La latta vuota fece un rumore terribile, quando rotolò per terra verso Lucy e la sua lettiga, e Pogue dovette correre a riprenderla. È impossibile svuotare la formaldeide da una latta fino all’ultima goccia e così, quando la latta cadde, il liquido rimasto sul fondo schizzò sulle piastrelle del pavimento e uno spruzzo colpì sul viso Edgar Allan Pogue mentre si chinava a raccogliere la latta e gli entrò in bocca. Edgar Allan Pogue fu scosso da un accesso di tosse e corse nel bagno a vomitare, ma nessuno si accorse di niente. La dottoressa no di certo, e Lucy meno che mai. La sentiva ridere nel corridoio, mentre lui era in bagno, scosso dai conati di vomito. Nessuno si accorse che la sua vita era rovinata per sempre.
“Tutto bene, Edgar Allan? Sicuro?” gli domandò Kay Scarpetta dalla porta chiusa del bagno. Non entrò.
Edgar Allan Pogue ha rivissuto quel momento infinite volte, al punto che non è più sicuro del tono di voce che usò la dottoressa. Forse, a furia di ricordare, l’ha distorto.
“Sicuro di star bene, Edgar Allan?”
“Sì, dottoressa. Mi do una sciacquata e passa tutto.”
Quando finalmente uscì dal bagno, la lettiga era in mezzo al corridoio e Lucy Farinelli e Kay Scarpetta non c’erano più. Persino Dave era andato via. Era rimasto solo lui, Pogue, con il destino segnato da quella goccia di formaldeide che gli bruciava nei polmoni come una scintilla incandescente. Solo.
“Io lo so” ha spiegato poi alla signora Arnette, allineando sei bottiglie di liquido da imbalsamazione rosa confetto sul carrello, vicino al tavolo di acciaio sul quale era distesa. “A volte bisogna soffrire, per poter sentire la sofferenza degli altri” le ha detto tagliando il filo da un gomitolo sul carrello. “Ricorda quanto tempo ho trascorso con lei, signora Arnette, a parlare di carte e testamenti e di che cosa le sarebbe successo se il suo corpo fosse finito al Medical College of Virginia o alla University of Virginia? Lei diceva di amare Charlottesville e io le ho promesso che avrei fatto di tutto perché lei finisse alla UVA, visto che amava tanto quella città. L’ho ascoltata per ore, si ricorda? Sono venuto tutte le volte che mi ha chiamato, prima per farle firmare le carte, poi perché aveva bisogno di una persona che la stesse a sentire, visto che aveva paura che i suoi parenti non esaudissero i suoi desideri.
Non possono fare niente, se firma queste carte, glielo assicuro. Questi documenti sono legalmente validi, sono le sue ultime volontà. Se vuole donare il proprio corpo alla ricerca scientifica e quindi essere cremata da me, firmi qui e la sua famiglia non potrà fare nulla.”
Pogue giocherella con i sei proiettili calibro .38 che tiene nella tasca, seduto sulla sua Buick bianca al sole, e ricorda quanto si è sentito potente con la signora Arnette. Si sentiva un Dio, con la signora Arnette, la Legge.
“Sono una povera vecchia malata, Edgar Allan” gli ha detto l’ultima volta che si sono parlati. “Il mio medico abita nella casa qui di fronte e non mi viene mai a visitare. Non diventi così vecchio, Edgar Allan.”
“No” le ha promesso lui.
“Sono gente strana, sa, quelli che stanno nella casa di fronte. Il medico e sua moglie.” Ha fatto una risata amara, alludendo a qualcosa di losco. “La moglie del dottore è una donna volgare. L’ha mai vista, Edgar Allan?”
“No, signora Arnette, non mi pare.”
“Stia alla larga da quella casa” gli ha raccomandato la signora Arnette, scuotendo la testa. “Stia alla larga da quella donna.”
“Certamente, signora Arnette. Il suo medico fa male a non venire mai a vedere come sta. Le visite a domicilio rientrano fra i suoi doveri.”
“Chi la fa l’aspetti” ha replicato la signora Arnette con la testa sul cuscino, nel letto della sua camera sul retro della casa. “Mi creda, Edgar Allan, chi male semina, male raccoglie. Sono sua paziente da tanti anni, eppure non viene mai a visitarmi. Non sarà certo lui a firmare le mie carte.”
“Che cosa vuole dire, signora Arnette?” ha chiesto Pogue.
“Be’, quando uno se ne va, il medico deve firmare un certificato. Giusto?” ha detto la vecchia, ormai così debole che aveva sempre freddo nonostante le coperte.
“Giusto. Il suo medico firma il certificato di morte.” Pogue di morte se ne intende.
“Be’, vedrà che lui non troverà il tempo di venire. Che cosa succederà, allora, Edgar Allan? Se non mi firmano il certificato di morte, non posso morire?” Ed è scoppiata in una risata aspra, per niente divertita. “Vedrà che non firmerà un accidente. Io e il dottore non andiamo d’accordo.”
“Questo l’ho capito” ha replicato Pogue. “Ma non si preoccupi” ha aggiunto, sentendosi Dio in terra. “Se il dottore non troverà il tempo di attraversare la strada e venire a firmare il suo certificato di morte, penserò a tutto io, signora Arnette.”
“E come?”
“Un modo c’è.”
“Lei è proprio un caro ragazzo, Edgar Allan” gli ha detto, distesa sotto tutte quelle coperte. “Sua madre era una donna fortunata!”
“Lei non si riteneva per niente fortunata.”
“Allora era ingiusta, Edgar Allan.”
“Se non firmerà il suo medico, firmerò io” le ha promesso Pogue. “Vedo certificati di morte tutti i giorni, e sono tanti quelli firmati da medici che se ne fregano.”
“Se ne fregano tutti, Edgar Allan.”
“Falsificherò la firma, se necessario. Non si preoccupi.”
“Lei è un tesoro, Edgar Allan. Che cosa posso fare per lei, in cambio di questo favore? Ho fatto in modo che non possano vendere la casa. Li ho fregati, tutti quanti. Può viverci lei, se desidera. Solo, non glielo faccia sapere. E prenda pure anche la mia macchina. Non la guido da un sacco di tempo, purtroppo, avrà la batteria scarica. Sta per arrivare la mia ora, lo so. Mi dica che cosa desidera, Edgar Allan. Vorrei tanto avere un figlio come lei.”
“Le sue riviste, signora Arnette. Quelle su Hollywood.”
“Oh Signore! Quella robaccia di là in salotto? Le ho raccontato di quando sono stata al Beverly Hills Hotel e ho incontrato un sacco di personaggi famosi?”
“Me lo racconti di nuovo, signora Arnette. Mi piace tutto quello che riguarda Hollywood.”
“Dopo tanto insistere, quello sciagurato di mio marito mi portò a Beverly Hills, questo glielo devo riconoscere. Ci divertimmo moltissimo. Io adoro il cinema. Lei va al cinema, Edgar Allan? Non c’è niente di meglio di un buon film.”
“Sì, signora Arnette, piace molto anche a me. Un giorno andrò a Hollywood anch’io.”
“Bravo, Edgar Allan. Se non fossi così vecchia e malata, ce la accompagnerei io. Oh, ci divertiremmo un mondo!”
“Non si butti giù, signora Arnette. Vuole che le presenti mia madre? Vuole che la porti qui, un giorno di questi?”
“Sì, bravo. Le offro un gin tonic e i salatini con la salsiccia che so fare così bene.”
“La porto nell’urna, signora Arnette.”
“Come sarebbe, Edgar Allan?”
“La mia mamma è morta, ma conservo le sue ceneri in un’urna.”
“Le sue ceneri?”
“Sì, signora Arnette. Non mi separerei da esse per tutto l’oro del mondo.”
“Che bravo figlio! I miei parenti non le vorranno nemmeno, le mie ceneri. Sa cosa vorrei, Edgar Allan?”
“Mi dica, signora Arnette.”
“Che le gettasse di là da quella maledetta staccionata, nel giardino del dottor Paulsson.” È scoppiata in una delle sue risate aspre. “Vorrei che il dottore mi mettesse nella sua pipa e mi fumasse! Vorrei concimargli il giardino.”
“Signora Arnette, non potrei mai fare una cosa simile con le sue ceneri.”
“Sì, invece. Voglio che lo faccia, Edgar Allan. La ricompenserò adeguatamente. Vada in salotto a prendermi la borsa.”