volta. Auguri per il gatto.»

Il pilota ride e segue la signora cicciottella su per le scale. Lucy lo sente raccontare di sua moglie che non vuole dare via il gatto, il quale dorme sempre sul letto facendogli venire delle crisi allergiche nei momenti meno opportuni. Lucy rimane da sola almeno un minuto, il tempo che la donna vada a prendere un altro modulo e lo porti giù nella sala d’aspetto. Si infila un paio di guanti di cotone e si aggira rapida per la stanza, pulendo tutte le riviste che ha toccato.

Il primo trasmettitore che nasconde è delle dimensioni di un mozzicone di sigaretta, senza fili, inserito in un tubicino di plastica verde idrorepellente. In genere si preferisce nascondere i trasmettitori in oggetti riconoscibili, ma talvolta anche quelli assolutamente insignificanti vanno bene. Mette il tubo in un vaso di ceramica che contiene una pianta di seta dall’aria rigogliosissima sul tavolino vicino alle sedie, poi si precipita in fondo alla casa e ne sistema un altro, anch’esso verde, in un’altra pianta finta vicino alla cucina. Sente i passi della signora sulle scale e corre nella sala d’aspetto.

45

Benton è nella camera della casa di Aspen che usa come studio, seduto alla scrivania davanti al portatile, in attesa che Lucy attivi la minicamera, nascosta in una penna biro e collegata a un’interfaccia cellulare che sembra un cercapersone, e il trasmettitore ambientale ultrasensibile occultato in una matita. A destra del computer, sulla sua scrivania, c’è una valigetta contenente un sistema di sorveglianza ambientale modulare. Ricevitori e registratore sono in stand-by.

A Charleston sono le dieci e ventotto minuti del mattino e ad Aspen due ore prima. Benton fissa lo schermo nero del portatile con le cuffie in testa e aspetta pazientemente. È già lì da un’ora. Lucy lo ha chiamato ieri da Charleston e gli ha detto di aver fissato un appuntamento con Paulsson. Il dottore era molto impegnato e lei ha dovuto spiegare alla segretaria che era urgente, che l’idoneità al volo le scadeva due giorni dopo e che doveva assolutamente fare la visita per poter continuare a lavorare. La segretaria le ha chiesto come mai aveva aspettato l’ultimo momento.

Lucy allora si è profusa in mille scuse, ha assunto un tono imbarazzato, ha detto che non ce l’ha proprio fatta, che negli ultimi tempi si era dovuta spostare continuamente per lavoro e non era riuscita a fissare l’appuntamento. Per buona misura, ha aggiunto che stava passando un brutto periodo dal punto di vista personale, aveva mille problemi e adesso rischiava anche di perdere il lavoro, se non fosse riuscita a rinnovare l’idoneità al volo. La donna l’ha messa in attesa e dopo un po’ le ha annunciato che il dottor Paulsson l’avrebbe vista la mattina dopo alle dieci. Era sicura di farcela, vero? Perché il dottor Paulsson le stava facendo un enorme favore e non sarebbe stato giusto non presentarsi all’ultimo momento, dopo che lui si era fatto in quattro per lei.

Finora, è andato tutto secondo i piani. Adesso Lucy è nello studio di Paulsson e Benton è seduto alla scrivania nella sua casa di Aspen a guardare il cielo, basso e coperto. Pensa che nevicherà prima di sera e forse continuerà a nevicare tutta la notte. Sospira: la neve lo ha stufato. Non ne può più di stare ad Aspen. Da quando Henri è entrata nella sua vita, è stanco di tutto.

Henri Walden è una persona disturbata, narcisista, ossessiva. Gli fa perdere un sacco di tempo. L’aiuto psicologico che lui sta cercando di darle non le serve a nulla. Benton proverebbe pena per Lucy, se non fosse troppo arrabbiato con lei per aver lasciato tanto spazio a una donna che voleva soltanto sedurla e usarla. Henri è riuscita nel suo scopo: forse non aveva previsto di essere aggredita a casa di Lucy, forse non si è andata a cercare tutto quello che le è successo, ma che ha sedotto e usato Lucy è indiscutibile. E adesso si prende anche gioco di lui, che ha sacrificato la sua vacanza con Kay per cercare di aiutarla. È indispettito, seccato: è un momento delicatissimo per la loro relazione e non avrebbe dovuto rinunciare alle ferie con lei. Non poteva permetterselo, sta rischiando che la loro storia finisca. Se Kay vorrà troncare con lui, non potrà darle torto. Gli si spezzerà il cuore, ma capirà le sue ragioni.

Prende un trasmettitore che sembra un walkie-talkie. «Ci sei?» chiede a Lucy.

Se lei non è ancora collegata, non sentirà la sua domanda attraverso il ricevitore senza fili che dovrebbe essersi nascosta nel canale uditivo. È un aggeggio minuscolo e praticamente invisibile, ma Lucy dovrà fare attenzione comunque, visto che Paulsson le controllerà anche le orecchie. Dovrà escogitare qualcosa per rimuoverlo al momento opportuno senza farsene accorgere. Benton l’ha avvertita che usare un ricevitore unidirezionale avrebbe avuto vantaggi e svantaggi: da una parte avrebbe consentito a lui di darle dei suggerimenti, di guidarla a distanza, dall’altra lei avrebbe corso il rischio di farsi scoprire nel corso della visita. Lucy non pensava di aver bisogno che lui la guidasse, ma Benton ha insistito.

«Lucy, ci sei? Mi senti?» ripete. «Io non ti sento e non ti vedo.»

Di punto in bianco sul video appaiono delle immagini. Benton sente il rumore dei passi di Lucy e vede dei gradini di legno che ondeggiano su e giù: sta salendo le scale e Benton la sente respirare.

«Ti ricevo forte e chiaro, adesso» dice, tenendosi il trasmettitore vicino alle labbra. Registratore e video sono passati dalla modalità stand-by alla modalità attiva.

Lucy bussa alla porta dello studio medico. Benton, seduto alla sua scrivania, vede la porta che si apre e un camice bianco da cui spunta il collo di un uomo, poi la faccia di Paulsson che saluta Lucy, si allontana e le dice di accomodarsi. Lei si muove e la telecamera occultata nella penna biro riprende lo studio medico, piccolo e abbastanza spoglio, con un lettino coperto di carta bianca.

«Questo è il modulo che ho sbagliato e questo quello nuovo» spiega Lucy porgendo a Paulsson due fogli. «Mi scusi. Spero di non aver causato troppo disturbo con la numerazione. Sono una gran pasticciona.» Ride nervosamente, mentre il medico legge i moduli con aria seria.

«Ti sento forte e chiaro» conferma Benton attraverso il trasmettitore.

Lucy passa la mano davanti alla penna biro, per segnalargli che anche lei riceve bene la sua voce.

«È laureata?» domanda Paulsson.

«No. Volevo iscrivermi all’università, ma poi…»

«Peccato» la interrompe lui senza sorridere. È un bell’uomo, con occhiali sottili, di metallo. È più alto di Lucy, anche se non di molto. Sul metro e ottanta, magro e atletico, per quel che vede Benton attraverso la telecamera nascosta nella penna biro che Lucy si è sistemata nel taschino della tuta da volo.

«Non serve la laurea, per pilotare gli elicotteri» dice incerta. Sta interpretando la parte della donna insicura, timida, che si lascia suggestionare facilmente.

«La mia segretaria mi ha accennato che sta passando un brutto periodo» dice Paulsson guardando i moduli.