Gettò da parte la paura e la finta umiltà e riconsiderò l’avvertimento alla luce di quello che sapeva delle intenzioni e dei metodi degli Ssi-ruuk. In quel contesto il concetto che gli era stato trasmesso appariva come un rischio reale e agghiacciante.
Che razza di terribile errore aveva commesso Ben Kenobi mandando qui proprio lui? D’altra parte i maestri Jedi non erano infallibili. Yoda aveva creduto che Luke sarebbe morto su Cloud City. Ben aveva pensato di essere in grado di addestrare Anakin Skywalker.
Si circondò le ginocchia con le braccia. Se Yoda e Ben potevano sbagliare, anche Luke Skywalker poteva fare degli errori. Errori che avrebbero potuto rivelarsi fatali.
Se l’avvertimento era reale, il futuro avrebbe pur dovuto rivelare qualche traccia di un pericolo imminente. Come navi viste in lontananza, le visioni del futuro a volte cozzavano l’una contro l’altra, ma qualunque suggerimento che lui potesse essere di aiuto agli Ssi-ruuk nella loro guerra avrebbe confermato la genuinità di quello strano avviso.
Si calmò, controllò il respiro e il battito del suo cuore e si tese in avanti per scandagliare, nella mente, il futuro. Alcune cose gli erano nascoste, altre che pure vedeva, erano decisamente improbabili. Secondi, minuti, mesi dopo, vide la possibilità: una mappa del futuro che mostrava l’impero ssi-ruuvi addentrarsi fino al cuore della galassia. Come Han aveva temuto, erano capitati nel bel mezzo di una trappola... ma era una trappola molto più pericolosa di quanto avessero mai sospettato.
E gli Ssi-ruuk stavano per invadere Bakura.
Dev si voltò nel letto, afferrandosi ai cuscini. Quello là fuori era davvero un Jedi. Questa volta aveva avvertito l’inconfondibile controllo di una mente addestrata... perfino quando non era del tutto sveglio.
La cabina di Firwirrung era illuminata da luci brillanti, ma lui non si sentiva affatto riposato. «Padrone?» mormorò. «È già ora di alzarsi?»
Firwirrung uscì dal nido. «È la porta», fischiò. «È per me, torna a dormire.»
Dev si rannicchiò nel letto ma tenne un occhio aperto. Il portello scivolò di lato e rivelò una massiccia sagoma bluastra. «Accomodati.» La voce di Firwirrung era alterata dalla sorpresa. «Benvenuto.»
Scaglia Blu marciò verso il letto. Dev cercò di distendersi, ma tutti i suoi muscoli erano tesi allo spasimo. Aveva indovinato che cosa lo aspettava: l’anziano aveva cambiato idea e così lo aveva perduto. La cocca tonda di un proiettore ionico sporgeva dalla borsa che portava in spalla.
«L’ammiraglio Ivpikkis ha ideato una nuova missione per il nostro giovane alleato umano», cantò Scaglia Blu. «Ma dev’essere rinnovato di fresco per poterla cominciare.»
In preda al panico, Dev avrebbe voluto alzarsi e fuggire. Ma fuggire dove?
Firwirrung ammiccò piano con le tre palpebre pesanti. «In questo caso è un onore per me, anziano, consegnarti Dev.»
Scaglia Blu chiuse uno dei suoi enormi artigli attorno al braccio destro di Dev e lo tirò su per aria. Dev scalciò e cercò di trovare con i piedi il contatto solido del ponte.
Scaglia Blu lo lasciò andare. «Incamminati davanti a me», fischiò. «Firwirrung ci seguirà.»
Dev trascinò i piedi fuori del portello e su per il corridoio illuminato da fioche luci notturne, perché era in corso il turno di riposo. Avrebbe potuto combattere, sopravvivere ancora per un po’, libero di pensare se non di agire... ma solo per qualche minuto. E se Scaglia Blu fosse riuscito con le minacce, l’inganno e l’ipnosi a fargli confessare quello che aveva appena fatto, gli Ssi-ruuk avrebbero potuto (ucciderlo subito, gettando via nella loro giusta ira la sua energia vitale. Più volte li aveva visti picchiare un P’w’eck a morte con le loro grosse code.
Peggio ancora, se gli Ssi-ruuk avessero capito che Skywalker sapeva delle loro intenzioni ed era pronto ad affrontarli, avrebbero trovato un modo per catturarlo comunque: impiegando più forza, o una tecnologia nuova. In questo caso nemmeno un Jedi avrebbe potuto sfuggirgli. La galassia sarebbe caduta in loro potere.
Dev riusciva a pensare a un solo modo per sfuggirgli. Usando quel poco che aveva di abilità nella Forza avrebbe potuto immergersi volontariamente nella trance del rinnovamento, evitando così la coscienza ipnotizzatrice di Scaglia Blu.
L’idea lo rivoltava. Il rinnovamento avrebbe voluto dire che Dev Sibwarra, l’umano, sarebbe morto di nuovo. Avrebbe dimenticato tutto ciò che lo rendeva libero.
Ma libero per quanto? Lasciando cadere la testa, fece una smorfia di disperazione. Era già morto innumerevoli altre volte, e sempre per nulla. Questa volta, almeno, avrebbe salvato dozzine di milioni di umani... e un Jedi. Era un piccolo, oscuro sacrificio, il suo, ma avrebbe comprato molte vite. Se poteva, avrebbe cercato di aiutarli. Avrebbe fatto onore alla memoria di sua madre.
A schiena ritta, più di quanto lo fosse stata negli ultimi cinque anni, Dev precedette Scaglia Blu attraverso un portello anche troppo familiare.
«Sei sveglia, piccola creatura?»
Dev sbatté le palpebre. Giaceva su un pavimento tiepido cosparso di protuberanze accanto a un paio di enormi zampe dotate di artigli. Conosceva bene quel canto sibilante e l’odore di quel fiato. Una testa blu dal volto stretto e lungo si chinò su di lui. Si sentiva fresco e nuovo come un cucciolo appena uscito dall’uovo.
«Ti ho guarito», disse...? Dev lottò per ricordare il nome. «Benvenuto alla tua nuova, piena gioia.»
Dev si alzò e abbracciò... abbracciò... Scaglia Blu!... e nel farlo una imbarazzante quantità di liquido salato uscì dai suoi occhi. «Grazie», sussurrò.
«Adesso hai solo i pensieri, le emozioni e i ricordi che possono renderti più forte. Non ti è rimasto niente della cianfrusaglia di emozioni che tanto complica la vita dei tuoi padroni.» Scaglia Blu intrecciò gli snelli arti superiori sul petto.
Dev respirò a fondo, felice. «Mi sento così pulito.» Non ricordava come avesse fatto Scaglia Blu a renderlo così. Non riusciva mai a ricordarlo. Era ovvio, quindi, che si trattava di un ricordo che non poteva aiutarlo nella sua vita di servizio altruistico. Ma qualunque cosa gli procurasse tanta pace non poteva che essere bene. E chiunque glielo procurasse non poteva che essere buono. Doveva trattarsi di un lavoro lungo, faticoso.
Il padrone Firwirrung aspettava fuori dalla camera di Scaglia Blu, con la coda possente che si muoveva nervosa. Dev si sentì male nel contemplare la preoccupazione che faceva contrarre quei begli occhi neri. Evidentemente Firwirrung si era preoccupato per lui. Questo gli fece capire di essere stato ripulito da qualcosa di molto malvagio. «Mi sento meglio, padrone», annunciò Dev. «Ho già ringraziato il nostro onorevole anziano. Grazie anche a lei.»
Firwirrung gli toccò una spalla con l’artiglio destro e fece ondeggiare la grossa testa, con le lingue nasali che saettavano. «Prego», rispose.
«Ora andiamo dall’ammiraglio Ivpikkis», cantò Scaglia Blu.
Sì, la missione! Adesso ricordava: avrebbe avuto il supremo privilegio di aiutare la causa dell’Impero ssi-ruuvi. Dev s’incamminò fra l’anziano e il suo padrone con la testa china e le mani prive di artigli serrate l’una sull’altra. Aveva occhi bianchi, pelle pelosa, e un piccolo corpo puzzolente privo di coda. Chi era lui per meritare tutte queste gentilezze da parte loro? Per meritare tanta felicità al loro servizio e un lavoro così importante in cui impegnare la sua vita?
Una serie di clangori discordanti svegliarono Luke da un sonno agitato. Accanto al suo letto c’era una luce intermittente, ma per il resto la sua camera era immersa nell’oscurità. «Che cosa c’è?» farfugliò, ancora assonnato. Aveva fatto un sogno macabro... no, era stato un avvertimento. «Che cosa succede?»
«Comandante Skywalker?» disse una voce maschile dalla consolle accanto al letto. «È sveglio?»
«Quasi», rispose. «Che cosa c’è?»
«Qui è la capitaneria di porto di Salis D’aar. Abbiamo avuto dei problemi con alcune sue, uh, truppe. Al complesso Bakur ci dovrebbero essere degli speeder a disposizione degli ospiti. Tra quanto tempo pensa di poter arrivare sul tetto dell’edificio?»