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«Leia», spiegò, «guarda il quadro. Bakura è sotto blocco. Tutte le comunicazioni sono disturbate, non siamo riusciti a sentire niente se non una scarica di musica dai canali commerciali. Sei troppo preziosa per rimanere in zona di guerra.»

«E tu no?» ritorse lei. «Devo parlare con il governatore. La nostra unica speranza è di riuscire a convincerlo che non abbiamo intenzioni aggressive.»

«Sono d’accordo», la placò Luke, «e il Falcon ci farebbe comodo adesso come adesso. Ma non ho intenzione per questo di rischiare la tua vita. Ritieniti fortunata di avere una nave armata tutta per te.»

Silenzio di tomba. Luke impartì altri ordini, disponendo la sua flotta in una formazione poco serrata per affrontare il difficile salto iperspaziale intersistema.

«Va bene», borbottò Leia. «Il sesto pianeta non è lontano da questo vettore. Ci dirigeremo lì. Se tutto sembra abbastanza sicuro, atterreremo e attenderemo un vostro segnale.»

«Mi sembra perfetto, Leia.» Luke avvertiva la sua indignazione, ma non era diretta solo a lui. Leia e Han dovevano imparare a risolvere da soli i loro problemi. Trovare un sistema tutto loro per convivere.

Chiuse la sua mente, alla presenza di sua sorella. «Resta in contatto, Han. Usa le frequenze standard alleate, ma tieni d’occhio anche quelle imperiali.»

«Affermativo, ragazzo.»

Luke guardò sul suo schermo la nave da carico che usciva dalla formazione con un’ampia curva. L’arco di luce bianco-azzurro dei suoi motori rimpicciolì nelle tenebre distanti. A dar retta al suo quadro generale, tutti i suoi piloti di caccia erano pronti sui loro velivoli e Wedge Antilles stava eseguendo i controlli sulla squadriglia. Non era qui, sul ponte di comando, il suo posto. Oggi, il suo caccia Ala-X stazionava freddo in un hangar buio, e C1 era nella sua cabina, collegato attraverso la Flurry all’Analizzatore Computerizzato di Battaglia. Magari la prossima volta avrebbe potuto collegare C1 con il ponte di comando della Flurry e dare gli ordini dal suo caccia... Ma dove avrebbe potuto sistemare i controlli e il quadro generale? «Calcoli terminati», annunciò. «Pronti al salto.» I puntini blu che rappresentavano le navi vedetta divennero verdi. Luke afferrò i braccioli della poltrona. «Ora.»

Han Solo teneva d’occhio i sensori del Falcon mentre si allontanava dalla flottiglia con un agile arco di curva. Era troppo esperto per farsi prendere dal risucchio del salto iperspaziale, ma non poté resistere alla curiosità e rimase a guardare l’ammiraglia di Luke (figurarsi, il ragazzo al comando di una flottiglia) che spariva. Leia reagì con un sobbalzo.

Adesso era di nuovo a casa sua, a bordo del Falcon. Le squadre di riparazione dell’Alleanza non avevano perso tempo e avevano subito rimesso in sesto la sua adorata nave dopo che Lando l’aveva sbatacchiata dentro la seconda Morte Nera (... ma non importa, Lando, è stato per una buona causa). Il suo posto era lì, in quella cabina di pilotaggio, con Chewie nel sedile del copilota.

Ma anche così, niente era più come prima. Dietro il colossale Wookiee, c’era Leia, avvolta da una tuta da combattimento grigia stretta in vita da una cintura, che si sporgeva in avanti come se pensasse che avrebbe dovuto esserci lei al posto del copilota.

Be’. Avrebbe consegnato a Leia tutto quello che gli apparteneva, l’intera galassia se solo avesse potuto metterci le mani sopra, ma nemmeno lei sarebbe mai riuscita a sloggiare Chewie da quel sedile. Sì, d’accordo, aveva pilotato il Falcon abbastanza bene in un paio di emergenze. Ma perfino un contrabbandiere doveva porre dei limiti da qualche parte.

3BO occupava l’altro sedile, con la testa che si girava a destra e a sinistra. «Sono proprio contento che lei abbia cambiato idea, padrona Leia. Anche se i miei talenti andranno sprecati anche più del solito nell’estrema periferia di questo sistema provinciale, la nostra sicurezza è della massima importanza. Posso suggerire...»

Han alzò gli occhi al cielo e disse in tono di minaccia: «Leia?»

Leia spense l’interruttore dietro il collo di 3BO. Il droide dorato si immobilizzò.

Han emise un eloquente sospiro di sollievo. Chewbacca aggiunse un grugnito con un sottotono di risata e scosse la sua pelliccia rossiccia fino alle punte nere di ogni pelo. Han allungò le mani verso il pannello di controllo. «Sette minuti all’avvicinamento al pianeta.»

Leia si liberò della cintura di sicurezza e si spinse in avanti per essere più vicina alla consolle, premendo una gamba tiepida contro la sua. «Gli Imperiali non possono essere lontani. Dove sono i sensori?»

Han tese una mano con uno scatto e li accese. Il sesto pianeta riempì gli schermi dei sensori. Chewbacca abbaiò diverse volte, aggiungendo grugniti e latrati. «Polvere e ghiaccio», tradusse Han, a beneficio di Leia. «II sistema di Bakura ha un solo gigante gassoso, con una serie di lune formate dall’aggregazione di vecchie comete che gli girano attorno.» Fece una pausa. «Se quando atterriamo il Falcon è appena appena tiepido, scioglieremo tutto quello che c’è fra noi e la superficie e potrebbero essere dei chilometri.»

«Guarda», disse Leia. «Costruzioni di qualche tipo vicino al terminatore.»

«Le vedo.» Han si diresse verso l’ammasso di forme regolari. «Ma non ricevo comunicazioni... non ci sono satelliti difensivi e non riceviamo nessun tipo di segnale.» Chewie ululò il suo assenso.

Le cupole giunsero velocemente in vista. Han amplificò l’inquadratura e aumentò la definizione. Vide una doppia linea di mura in rovina fra molti crateri dall’aria terribilmente recente.

«Che disastro», disse Leia.

«Dieci a uno che i nostri misteriosi alieni qui ci sono già stati.»

«Bene.» Leia spazzolò via un po’ di polvere dallo schienale della poltrona di Han. Sorpreso, Han si voltò a guardarla. «Vuol dire che probabilmente non ritorneranno», spiegò lei.

«Lo avranno depennato dalla lista», convenne Han.

«E adesso stanno dando la caccia a un boccone molto più grosso. Spero solo che Luke stia attento.»

«Lo sarà, non temere. Okay, Chewie, sembra un posticino tranquillo. Ci nasconderemo meglio a terra... ci fonderemo con le rocce, per così dire. Andiamo giù e rallentiamo. Ma solo quel tanto che basta per compensare la gravità. Dobbiamo arrivare giù freddi.»

Non disse a Leia quanto sarebbe stato difficile «arrivare giù freddi». I suoi sensori registravano meno di 0.2 G su quella palla di ghiaccio e nessuna atmosfera per riscaldare un corpo in caduta libera; ma anche così, liberarsi del calore in eccesso non sarebbe stato uno scherzo da ragazzi. Il motore era ancora molto caldo dopo il passaggio in iperspazio e la frizione non li avrebbe aiutati: anche nello zero assoluto dello spazio esterno avevano già colpito miliardi e miliardi di ioni e atomi. Han toccò un controllo che usava molto di rado, attivando al massimo i radiatori dorsali. Se solo avesse avuto un sistema di raffreddamento per il carrello di atterraggio... ma se i desideri fossero pesci a quest’ora i Calamariani starebbero dando ordini al quartier generale dell’Alleanza.

Appena oltre, il terminatore vide un cratere largo quel tanto che bastava per contenere il Falcon. Spense i radiatori, abbassò la nave e la tenne sospesa. Ora, stando attenti a non usare i retrorazzi frenanti...

Stava per scendere quando vide una pozzanghera di liquido nero che si allargava sul fondo del cratere proprio sotto di lui.

Non era ghiaccio, dunque, ma ammoniaca solidificata o qualche altro puzzolente composto chimico dal punto di fusione così basso che perfino i getti respingenti del Falcon erano sufficienti a farlo sciogliere.

E adesso?

Chewie grugnì un suggerimento.

«Sì», convenne Han. «Orbita sincrona appunto. Buona idea.»