«Grazie, anziano.» La voce di Dev si spezzò mentre arretrava. «Devo pulire il corridoio ora. Il lavoro mi darà tempo per pensare.»
Scaglia Blu agitò un artiglio e lo congedò.
Dev fuggì attraverso il portello, sentendosi più colpevole che mai. Aveva forse messo in pericolo la flotta d’attacco? No, certo. L’ammiraglio Ivpikkis sarebbe sicuramente stato il trionfatore, alla fine. Ma il problema più immediato di Dev era, ora, nascondere nella memoria quel tocco momentaneo prima che Scaglia Blu lo chiamasse a sé e lo convincesse a confessare.
Del cibo rappreso era spruzzato dovunque sulle paratie e i tubetti di bevande erano sparsi per tutto il corridoio. Dev corse verso poppa alla ricerca di uno stipetto di servizio. Pulire la nave era un compito che spettava ai P’w’eck, ma lui si sentiva responsabile.
Non era mai riuscito a nascondere niente a Scaglia Blu. Non era forse tradimento nascondere dei pensieri? I suoi padroni lo avevano salvato dalla morte per fame e abbandono. Gli doveva tanto.
Eppure non aveva mai avuto, prima, una ragione altrettanto forte di mentire. Con la mente, aveva toccato un fratello. Non poteva tradirlo.
Aprì lo stipetto di servizio, afferrò un aspirapolvere e si affrettò a tornare a prua, verso la chiazza di cibo più vicina.
6
«Salvacondotto per Salis D’aar, la capitale. I controllori dello spazio porto vi faranno scendere», finì la voce del funzionario addetto al traffico, dal comunicatore del Falcon.
«Grazie.» Han chiuse la comunicazione e si lasciò andare indietro, contro lo schienale.
Leia sospirò. «Bene. Possiamo metterci al lavoro.»
Han sollevò un sopracciglio. A lui sembrava che avessero già lavorato parecchio.
Leia non lo notò. «Adesso dobbiamo decidere che cosa fare.» Accarezzò una delle trecce che le incorniciavano la testa.
«Giusto», rispose Han, contento di sentire che per una volta la pensava come lui. «Usiamo questo salvacondotto per atterrare su Bakura oppure no? Adesso sono messi molto meglio di prima. Sarebbe il momento giusto per prendere su le nostre truppe e filarcela.»
Leia fissò il ponte del Falcon. «Non era questo che avevo in mente, ma hai ragione. Continuo a chiedermi se sarà mai possibile trattare direttamente con gli Imperiali.»
Attraverso il contatto con la Flurry, Luke si fece sentire. «Leia, non ti senti bene?»
Leia si schiarì la gola e si chinò sul quadro comandi. «Sono un po’ nervosa, Luke. Forse comincio a ragionare come Han. Non mi sento a mio agio in questa situazione. Mi sento diversa dal solito.»
Han lanciò un’occhiata a Chewie, che ululò piano. Sì, era vero: forse stava sviluppando un po’ d’istinto di conservazione. Gli Skywalker sembravano esserne privi.
«Siamo tutti nervosi», rispose la voce di Luke. «Ho l’impressione che qui stia succedendo qualcosa di strano. Devo riuscire a scoprire cos’è.»
Han sbirciò dall’oblò del Falcon e vide la Flurry. Era sospesa, goffa e bitorzoluta, vicino al Falcon in un’orbita di parcheggio fuori della rete imperiale di difesa. «Ne sei sicuro, ragazzo?» chiese. «Questo sarebbe il momento giusto per tornarsene a casa.»
«Ne sono sicuro. Leia, sei tu che ti occupi dei negoziati. Vuoi trasferirti qua, in modo da poter atterrare in maniera dignitosa con una delle navette della Flurry?»
«Un momento, un momento.» Han si raddrizzò. «Io non ho intenzione di atterrare con qualcosa che non sia il Falcon. Voglio questa nave sulla superficie, in caso ci si trovi di nuovo a dover tagliare l’aria alla svelta.»
«Di nuovo?» chiese Luke. «Perché? Che cosa è successo?»
«Più tardi.» Leia aveva le mani intrecciate e picchiava un pollice contro l’altro, pensierosamente. «Pensa che effetto faremmo, atterrando in... be’, pensa a come può apparire il Falcon agli occhi di chi non lo conosce.»
Oh, grazie tante, vostra altezza. «È una questione di mimetismo.»
Leia allargò le braccia. «Sarà la prima impressione che gli Imperiali di Bakura avranno del nostro gruppo, Han. Vogliamo che diventino nostri alleati. Cerca di pensare a quello che succederà a lungo termine.»
«Sì, ma prima, a breve termine, dobbiamo pur sopravvivere.»
Luke si schiarì la gola. «Il Falcon non entrerebbe nell’hangar della Flurry. È già completamente pieno.»
Leia guardò il pannello di controllo del Falcon e poi una paratia tenuta insieme da circuiti legati con fil di ferro. Guardò Han a lungo, severamente. Poi disse: «Va bene, Luke. Vieni tu qua. Atterriamo con il Falcon... ma solo a patto che al momento dell’atterraggio tutti siano vestiti in maniera dignitosa.»
Han strinse un pugno. «Ehi, io non...»
«Tranne te, capitano.» Parlava con voce dolce, ma nei suoi occhi c’era un luccichio malvagio. «Questo rottame è tuo. Tanto vale che tu sia in carattere con la tua nave.»
Un po’ di tempo dopo, Leia guardò fuori da un oblò e vide vortici di nubi bianche disegnati su un mondo meravigliosamente azzurro. Chewie esaminò il quadro comandi e poi si alzò, soddisfatto per dirigersi verso il corridoio.
Luke apparve coi capelli umidi e scompigliati. Aveva ascoltato con calma il suo racconto di come erano andate le cose sul sesto pianeta, poi aveva detto qualcosa sul tirarsi a lucido. «Ti senti meglio?» chiese Leia.
«Ci puoi scommettere.» Si lasciò cadere nella poltrona del copilota, che sul Falcon era molto più grande del solito. «Vediamo se riusciamo a contattare di nuovo il comandante Thanas.»
«Io dico ancora che sento puzza di trappola.» Han scivolò nella sedia del pilota. «Magari Thanas crede di averci fatto un gran favore a farci penetrare nella loro rete difensiva. Ma se dividiamo le forze, avremo una metà di loro alla mercé di qualche imbrattacarte imperiale e solo l’altra metà all’erta e dove dovrebbe essere.»
Luke inserì dei dati in una consolle. «Le loro navi avranno bisogno di riparazioni molto più delle nostre, e più a lungo. Quelle che ho visto io erano conciate piuttosto male.»
«E ancora non sappiamo cosa vogliono questi alieni», disse Leia. Gettò un’occhiata obliqua verso Luke. Avrebbe potuto giurare che suo fratello ne sapeva più di quanto lasciava intendere. «Ho un gran brutto presentimento.»
«Adesso abbiamo anche noi la testa sul cippo», aggiunse Han, «tale e quale i Bakurani.»
«L’idea era proprio quella», ricordò Leia. «Condividere il loro pericolo e così provare che siamo dalla loro parte.»
«Forze dell’Alleanza?» tuonò la voce del comandante Thanas dagli altoparlanti.
Leia si chinò sulla spalla di Luke. Già quasi asciutti, i suoi capelli catturavano le fioche luci della cabina di pilotaggio e splendevano come un’aureola. «Siamo in ascolto, comandante Thanas», rispose Luke.
«Ho autorizzato le vostre navi alleate a unirsi alla rete difensiva nelle posizioni che avete richiesto, mentre la vostra delegazione conduce le trattative a Salis D’aar. Aspetto con ansia di incontrarla di persona.»
«Anch’io. Alleanza, chiudo.» Luke fece una pausa per un secondo, dopo essere passato dalla frequenza imperiale a un’altra. «Sentito?»
«Ho registrato tutto nell’ACB», rispose il capitano Manchisco. «Divertitevi, laggiù.»
Luke emise un lungo sospiro.
«Dovrai dire agli Imperiali chi sei, prima o poi, Luke.» Han fece una smorfia obliqua.
Leia sobbalzò. No, neanche per sogno!
«Preferisco farlo di persona», spiegò Luke, calmo.
Oh. Volevano dire solo il suo nome, non di chi era figlio. Leia si affrettò a dirsi d’accordo. «Ha un controllo maggiore, un migliore... discernimento, di persona, Han. Se ne accorgerà se cercano di nascondergli qualcosa.»