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Dall’angolo in cui era rimasto, ignorato da tutti, C1 fece sentire un trillo interrogativo.

«Per meglio condividere le informazioni che abbiamo.»

«Oh», commentò Leia. Se Luke aveva un suo piano non ci sarebbe stato modo di fargli cambiare idea. «Dimmi dei senatori. Che sensazione hai avuto?» Si sedette accanto a Luke e ritirò le gambe sui sedili. Il campo a repulsione era come un liquido invisibile sulla cui superficie stavano galleggiando.

«Erano ostili», ammise Luke. «‘Chi sono questi e che cosa ci fanno qua e perché si interessano tanto a noi?’ Così almeno all’inizio. Ma quel Belden era contento di vederci. E c’erano anche altri. Altri...» Guardò Han, che era arrivato all’angolo della finestra. «La storia di Leia gli ha fatto abbassare la guardia. È stato lì che il loro atteggiamento è cambiato.»

«Ne sono straordinariamente contento», interloquì 3BO dalla sua postazione accanto alla porta. «Non vedo l’ora di tornare fra la nostra gente.» C1 gorgogliò qualcosa che Leia presumeva essere un caloroso accordo.

«Ecco, vedi?» Leia fissò Han, desiderando intensamente che si voltasse e desse qualche segno di aver approvato il suo discorso. Un muro invisibile era caduto tra loro nel momento in cui quell’alderaaniano l’aveva notata. «Dev’essere duro», concesse, «uscire allo scoperto dopo anni di lavoro clandestino.»

Finalmente Han si voltò, con i pollici infilati nella cintura. «È come mostrare troppo presto la tua mano in una partita di sabacc. Le carte ti possono cambiare in mano. Non mi piace. Non mi piace questa gente. E Nereus mi piace meno di tutti.»

Leia annuì. «È un burocrate imperiale come tanti altri. Ma, Luke, che cosa hai avvertito? La reazione che hanno avuto di fronte a te...»

Si accigliò. «C’era da aspettarselo, non erano stati avvertiti. Perché?»

Leia cercò le parole giuste per esprimere i suoi sentimenti.

Luke le trovò prima di lei. «Stai ancora pensando a Vader, vero?»

Colpita, Leia gli puntò un dito contro. «Non voglio avere niente a che fare con nulla che venga da Vader.»

«Io vengo da Vader, Leia...»

Strinse i pugni, le braccia tese lungo i fianchi. «Allora lasciami stare.»

Luke chiuse la bocca, senza finire la frase nel modo che lei temeva. E anche tu. Avrebbe potuto dirlo, ma cercava sempre di non ferirla con le sue parole. Leia si stava già pentendo del suo sfogo. Non era da lei perdere la calma in questo modo.

«Ehi», esclamò Han. «Tirati su, principessa. Sta solo cercando di aiutarti.»

«Che cosa vi aspettate da me?» Saltò in piedi e si mise a camminare nervosamente. «Che la prenda con calma? Che vada ad annunciarlo a Mon Mothma?»

«Oh, no, non di nuovo», borbottò Han.

Leia si piantò i pugni sui fianchi. Se non fosse stata innamorata di quell’uomo lo avrebbe già strozzato.

«Di nuovo?» mormorò Luke.

«Ascolta», disse Han. «Nessuno vuole rivelare il tuo segreto. Neanche Luke. Vero, Luke?»

«Ci siamo messi d’accordo.» Luke scrollò le spalle. «Almeno per un po’, nessuno saprà che sei imparentata con nessun altro.» Tese una mano.

Leia l’afferrò. Inaspettatamente Han si avvicinò e chiuse la sua mano sopra quella dei due fratelli.

Dietro di loro si udì un ruggito. Un’enorme zampa pelosa atterrò sulla spalla di Leia mentre Chewie continuava a guai-re e a latrare. «Che cosa sta dicendo?» chiese a Han. L’altra zampa di Chewie si appoggiò sulla testa di Han.

«Che siamo la sua famiglia d’onore.» Han cercò di sfuggire alle effusioni del Wookiee. Un braccio peloso gli passò sul viso. «È il fondamento della vita sociale wookiee. È la migliore dichiarazione di fedeltà che ti capiterà mai di ricevere, Leia.»

Niente soprannomi questa volta, niente ironia, solo Leia.

Quella era la migliore dichiarazione di fedeltà che le sarebbe mai capitato di ricevere da Han. «Va bene», disse piano. «Abbiamo del lavoro da fare; vediamo di fare buon uso del tempo che abbiamo prima che Luke debba partire o che ci richiamino in senato.»

Chewbacca grugnì. Luke lasciò andare la sua mano e si diresse verso il centro comunicazioni.

«Bene.» Han si liberò dalla stretta del suo copilota. «E dobbiamo anche controllare le riparazioni. Il nostro gruppo ha costituito un hangar temporaneo allo spazioporto. Piattaforma dodici. Quello è lavoro per Chewie.»

«Ah.» Luke stava già premendo dei bottoni sul pannello di controllo. «Ecco, ho trovato le informazioni che ci hanno inviato. C1, fa’ un controllo. Vedi se c’è qualcosa di nuovo rispetto alle informazioni della nave drone.»

C1 fischiò allegramente.

«Tieni gli occhi aperti, ragazzo», raccomandò Han.

«E stia in guardia, padron Luke!» esclamò 3BO.

Uno shuttle dell’Alleanza prelevò Luke dal tetto del complesso Bakur. Con C1 caricato nel compartimento sul retro, Luke guardò la città che passava sotto di lui, acquattata all’interno della sua rete di cerchi concentrici e su quell’incredibile estrusione di roccia bianca.

Temeva che fosse stato il suo nervosismo a fare agitare Leia, ma non aveva osato dire a lei e a Han tutto quello che sapeva, non ancora. Solo lui capiva quanto disperata e atroce fosse la sofferenza degli umani intecnati, quindi solo lui capiva appieno quale rischio correvano nel momento in cui Bakura fosse caduta. Se fosse successo, le risorse e la popolazione di Bakura avrebbero consentito agli alieni di prendere un altro mondo, dove avrebbero ricaricato altri droidi da combattimento per conquistarne un altro ancora, e così via in una reazione a catena che sarebbe arrivata fino al centro della galassia.

Forse volevano spazzare via del tutto l’umanità, magari creare una serie di allevamenti di schiavi. Non avrebbe affatto sorpreso scoprire che avevano altri tipi di droidi capaci di utilizzare l’energia vitale degli umani, oltre ai caccia. Lui, Thanas, Nereus, non sapevano neppure se quella che si trovavano di fronte era l’intera flotta ssi-ruuvi.

Nel bel mezzo di una crisi del genere non poteva certo permettersi di venire distratto dalla senatrice Gaeriel Captison.

Eppure il solo ricordo delle sensazioni che aveva provato quando la sua presenza aveva risposto alla sua sonda lo faceva ancora rabbrividire. O almeno le sensazioni prima dell’improvviso cambiamento della ragazza. Non aveva mai sperimentato prima un tale e improvviso radicale passaggio dall’attrazione al disgusto. Doveva assolutamente parlarle. Se era tanto veemente nella sua opposizione ai Jedi avrebbe potuto mandare a monte ogni possibilità residua che Leia riuscisse a negoziare un trattato. Comunque, preferiva la sua onesta posizione all’essere ignorato. All’inizio, almeno.

Prima che Luke si sentisse pronto, la sua navetta scese sulla scura superficie artificiale che aveva indovinato essere il presidio. Il pilota alleato molto nervoso aiutò Luke a scaricare C1 e poi ridecollò in fretta verso lo spazioporto. Luke guardò in alto, verso il muro di cinta del presidio. Sopra e oltre una barriera sfrigolante di corrente ad alta tensione, assaltatori percorrevano le passerelle sospese tra enormi reti di osservazione. Un campo di forza iridescente, che sprizzava di tanto in tanto qualche scintilla, chiudeva il varco fra le due torri. Droidi di pattuglia si diressero verso di lui da tre direzioni diverse.

Sì, questo era l’Impero. Luke si avvicinò al cancello, pieno di baldanza. «Vieni, C1.»

Un paio di soldati di Marina protetti da elmetti neri uscirono da dietro una delle torri. Il campo di forza si interruppe. «Comandante Skywalker?» chiese uno dei due, con la mano sul fulminatore.

Io sono la pace. Luke unì le mani davanti al petto. «Sono qui per parlare con il comandante Thanas.»

«E il droide?»

«Deposito dati.»

Il soldato emise una breve risata. «Spionaggio.»

«Probabilmente darò al comandante Thanas più informazioni di quante ne fornirà lui a me.»

«Aspetti qua.» Il soldato scomparve dentro la torre.