Ora che quella minaccia era scomparsa, Gaeri lo fissò ancora per un momento. C’era qualcosa in lui che le ricordava lo zio Yeorg.
Chewbacca era appoggiato agli armadietti e restituiva fermamente lo sguardo dei sei assaltatori. Credeva di indovinare le loro intenzioni: volevano confiscare le armi del loro gruppo e lasciarli lì indifesi alla loro mercé. Uno dei soldati aveva cominciato ad avvicinarsi qualche minuto prima. Un unico ringhio a denti scoperti era stato sufficiente a rispedirlo indietro, ma non sarebbe servito a lungo. Il droide astromeccanico di Luke era vicino all’arcata e faceva ruotare le antenne. Ma C1 non gli sarebbe stato davvero molto utile in combattimento.
Comunque, a Chewbacca la distribuzione di forze non spiaceva. Un Wookiee armato contro sei assaltatori: era una situazione equilibrata.
Sentì un paio di stivali che si avvicinavano. Un altro imperiale che arrivava percorrendo a grandi passi il corridoio di marmo rosso. Questo portava l’uniforme cachi di un ufficiale. Gli assaltatori gli si radunarono intorno e cominciarono a confabulare.
Chewie tenne la sua balestra a portata di mano.
A Leia non erano sfuggiti i mormorii dei senatori e le occhiate che avevano gettato a Luke. Così l’avrebbero guardata se anche lei fosse stata una Jedi. Luke si era offerto di addestrarla, ma forse non era una gran buona idea. Anche questa era l’eredità di Vader: perfino i poteri di Luke, per quanto usati in modo onorevole e per difendere la giustizia e la libertà, spaventavano la gente.
Doveva catturare di nuovo la loro attenzione. Si avvicinò alla sedia a repulsione dorata di Nereus. «Governatore Nereus, non capite? La vostra alternativa è accettare l’aiuto dei Ribelli o rischiare di perdere tutta la popolazione del pianeta. Noi siamo la vostra unica speranza. Permetteteci di aiutarvi a respingere gli Ssi-ruuk. La nostra non è una grossa flotta, ma siamo ben organizzati e dotati di navi d’attacco migliori di quelle che l’Impero vi ha assegnato.» Luke le aveva mostrato le registrazioni dell’ACB.
Nereus strinse le sue labbra femminee, poi disse: «Per dimostrare la nostra gratitudine per l’aiuto dato finora, vi concederemo di lasciare il sistema di Bakura senza nuocervi e vi consentiremo un certo vantaggio perché possiate tornare a Endor, prima di avvertire l’Impero».
Un senatore gridò in tono beffardo da uno scranno in alto: «Se l’Alleanza era tanto ansiosa di aiutarci, perché non ci ha mandato più navi?»
Luke allargò le braccia: «Facciamo quello che possiamo...»
«Vedete», interruppe Leia, cercando di calmare le acque, «le nostre forze radunate a Endor desiderano tornare a casa. Probabilmente molti di loro sono già partiti.» Nereus afferrò i braccioli della sedia, sorridendo del piccolo battibecco.
«Comunque, abbiamo mandato un messaggio a Endor, chiedendo rinforzi», insisté Luke.
A Leia non piacque affatto il modo in cui la smorfia di Nereus si gelò a sentire questo. «D’altra parte, le nostre truppe di Endor sono esauste. I rinforzi non potranno arrivare che tra parecchi giorni, se arriveranno mai.» Non ostacolarmi, Luke.
Han tese una mano. «Il punto è che siamo qui per aiutarvi. Mi sembra che dovreste accettare l’offerta finché è valida.»
«Perché non ci fate prendere visione dei dati che avete raccolto?» chiese Leia in fretta. «Sugli Ssi-ruuk, naturalmente, e quelli su Bakura che non comprometterebbero la vostra sicurezza.»
Il governatore Nereus si coprì la bocca con una mano carnosa. Sentendosi come un insetto sotto un cannone laser, Leia strinse i denti e cercò mentalmente di spingerlo a collaborare. Se questa conversazione continuava a trascinarsi senza una promessa di aiuto reciproco, erano finiti.
Un uomo alto e anziano si alzò da uno degli scranni inferiori. «Nereus», esclamò, «prendi l’aiuto che ti viene offerto. Tutti sul pianeta sanno perché i Ribelli sono qui. Se rifiuti la loro offerta, provocherai una rivolta.»
«Grazie, senatore Belden.» Il governatore Nereus strinse gli occhi sotto le pesanti palpebre. «Va bene, principessa Leia. Avrete i dati che avete richiesto. Verranno riversati nel centro comunicazioni dei vostri appartamenti. Avete altre richieste per il momento, prima che vi faccia accompagnare ai vostri alloggi temporanei?»
«Non possiamo risolvere subito la questione della tregua?» Cercò di ingoiare la propria frustrazione.
«Avete fatto il vostro discorsetto. Adesso ne discuteremo.»
«Molto bene. Primo ministro Captison...» Leia scese dallo scanno inferiore e tese una mano, che l’uomo elegante strinse brevemente. «Spero che potremo parlare di nuovo.» Leia condusse il suo gruppo attraverso lo spazio rettangolare centrale, poi su per gli scalini dall’altro lato.
«Muoviti, ferraglia dorata», bisbigliò Han mentre passavano accanto a 3BO. «E tieni chiusa quella tua maledetta scatola.» Si diresse con passo svelto verso gli armadietti dove avevano lasciato le armi. Chewbacca lo salutò con un ringhio e lo avvertì che gli assaltatori avevano fatto qualche pensierino sulle loro armi.
«Ma che peccato.» Han si gettò verso l’armadietto che conteneva il suo fulminatore.
Luke si voltò. Teneva la spada laser in una mano, bassa e disattivata, in una posizione ambigua che non era esattamente di guardia. Han vide che le sue pupille si dilatavano. «Tutto bene», sentenziò. «Quell’ufficiale li sta tenendo sotto controllo.»
«Quale ufficiale?» Leia si voltò di scatto. Guardò per un po’ gli Imperiali impegnati in una fitta conversazione. «È uno di Alderaan», mormorò. «Lo capisco dall’accento.»
«Huh.» Non era una cosa particolarmente confortante. Han sistemò il suo coltello da stivale e il suo fulminatore tascabile. «Quante sono le probabilità che abbia una coscienza alderaaniana sotto la sua uniforme imperiale?»
«Non molte», ammise Leia, ma lo disse a Luke.
Han si raddrizzò e si guardò in giro. L’ufficiale dai capelli neri per lui era identico a qualunque altro ufficiale imperiale: e cioè era un bersaglio, con il centro segnalato da quadratini rossi e blu. L’ufficiale si voltò e si diresse verso di loro. Han tenne la mano sul fulminatore.
Luke appese la sua spada alla cintura e infilò il fulminatore nella fondina, poi avanzò per incontrare l’ufficiale alto. Leia seguì Luke, lasciando Chewie con i droidi. «Coprici, Chewie», mormorò Han e seguì gli altri due.
«Vostra altezza», belò l’ufficiale, rivolgendosi a Leia, «che onore poterla infine incontrare. Capitano Doruggan, al suo servizio.»
Han avrebbe saputo che genere di servizio fargli, ma Leia si era calata completamente nel suo ruolo senatoriale. «Capitano Doruggan», disse con un elegante cenno del capo. «Questo è il comandante Skywalker, cavaliere jedi.» Poi si degnò di notare anche lui. «È il generale Han Solo.»
Luke strinse la mano dell’ufficiale, ma Han tenne la sua rigidamente accanto al fulminatore. Lanciò un’occhiata a Chewie da sopra la spalla. Il Wookiee restituì il suo sguardo con un’occhiata espressiva: lo sto tenendo d’occhio e ti copro.
«Ora dobbiamo andare», disse Leia. «Grazie per essersi presentato.»
Il capitano imperiale afferrò la sua mano. Han strinse l’impugnatura del suo fulminatore, riuscendo solo con uno sforzo a tenere il dito lontano dal grilletto. Leia lasciò che l’ufficiale le stringesse la mano e le baciasse le dita. Improvvisamente, Luke guardò in direzione di Han e mosse un dito. Doveva aver fatto qualcosa con quella sua Forza, perché la gelosia di Han scese di un centinaio di gradi, anche se non scomparve. Leia li condusse attraverso il corridoio echeggiante e fino allo scalo sul tetto.
Seguendola accanto a Luke e Chewie, Han lanciò un’occhiata di fuoco a Luke. «Non farmi mai più una cosa del genere», ringhiò. «Non ci provare mai più.» Era stato geloso un’altra volta: di Luke. Si era rivelata una gelosia stupida. Probabilmente lo era anche questa.