«Sembra proprio una bella festa, ragazzo», disse la voce di Han dall’altoparlante al suo fianco.
«Sembra di sì», rispose Luke. «Stiamo chiamando gli Imperiali proprio adesso. Non c’è ragione...»
«Signore», interruppe l’addetto alle comunicazioni.
«Un momento.» Luke si allontanò dal microfono spingendo la sedia con un colpo dì piede e ottenendo come ricompensa un crampo alla gamba. Be’, era quasi guarito. «Ha ricevuto risposta?»
Il giovane virgilliano dalle spalle larghe gli indicò una luce verde che lampeggiava sul suo quadro. Qualcuno aveva dato il permesso di trasmettere. Luke si schiarì la gola. Prima che lasciassero Endor, Leia gli aveva dato una lista del genere di cose che avrebbe potuto dire appena gli Imperiali gli rispondevano. Ma nessuna era nel suo stile.
E poi, non era un diplomatico o un uomo politico quello con cui avrebbe dovuto parlare. Questo era un ufficiale nel mezzo della battaglia, che aveva a disposizione solo una manciata di secondi per prendere le sue decisioni. «Marina Imperiale», esordì Luke, «questa è una forza d’attacco dell’Alleanza. Abbiamo issato bandiera bianca. Sembra che abbiate bisogno di aiuto. Accettereste la nostra assistenza, da umano a umano?» Be’ certo, c’erano degli alieni fra i ribelli, oltre a Chewbacca e al navigatore Duro di Manchisco. L’equipaggio di una delle cannoniere era composto da diciassette Mon Calamari. Ma non c’era alcun bisogno che gli Imperiali, che di solito erano molto schizzinosi nei confronti degli alieni, lo sapessero proprio adesso.
Dall’altoparlante si udì un rumore. Immaginando qualche veterano imperiale rotto a mille battaglie che faceva freneticamente scorrere sullo schermo un manuale su come comportarsi in caso di contatto con i ribelli, Luke aprì una frequenza alleata: «A tutti gli uomini, mantenete la formazione di difesa. Scudi alzati. Non sappiamo ancora che cosa hanno intenzione di fare».
Frammenti musicali e voci distorte echeggiarono per un momento sul ponte della Flurry, poi: «Forza d’attacco dell’Alleanza Ribelle, qui è il comandante Pter Thanas della Marina Imperiale. Dichiarate lo scopo della vostra presenza in questo sistema». La voce metallica era carica di autorità.
Per tre giorni, mentre viaggiava per l’iperspazio, Luke aveva dibattuto se fingere ignoranza o ammettere che conoscevano la situazione. Il capitano Manchisco sollevò un sopracciglio, come per dire: «E allora?»
«Abbiamo intercettato un messaggio del governatore Nereus diretto alla flotta imperiale che al momento è, ehm, per la maggior parte impegnata in riparazioni. Sembrava che si trattasse di guai seri. Come ho detto, siamo venuti ad aiutarvi, se è possibile.»
Luke chiuse la trasmissione e si rese conto dagli spasmi che gli attraversavano le caviglie di essersi alzato in piedi. Frustrato, tornò a sedersi. Ma aveva riposato nell’iperspazio! Sul canale interno le cannoniere annunciarono il loro arrivo. Sul quadro generale apparivano come puntini blu. Da quello che vedeva sul suo visore, stavano assumendo la formazione appaiata.
La voce di Leia parlò all’altezza del suo gomito, dal Millennium Falcon. «Luke, cerca di essere sottile. Sono Imperiali. Se ci considereranno una forza ostile ci cacceranno.»
«In questo momento non sono in grado di cacciare nessuno», fece notare Luke. «Li stanno spazzando via.»
«Non mi sorprende che nessuno abbia risposto alle richieste di aiuto sui canali standard», disse la voce asciutta e decisa del comandante imperiale Thanas. «Forza d’attacco dell’Alleanza, accettiamo volentieri la vostra offerta. Mando un rapporto codificato a venti cicli sotto questa trasmissione.»
«Ah, be’», osservò Han.
Solo qualcuno che sì considerava già spacciato avrebbe accettato senza battere ciglio l’aiuto di una forza armata con credenziali dubbie come le loro. Luke gettò uno sguardo verso l’ufficiale addetto alle comunicazioni, Delckis, che stava aprendo il canale indicato da Thanas. Nel giro di qualche minuto una piccola percentuale dei puntini roteanti sul quadro generale divennero giallo oro, a significare che appartenevano agli Imperiali. Luke fischiò piano. Tutti i sei ovoidi e la maggior parte della tempesta di sabbia erano ancora rossi.
L’ACB cominciò a rigurgitare informazioni. Il comandante Thanas aveva meno potenza di fuoco degli avversari e un buon ottanta per cento di questa era concentrato su un unico incrociatore di classe «Carrack». Non era una grossa nave, con appena un quinto dell’equipaggio dello Star Destroyer, ma sempre diverse volte più potente della Flurry.
«È proprio sicuro di volerlo fare?» borbottò Manchisco.
Luke premette un pulsante che avrebbe spedito i piloti ribelli di corsa su per le scalette dei loro caccia. Riforniti e predisposti sulle rampe di lancio durante l’ultimo giorno di viaggio in iperspazio, i caccia erano pronti a partire.
«Stiamo leggendo la vostra formazione», disse Luke alla sua controparte imperiale. Non era del tutto sicuro di come andare avanti. Calmandosi, scese dentro di sé alla ricerca di un’indicazione nella Forza. Un’intuizione, avrebbero detto altri...
Thanas disse: «Potreste... un momento...» Uno strano fischio modulato soffocò la voce del comandante imperiale.
Luke tamburellò nervosamente le dita sulla sua consolle.
Quando Thanas ritornò, la sua voce era ancora controllata e calma. «Scusate. Ci stanno disturbando. Se riusciste a inserire un cono di navi nel varco fra i tre incrociatori centrali degli Ssi-ruuk, potrebbe darsi che questo li ispiri alla ritirata. Potrebbe farci guadagnare tempo.»
Ssi-ruuk. Luke registrò il nome degli alieni e lo ripose in fondo alla sua memoria. Qualcosa che stava sotto la sua coscienza finalmente suggerì un’idea. «Comandante Thanas, arriveremo dal nord solare poco davanti a quei tre incrociatori, nel senso dello spin.»
«Inserite la rotta», mormorò ai suoi uomini.
Il navigatore del capitano Manchisco attivò il suo computer di navigazione. «Valtis», gorgogliò il Duro in lingua standard con le sue sottili labbra gommose, «prrrendi un rrrotta per otto-sette norrrd, sei spin.» Il pilota virgilliano inserì le correzioni sul suo computer con uno sfarfallare di dita. Luke sentì la Flurry uscire dal suo letargo. Le lamiere del ponte trasmettevano le vibrazioni dei motori fino alla sua postazione di comando. Il portello d’accesso al ponte di comando, che avevano lasciato aperto per facilitare il ricambio dell’aria, si chiuse automaticamente.
Dopo un momento Thanas si fece di nuovo sentire, «Sì, è la manovra più urgente, la vostra, forza dell’Alleanza. Venite avanti... e grazie. Fate attenzione al pozzo gravitazionale.»
«Che cosa ne pensi, ragazzo?» La voce di Han arrivò, filtrata dallo spazio, accanto al suo gomito. «Non mi sembra una bella situazione.»
«Devo arrivare a Bakura», insisté Leia sullo stesso altoparlante. «Devo convincere il governatore Nereus a dichiarare una tregua ufficiale, o non avranno motivo di collaborare con noi. Non puoi sempre sperare di cogliere la Marina Imperiale in un momento di disperazione.»
«Han», rispose Luke, «hai capito come ci muoviamo?»
«Oh, sì.» Il suo amico sembrava divertito. «Buona fortuna, mio eroe. Temo che il nostro unico esperto di diplomazia non prenderà parte a quest’azione.»
«Buona idea», approvò Luke.
«Cosa?» Luke avvertì diversi punti esclamativi nella voce di Leia. «Di che cosa state parlando?»
«Chiedo scusa.» Luke si raffigurò Han che si voltava per cercare, pazientemente, di spiegare una verità spiacevole al più testardo dei due Skywalker. Forse, come fratello, doveva intervenire.