Luke guardò il campo oltre la rete. Un camminatore AT-ST gli passò davanti, come una grossa testa di metallo grigio su gambe. L’edificio principale del presidio si levava in lontananza all’interno di un vasto spiazzo. Poteva anche essere un disegno standard, ma da vicino sembrava davvero impressionante. Luke calcolò che doveva essere alto almeno come un edifico a otto piani. A ogni angolo del livello superiore si levavano gigantesche e rilucenti torrette armate di turbolaser, come guardiani del castello di un gigante. Da questa angolazione si intravedevano due grossi trampolini di lancio puntati contro il cielo. Quanti caccia TIE potessero custodire era solo materia di congettura. Non avrebbe mai osato avvicinarsi a questo posto con una squadriglia di caccia Ala-X. Da solo era molto più al sicuro. O così sperava.
Il soldato tornò con un controllore per il comando del bullone di costrizione del droide e un disco a repulsione con due supporti laterali. «Il droide entrerà montato sul disco», ordinò il soldato, «e spento. Se vuole può portare il suo controllore personale, ma la riattivazione non autorizzata di questa macchina verrà considerata un atto ostile.»
C1 emise un bip nervoso.
«Va tutto bene», lo rassicurò Luke. «Non ti preoccupare.» Lasciò che il soldato disattivasse il convertitore di potenza principale di C1. Una volta che il droide, ridotto al silenzio, fu caricato sul disco a repulsione, Luke controllò che fosse assicurato bene ai due supporti laterali, in modo che il suo amico metallico non potesse cadere a terra inaspettatamente. Toccò il suo controllore appeso accanto alla spada laser. Gli ricordava il sogno fatto su Endor.
Non gli erano mai piaciuti i bulloni di costrizione. Era probabile che anche il personale del governatore Nereus avesse dei controllori, con i quali avrebbero potuto comandare C1 e 3BO nonostante il programma personale dei due droidi.
«Mi segua», disse il soldato. Lo condusse a una speeder coperta. Luke si sedette nel sedile centrale e agganciò a un lato il cavo di traino del disco a repulsione. Si inoltrarono velocemente nella base. La superficie che dall’alto era sembrata nera, ora si rivelava banale permacciamento grigio scuro. Tipico della burocrazia imperiale, coprire qualunque cosa naturale si fosse trovata davanti.
Lo shuttle passò attraverso un paio di colossali porte a prova di scoppio, sistemate fra due torri di guardia ed entrò in un garage permeato del familiare odore militare di carburante e polvere. Il soldato parcheggiò la speeder a un molo per speeder bike che era affollato di tecnici per la manutenzione. Luke sentì una terribile curiosità che lo pungeva da ogni parte. Mi dispiace ma non sono un prigioniero. Non ancora. Mentre sganciava C1 la curiosità si trasformò in ostilità. Alzò un dito e mosse una stringa della Forza. Qualcosa di pesante cadde all’altra estremità del molo.
I tecnici corsero verso il rumore. Luke gli passò attraverso, ignorato da tutti, seguendo il soldato che guidava il disco a repulsione di C1. Passarono lungo un corridoio stretto, con pareti nude che si stringevano verso l’alto per incontrare un soffitto ancora più stretto e poi entrarono in un turboascensore ad alta velocità. Lo stomaco di Luke si contrasse mentre acceleravano.
Scesero a un altro livello, trovandosi a un’estremità di una lunga sala rettangolare. Ogni cosa, qui, era grigia: le pareti, il pavimento, il soffitto, i mobili, le facce; i contrasti si notavano facilmente. Un ufficiale vestito di nero uscì da una porta e rientrò in un’altra. Truppe d’assalto stavano di guardia davanti a ogni porta, sentinelle in armatura bianca. Luke camminò rigido davanti a loro, gli occhi fissi davanti a sé, ma i suoi sensi di Jedi aperti a trecentosessanta gradi e la mano sulla spada laser.
In un’area circolare Luke vide un uomo che si dirigeva verso di loro dal corridoio di fronte. Il portamento eretto e il passo misurato gli rivelarono chi era. Il volto stretto e lungo e i radi capelli ricci confermarono la sua ipotesi. Luke si avvicinò. «Comandante Thanas.»
«Comandante Skywalker.» Thanas lo guardò dall’alto, dietro un naso aquilino. «Di qua, la prego.» Si voltò su se stesso e tornò indietro. Alto e magro come un chiodo, emanava una tranquilla sicurezza che ricordava a Luke tutti gli occhi imperiali che lo circondavano... come se ne avesse avuto bisogno. Contando il numero di armi visibili nel corridoio, Luke seguì Thanas tirandosi dietro il disco a repulsione.
Al termine del corridoio, Thanas entrò in un ufficio e Luke lo seguì. A parte un curioso pavimento che ricordava un tappeto di muschio, la stanza era arredata con molta semplicità: evidentemente era un luogo dedicato al dovere, non al piacere. Perfino le pareti grigie erano prive di ricordi o decorazioni, come se Thanas non avesse nessun passato. La sua semplice scrivania rettangolare aveva, per quanto poteva vedere Luke, un’unica serie di comandi inserita nel piano del tavolo.
«Si sieda.» Thanas indicò una sedia a repulsione. Lasciando C1 spento, Luke si sedette. Thanas fece un gesto verso un’unità di servizio. «Gradisce qualcosa da bere? Il liquore locale è sorprendentemente buono.»
Luke esitò. Anche se il liquore non fosse stato drogato, avrebbe potuto essere abbastanza forte da confondergli le idee. E comunque, il suo istinto diceva che non era il caso di accettare. «Grazie, no.»
Thanas rimase seduto senza versare niente per sé. Incrociò le braccia, con le mani sui gomiti. «Le confesserò, Skywalker, che non mi aspettavo di vederla arrivare. Credevo che mi avrebbe chiesto di incontrarci da qualche altra parte.»
Luke scrollò le spalle. «Sembrava più pratico vedersi qua.» Si protese a sentire la presenza di Thanas. Attento, con un pizzico di ammirazione, sospettoso ma senza intenzione di ingannarlo: fiducioso, per ora, con un sottofondo innegabile di onestà.
«Vero.» Thanas toccò un comando sulla sua scrivania. Delle antenne da proiezione retrattili salirono dolcemente dal loro alloggiamento sulla scrivania. Sopra di loro apparve un grosso globo verde-azzurro. «Perché non diamo un’occhiata alla battaglia che avete tanto audacemente interrotto?»
«Eccellente idea. Posso?» Luke indicò C1 con il controllore.
«Ma certo.»
Luke accese il piccolo droide. La cupola di C1 ruotò e si fermò con il fotorecettore blu diretto verso l’ologramma di Thanas.
La battaglia era cominciata con un attacco frontale lanciato dall’intero schieramento ssi-ruuvi. Era come Luke aveva già indovinato, l’offensiva finale contro un avversario indebolito, e l’inizio dell’invasione del pianeta. Le sue forze erano arrivate appena in tempo.
«Posso vederlo di nuovo?» chiese Luke mentre i puntini blu che rappresentavano gli Imperiali si raggruppavano per ritornare all’attacco.
Thanas scrollò le spalle e fece ripetere gli ultimi secondi di proiezione.
«È una manovra standard, quella?» chiese Luke.
Thanas unì le dita delle mani. «Mi dovrà scusare se scelgo di non rispondere a questa domanda.»
Luke annuì e registrò mentalmente la manovra sotto «massima sicurezza».
«Mi dica», domandò Thanas, «è vero che uno dei vostri piloti è intervenuto nella battaglia con un mercantile, o sono i sensori della mia flotta che non funzionano bene?»
Luke riuscì a reprimere un sorriso. Se Thanas non sapeva niente sul Falcon non sarebbe stato certamente lui a illuminarlo. «Lei deve tenere presente che la maggior parte dell’appoggio che l’Alleanza riceve proviene da settori ai margini della legalità.»
«Contrabbandieri?»
Luke scrollò le spalle.
«Probabilmente modificati al di là di ogni standard di sicurezza.»
«È molto difficile procurarsi dell’equipaggiamento a livello di quello imperiale.»
«Solo dopo averlo chiesto mi sono reso conto delle implicazioni della tecnologia HoloNet presente sulla vostra nave ammiraglia.»
Era meglio lasciare perdere quell’argomento. «Vi rendete conto di qual è la posta in gioco qui?» Luke gli raccontò quello che aveva concluso sulle intenzioni degli Ssi-ruuk. «Perché l’imperatore si era messo in contatto con loro?»