Выбрать главу

Che fosse una trappola? Aveva qualcosa a che fare con l’avvertimento del suo sogno? Saltò fuori dal suo caldo, confortevole letto. Si sentiva riposato, almeno, e le ossa non gli dolevano più. «Sto arrivando.»

Si vestì in fretta e decise di svegliare Chewbacca e di portarlo con sé. Chewie non avrebbe perso tempo a vestirsi e avrebbe fornito un paio di occhi, un cervello e soprattutto, tanti muscoli in più. Han doveva restare con Leia, però. Le aveva sentito dire qualcosa a proposito di una colazione di lavoro con lo zio di Gaeriel.

Problemi. Non riusciva a immaginare che delle truppe ribelli potessero causare dei problemi...

Be’, no, in realtà ci riusciva. Agganciò alla cintura la sua spada laser.

Uscì di corsa dalia sua stanza ed entrò in quella di Chewie, fece per accostarsi al letto, ma poi cambiò idea. Non voleva avere a che fare con un Wookiee svegliato di soprassalto. «Chewie», bisbigliò, «svegliati. Abbiamo dei problemi.»

«Rallenta, Chewie.»

Chewbacca stava conducendo il landspeeder lungo la strada curva che portava allo spazioporto. Luke guardò davanti a sé, sulla destra. La piattaforma dodici, la temporanea base a terra dell’Alleanza, era proprio oltre l’ultima strada radiale che si dipartiva dalla torre di controllo. Da questa parte della strada le luci dello spazioporto erano accese, ma al di là la notte era illuminata solo dai lampi occasionali che avevano tutta l’aria di colpi di fulminatore. O qualcuno aveva sparato ai riflettori della piattaforma dodici oppure erano stati spenti. E dov’era la sicurezza dello spazioporto?

Svoltarono a sinistra, oltre la piattaforma dodici e verso la strada d’accesso che passava attraverso un cancello nella rete metallica. Il cancello era aperto. Nessuna traccia di sentinelle, notò Luke. Forse erano entrate per sedare i disordini. Riassestò l’orlo del suo parka, che tendeva a salire. Lì fuori, fra i due fiumi, di notte, e con l’aria così umida non era per niente caldo.

Quattro piattaforme di atterraggio/lancio erano raggruppate fra le strade d’accesso e i confini dello spazioporto e in mezzo c’era un piccolo, squallido posto di ristoro che aveva l’aspetto di due case unite ad angolo retto. Qualcuno, in piedi lì accanto, gli fece segno di scendere.

Chewie fece atterrare il landspeeder nell’angolo fra i due edifici. Con il motore a repulsione spento, un silenzio sinistro regnò per circa dieci secondi. Poi un’altra scarica di fulminatore fece rizzare i capelli in testa a Luke e illuminò la sagoma di una gru di carico. La persona che li aveva fatti scendere corse verso di loro. «Manchisco!» esclamò Luke. «Che cosa succede?»

Il capitano della Flurry scosse le trecce nere. «I nostri alleati, quelli laggiù, insistono a dire che hanno intrappolato un paio di Ssi-ruuk dietro una delle nostre navi. Non sono riuscita ad avvicinarmi abbastanza per poterlo confermare. Sparano a tutto quello che si muove.»

«C’è qualcuno che ha un macrobinocolo?» Han ne aveva un paio sul Falcon, duecentocinquanta metri più in là.

Manchisco scosse la testa.

«Be’, muoviamoci. Anche tu, Chewie!» Luke corse verso la gru, afferrando la sua spada laser. Prima che potesse raggiungerla una voce gridò: «Voi tre! Mettetevi al riparo! Tornate indietro! Gli alieni sono atterrati! Hanno ucciso due dei nostri!»

Manchisco si mise al riparo dietro il dubbio rifugio di un’unità di ricarica grande più o meno come C1. Chewie continuò ad avvicinarsi con prudenza alla gru.

«Gli Ssi-ruuk non uccidono», mormorò Luke. «Prendono prigionieri. Chewie, coprimi.» Se gli Ssi-ruuk erano qui, preferiva averci a che fare in prima persona... nonostante l’avvertimento che aveva ricevuto.

Ma aveva un brutto presentimento. Afferrò e accese la spada laser. La sua luce fioca gli mostrò Chewbacca che puntava la balestra nel buio. «Fermati lì», disse Luke piano. «Va bene così.»

Di nuovo quel silenzio sinistro. «Cessate il fuoco, tutti quanti!» urlò Luke. Passo dopo passo, avanzò tenendo la spada laser davanti a sé. Anche se la luce che mandava era fievole, specie in confronto ai riflettori che illuminavano il resto dello spazioporto, era l’unica luce disponibile nella piattaforma dodici.

Superò l’angolo di una cannoniera alleata. Due corpi umani erano distesi sulla strana superficie vitrea dello spazioporto, Li superò, ascoltando attentamente nel tentativo di percepire tracce di intenzioni ostili. Ma tutto quello che sentiva erano panico e paura.

Davanti a lui vide una serie di barbagli geometrici: le strutture metalliche di un’altra gru che riflettevano la luce della spada laser. «Chi va là?» gridò Luke. «Fatevi vedere!»

Un Calamariano con la grossa testa oblunga apparve da dietro la gru. Poi ne spuntò un altro.

Luke gemette e corse verso di loro. «Che cosa ci fate qui?» volle sapere.

«Siamo in licenza», ansimò uno dei due, stando molto dritto nel suo alto colletto rotondo.

«Autorizzata?» chiese Luke. Di certo il loro ufficiale superiore doveva aver avuto il buonsenso di capire...

Il Calamariano agitò una mano pinnata. «Ma certo, comandante. Era il nostro turno. Siamo stanchi come tutti gli altri. Ma questi stranieri ci hanno visti.»

«E così li avete uccisi?»

«Comandante, ci stavano attaccando! Dieci di loro! E hanno sparato per primi, comandante.»

Luke avrebbe tanto voluto tornare a Endor. «Uno di voi venga con me.»

«Signore?» Il Calamariano fece un passo indietro, stringendo il suo fulminatore.

«È un ordine», confermò Luke, secco. «Seguitemi da vicino, in modo che vi possa coprire.»

Lentamente uno dei due alti alieni si districò dal suo nascondiglio dentro la gru. Un colpo di fulminatore arrivò da lontano. Luke girò su se stesso e lo respinse, poi urlò: «Cessate il fuoco! Chewie, sbattigli la testa l’uno contro l’altro se non trovi altro modo di convincerli!»

Un ruggito wookiee echeggiò nello spazio vuoto fra la nave e la gru. «Va bene», rassicurò Luke. «Vieni con me.»

Camminando un po’ più piano, questa volta (i Calamariani non potevano muoversi molto in fretta Luke ritornò sui suoi passi fino alla cannoniera. Evitò di passare vicino ai cadaveri. «Chewie, dove sei?»

Un altro colpo di fulminatore gli passò vicino e poi un altro. Luke saltò e si girò, parando i colpi senza pensare.

Improvviso com’era cominciato, il fuoco cessò. Uno strano scricchiolio venne dalla gru più avanti... e il ruggito inconfondibile di un Wookiee furioso. Luke alzò la spada laser per vedere meglio. La torre metallica oscillò violentemente. Su in alto diverse sagome scure erano aggrappate ai sostegni, nere contro il cielo blu notte. Diversi fulminatori caddero a terra con un rumore di ferraglia.

«Benfatto, Chewie», gridò Luke. Afferrò meglio la spada laser. «D’accordo», urlò, «scendete a terra tutti quanti. Guardate bene. Questo è un Mon Calamari. Non uno Ssi-ruuk. Guardatelo!» Sentì dei rumori nell’oscurità, ma nessuna faccia apparve nel cerchio di luce verdastra gettato dalla spada laser. «Avanti», esortò, perdendo la pazienza.

Dopo tre secondi di silenzio, sentì un latrato di Chewie.

A questo punto dieci umani, otto uomini e due donne, vestiti in un assortimento confuso di cappotti ampi e berretti di lana, uscirono allo scoperto. Nessuno di loro sembrava più essere armato. Uno dei maschi, più basso e magro degli altri, indicò il Calamariano. «Ha ragione... non è un Flautato», ammise. Luke riconobbe la voce. Era lo stesso che lo aveva avvertito di mettersi al riparo.

Un uomo più alto e grosso si aprì un varco fra gli altri e avanzò strizzando gli occhi. Il chiarore verde della spada laser non avrebbe reso giustizia a nessuna faccia, ma Luke indovinò che in qualunque altra luce questo tizio avrebbe conservato le stesse borse scure sotto gli occhi sporgenti. «Sta’ zitto, Vane!»