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«Sì, li abbiamo fatti a pezzi», gioì Han. Tutto il tavolo sembrò infiammarsi di ostilità. Perfino Leia gli scoccò un’occhiataccia. Un domestico raddrizzò la sedia di Captison, che si risedette.

Ma il governatore Nereus scosse la testa. «Principessa Leia», disse mentre si alzava, «se le vostre truppe sono disposte a collaborare con le mie, in cambio di una tregua... abbiamo bisogno di aiuto.»

Leia raddrizzò le spalle. «Una tregua ufficiale, vostra eccellenza?»

«Ufficiale quanto è in mio potere decretare.»

A Luke sembrava una risposta evasiva, ma evidentemente per Leia era sufficiente. Si alzò in piedi e tese la mano. Il suo grosso braccialetto luccicava al suo polso; sembrava che aggiungesse alla sua mano il peso di molti sistemi stellari. Era una bella distanza da coprire per una stretta di mano, sia metaforicamente sia concretamente. Per la prima volta nella storia, i Ribelli e gli Imperiali combattevano assieme contro un nemico comune.

La mano carnosa e guantata di Nereus inghiottì quella di Leia. Poi alzò il bicchiere. «Alle strane alleanze.»

Leia sollevò il suo bicchiere. Belden e Captison la imitarono. Luke trattenne il fiato e afferrò il proprio calice. «Respingere gli Ssi-ruuk non sarà facile», notò. E nemmeno bere un’altra dose di quel liquore. «Le nostre due forze dovranno cooperare completamente.»

«Giusto», confermò Han. «Altrimenti finiremo tutti a motivare un droide ssi-ruuvi. Assieme.»

Gaeriel rabbrividì e toccò con l’orlo del suo bicchiere quello di Luke. Il millilitro di nettare che Luke ingoiò si fece sentire fino in fondo al suo stomaco.

Tutt’attorno al tavolo, i commensali avevano cominciato a salutarsi. Luke, riluttante ad andarsene, respirò a fondo il sapore di Gaeriel. Preoccupata? «Che cosa c’è?» chiese all’improvviso-. Di certo non poteva desiderare che lui si fermasse ancora. Sarebbe stato sperare troppo.

Fissando il centro tavola, Gaeriel mormorò: «Ora che il governatore Nereus non ha più la Morte Nera alle spalle, dovrà ricorrere a qualche altro tipo di minaccia per tenerci in riga».

Una minaccia più concreta. Luke si sfregò il mento. «Se non fosse per gli Ssi-ruuk, ricomincerebbe i rastrellamenti?»

Le guance di Gaeriel sbiancarono. «Come fa a sapere...» Non finì la frase.

Non ce n’era bisogno. «Procedura standard imperiale. L’abbiamo visto fare su tanti mondi.»

Per un momento Gaeriel sembrò ritirarsi in se stessa. Dall’altra parte del tavolo Leia e Han si alzarono e si allontanarono in due direzioni opposte. Nessuno dei due aveva un’aria contenta.

Un’altra piccola spinta. «È sicura di credere nell’Impero?» mormorò Luke.

La ragazza si accigliò. Ammiccò con i suoi occhi spaiati.

Inghiottì un ultimo sorso di liquore di namana e si alzò assieme a lui. «È un equilibrio. Ogni cosa contiene in sé la luce e le tenebre. Anche i Jedi, suppongo.»

«Sì», mormorò Luke. Se solo quella serata avesse potuto durare una settimana. Chiedile se puoi rivederla! Era un suggerimento di Ben o un impulso tutto suo? «Perché non concludiamo questa conversazione domani?»

«Dubito che ce ne sarà il tempo.» Con un’espressione gentile ma sollevata, gli porse la mano.

Non aveva visto quell’ufficiale imperiale baciare la mano di Leia? Era quella la cosa da fare in questo caso?

Decidendo di rischiare, sollevò alle labbra la mano di Gaeriel. Lei non la ritirò. Aveva lo stesso sapore del candito di namana. In fretta, prima che il suo coraggio svanisse, sfiorò le sue nocche con le labbra. Si sentiva uno stupido. Non si sarebbe mai più azzardato a fare una cosa del genere.

Gaeriel gli strinse brevemente la mano, poi si liberò e si diresse verso il senatore anziano Belden. Luke rimase fermo, sfregandosi la mano e cercando di immaginare Gaeriel come parte del suo futuro.

Per la Forza, l’indomani avrebbe trovato il tempo di finire quella conversazione a costo di costruirselo.

10

Dev si mise in piedi barcollando. Si era risvegliato sul pavimento di una cabina rotonda, troppo calda e piena di luci e rumori meccanici. Sopra i banchi di strumentazione le paratie si incurvavano verso l’interno fino a incontrarsi con il soffitto.

Doveva essere sul ponte. Era molto raro che gli venisse permesso di entrare qui. La sicurezza del ponte era una delle priorità massime. Il capitano della Shriwirr e l’ammiraglio Ivpikkis erano acquattati vicino a Scaglia Blu. Tutti e tre lo stavano guardando, sbattendo lentamente le palpebre.

A quanto sembra, l’esistenza di qualcun altro in grado di usare la Forza era una questione di grande importanza.

Lo aveva saputo ma dimenticato. Che razza di giochi stavano giocando alla sua mente? Era in sé, ora, o ingannato dalle loro manipolazioni? Che il contatto con lo straniero, per quanto breve, avesse sconvolto a tal punto le sue facoltà mentali?

«Ripeti quello che hai detto all’anziano Sh’tk’ith», ordinò il padrone Firwirrung dalla sua sinistra. «Hai detto che era qualcuno simile a tua madre, ma un maschio?»

Dev studiò le piastre metalliche che rivestivano il pavimento: era appena in grado di ricordare com’era stato il tocco leggero di sua madre sulla sua mente. Era da quando aveva trovato Firwirrung che non sentiva più tanta nostalgia di casa. Aveva pensato di essere a casa. «Simile», mormorò, «ma diverso.»

«Diverso come?» chiese Firwirrung.

«Questo aveva la... la forma, il senso di disciplina che aveva la mamma, ma la mamma non era... così forte.»

L’occhio sinistro dell’ammiraglio Ivpikkis andò da Dev al capitano. Era un occhio così bello e sembrava roteare. Da un angolo della mente di Dev una sorgente di entusiasmo cominciò a sgorgare. Questa era la sua vera personalità. Li amava. «Be’, se questo è stato addestrato», esclamò Dev, «potrebbe riuscire a mettersi in contatto con altri umani. Anche da lontano!»

La grossa testa di Firwirrung con la sua «V» nera si voltò verso di lui. «Questa sì che è un’idea interessante/Lontano quanto, secondo te?»

Dev si sentiva di nuovo pieno di energia. «Non lo so», ammise, «ma eravamo lontani parecchi anni luce quando io ho avvertito la morte dell’imperatore.»

«È vero», fischiò Scaglia Blu. Toccò la spalla rivestita di squame di Firwirrung. «Se avessi un contatto diretto abbastanza forte, riusciresti a effettuare un intecnamento a distanza?»

«È possibile..» Firwirrung agitò la coda. «Dovremmo modificare l’apparato... sì. Dovremmo modificarlo in modo che possa mantenere questo umano forte in vita, in uno stato di magnetizzazione, per fargli richiamare energie da fuori.»

Anche la coda dell’ammiraglio Ivpikkis cominciò a muoversi in segno di eccitazione. «Un rifornimento diretto di umani. Potremmo appropriarci di tutto lo spazio conosciuto, non solo di questo Impero umano.»

Avvertendo il loro entusiasmo, Dev intrecciò le dita e le strinse forte.

«Faccio osservare», disse l’ammiraglio Ivpikkis, «che a questo punto è necessario un altro cambiamento di strategia. Prima cerchiamo di assicurarci il possesso di questo umano forte. Poi mettiamo alla prova la teoria. Se funziona anche in pratica, possiamo richiamare il grosso della flotta...»

Parlavano in fretta fra loro. Ora che Scaglia Blu lo ignorava, Dev appassì visibilmente. Riusciva a malapena a sentire quello che diceva. Era sempre stata la loro mascotte, il loro amato umano. Lo avrebbero messo da parte con un colpo di coda, adesso?

Si toccò la gola. Avrebbe finalmente avuto il suo droide da combattimento, ma a quale costo? La sua ansiosa attesa era marcita come quel cibo rappreso che aveva pulito dal ponte. L’intecnamento avrebbe dovuto essere la sua ricompensa, non...

Avrebbero finito per intecnarlo solo perché non avevano più bisogno di lui. Voleva il suo droide da combattimento, sì, ma era il loro amore quello che veramente desiderava.

Tutti e tre si voltarono contemporaneamente. Firwirrung accarezzò il braccio di Dev, provocando amorevolmente una irritazione rossastra. «Aiutaci. Tenditi nell’universo invisibile. Dacci un nome, una localizzazione. Aiutaci a trovarlo.»