Attraverso la Forza, avvertì la distruzione dell’incrociatore. Qualche millisecondo più tardi un lampo invase il suo schermo. «Sì!» urlò Wedge. «Benfatto, capo Rosso!»
Luke immaginò il più giovane dei suoi capisquadriglia che sorrideva dietro la cupola trasparente, scurita dal lampo, del suo caccia. «Benfatto», fece eco Luke. «Ma non abbassate la guardia. Ce ne sono ancora parecchi là fuori.»
«Agli ordini, Flurry.» Il gruppo di puntini blu che rappresentava i caccia Ala-X si divise in quattro gruppetti che si allontanarono, raccogliendo dati attraverso i sensori di bordo per raggiungere in formazione i computer tattici della flotta. Be’, valeva la pena di provarci, Dodonna, pensò rivolto all’inventore dell’ACB. Con tutta la sua sofisticazione era uno strumento tanto utile, e altrettanto limitato, del computer tracciante di un caccia.
«Signore», offrì la voce soffice del tenente Delckis al suo fianco. «Sorso d’acqua?»
«Grazie.» Luke afferrò un tubetto d’acqua a fondo piatto. Sull’ACB si stava sviluppando una nuova configurazione che lo incuriosiva. Qualcuno dall’altra parte doveva aver dato un ordine importante, perché su tutto lo schermo i puntini rossi si stavano sganciando. «Capisquadriglia, stanno preparandosi al salto nell’iperspazio. Tenetevi lontani, ma colpiteli se vi attaccano.» Era cresciuto nella Forza: il suo primo istinto ora era di spaventare, non di uccidere, specialmente se si trattava di un nemico che un giorno avrebbe potuto essere usato contro l’Impero in rovina. Aprì un altro canale. «Li vede anche lei, comandante Thanas?»
Nessuna risposta: il comandante Thanas, in quel momento, doveva essere molto occupato. Luke rimase a guardare, sollevato, mentre squadriglia dopo squadriglia i caccia nemici svanivano. «Ecco fatto», disse piano fra sé. «Per adesso abbiamo finito. Attivate i sensori a lungo raggio, Delckis. Scommetto che non sono andati lontano.»
«Sì, signore.»
Luke sorseggiò un po’ di acqua riciclata dal gusto piatto; improvvisamente si rendeva conto di avere la gola terribilmente secca. Aveva respirato con affanno. La prossima volta mi controllerò meglio, promise a se stesso.
«Signore», disse Delckis, «aveva ragione. Stanno già riemergendo, appena fuori dal sistema.»
«Mm-hmm.» Era contento di avere avuto ragione, ma avrebbe preferito che se ne fossero semplicemente andati a casa.
Si stiracchiò. E adesso? Appoggiò il tubetto d’acqua sull’ACB. Era più utile come tavolino che come consulente strategico. «Mandi un messaggio in codice all’ammiraglio Ackbar, Delckis. Abbiamo bisogno di altre navi. E includa le registrazioni che l’ACB ha tenuto della battaglia. Così capirà a che cosa ci troviamo di fronte. Riesce a prepararlo in mezz’ora?»
«Tranquillamente, signore.»
Grazie alla Forza, i trascrittori non mancavano sulle loro navi, dopo Endor. Le navi imperiali sconfitte erano state abbondantemente saccheggiate. «Lo faccia, allora.» Passo successivo: rifornimento e riposo. «Capisquadriglia, qui è la Flurry. Buon lavoro, ragazzi. Tornate alla base.»
Manchisco sospirò, scosse le trecce e diede una robusta pacca sulle spalle del suo navigatore Duro.
Puntini blu-Alleanza convergevano sulla Flurry. La radio di Luke si animò. «Comandante Alleato, qui è il comandante Thanas. Siete in grado di ricevere tramite l’HoloNet?»
«Sì, ma ci vorrà un po’ di tempo. Dateci cinque minuti.»
Il tenente Delckis stava già alacremente regolando comandi e dirottando energia in una serie di componenti istallati molto di recente. Luke spinse la sua poltrona entro un raggio di trasmissione. «Mi avverta quando è pronto.»
«Adesso», disse alla fine Delckis. «Trasmissione a due vie.»
Su per un pannello-strumenti apparve l’immagine di un uomo sulla cinquantina, con una faccia stretta e capelli castani, ricci e radi, cortissimi. «Grazie», disse il comandante Thanas, «e congratulazioni.»
«Non sono andati lontano.»
«Ho visto. Staremo in guardia. Forse, ah, fareste meglio a uscire dalla zona dei combattimenti. Quelle navi aliene si lasciano dietro dei rottami molto caldi.»
«Caldi?» Luke gettò uno sguardo alla temperatura dello scafo su un quadro.
«I droni ssi-ruuvi bruciano combustibile a fusione pesante.»
Nuovo termine: ssi-ruuvi. Ma, più importante, se gli alieni volevano conquistare Bakura, perché disseminare il sistema di ceneri radioattive?
E perché Thanas ha voluto usare l’HoloNet per dirmi queste cose relativamente poco importanti? si chiese Luke mentre l’immagine di Thanas svaniva. O il comandante Thanas voleva vedere che faccia aveva il suo pari grado alleato o, una volta accertato che i ribelli disponevano di equipaggiamento per trasmettere via HoloNet, avrebbe anche avuto buone ragioni di sospettare che possedessero altro materiale di provenienza imperiale.
Luke fissò i puntini dorati che rappresentavano i loro «alleati». «Analisi», ordinò all’ACB. 1 risultati arrivarono subito e Luke spostò il tubetto d’acqua per vedere meglio. L’incrociatore imperiale andava alla deriva, evidentemente danneggiato in modo piuttosto grave. Il resto delle forze di Thanas si era ritirato dalla battaglia e aveva costituito una rete difensiva attorno alla nave ferita... e a Bakura.
Nemmeno lui, probabilmente, si sarebbe fidato del tutto se degli Imperiali comparsi dal nulla si fossero offerti di aiutarlo. Sarebbe stato compito di Leia far sì che imparassero a fidarsi l’uno dell’altro.
«Grazie di nuovo, Falcon», disse sul canale privato. «C’era qualcosa che non andava sul sesto pianeta?»
«Prima o poi te lo racconteremo», rispose la voce di Leia dall’altoparlante vicino al suo gomito.
5
La senatrice imperiale bakurana Gaeriel Captison sedeva al suo posto, agitando le dita dei piedi e immaginando di vedere delle figure nei tasti colorati del quadro controlli inserito nel suo scranno. Sotto un soffitto piastrellato che si innalzava al centro in una cupola appuntita, la camera del senato imperiale bakurano sarebbe stata del tutto silenziosa, se non fosse stato per il leggero fruscio della pioggia che scorreva dentro le colonne translucide negli angoli della stanza. Un sistema di grondaie sul soffitto convogliava l’acqua dentro i pilastri che illuminati dal basso, pulsavano con il respiro liquido della biosfera di Bakura.
Gaeriel era rimasta a lungo sotto la pioggia, quel mattino, a guardare come colpiva e faceva danzare le foglie di pokkta e lasciando che le bagnasse la pelle, i capelli, i vestiti. Respirò a fondo l’umida aria bakurana e ripiegò le mani sopra il banco. Ormai il Centro Imperiale era l’unico mondo dove si potessero proseguire gli studi di Scienze Politiche dopo l’università; era uno dei modi scelti dall’imperatore per far sì che solo la sua filosofia di governo raggiungesse i mondi a lui soggetti. Era ritornata il mese prima, dopo l’anno di indottrinamento obbligatorio sul Centro. Confermata nel seggio senatoriale che aveva conquistato quando era ancora ragazzina, questa era la sua prima seduta serale di emergenza.
In cima alle scale, alla sinistra di Gaeriel, la massiccia sedia a repulsione ricoperta di cuscini color porpora del governatore Nereus, era ancora vuota. Il senato, il cui potere declinava ogni anno, attendeva che Nereus gli concedesse l’onore della sua presenza.
Sotto le scale che portavano alla poltrona del governatore Nereus, all’altezza di Gaeriel, erano posati un paio di lunghi scranni; su un terzo livello, più in basso, due tavole fiancheggiavano uno spazio vuoto centrale. Orn Belden, decano dei senatori, agitò una mano sopra lo scranno centrale. «Ma non capite?» stava strillando Belden in direzione del senatore Govia. «In confronto ai sistemi che davvero interessano l’imperatore, le nostre navi e i nostri ufficiali sono... be’, le navi sono più vecchie di me e non hanno personale adeguato. Per quanto riguarda il personale di comando, siamo la pattumiera di...»