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Il giovane tenente Matthews si raddrizzò sulla consolle di servizio e girò la testa. «Eccolo che arriva», annunciò.

Madine e Mothma si chinarono sullo schermo. Luke allungò il collo per vedere meglio.

Dal governatore imperiale Wilek Nereus del sistema di Bakura, al suo eccellentissimo sovrano imperiale, Palpatine: saluti.

Quindi, ancora non avevano sentito la notizia. Sarebbero passati mesi, forse anni, prima che tutti nella galassia si rendessero veramente conto che il regno dell’imperatore era finito. Luke stesso faceva fatica a crederci.

Bakura è sotto attacco di una forza d’invasione aliena proveniente da oltre i vostri domini. La forza stimata del nemico è di cinque incrociatori, diverse dozzine di navi d’appoggio, più di mille caccia. Tecnologia sconosciuta. Abbiamo perso metà delle nostre forze di difesa e tutti gli avamposti nella parte esterna del sistema. Le nostre trasmissioni sull’holonet dirette al centro imperiale e alla Morte Nera non hanno ricevuto nessuna risposta. Mandare urgentemente, ripeto urgentemente, rinforzi.

Madine tese un braccio oltre il tenente Matthews e toccò un comando sul pannello. «Altri dati», esclamò. «Abbiamo bisogno di più informazioni.»

La voce di un droide del servizio informazioni arrivò attraverso il comunicatore. «Ci sono dei dati visuali ausiliari, signore, se vuole vederli, oltre a parecchi file di dati il cui accesso è protetto da codici imperiali.»

«Così va meglio.» Madine toccò la spalla del tenente. «Datemi le visuali.»

Sul tavolo olografico centrale un proiettore si sollevò con un ronzio. Improvvisamente, sopra il tavolo, apparve una scena che trascinò via il dolore di Luke in un torrente di adrenalina. Yoda mi picchierebbe sulle nocche con il suo bastone, osservò Luke. Avventura... emozioni... un Jedi queste cose non ambisce. Cercò di raggiungere la calma interiore di un vero Jedi, perché là fuori un mondo terrorizzato aveva bisogno del suo aiuto.

Una nave da pattuglia imperiale di un tipo che Luke aveva studiato ma che non si era mai trovato di fronte in battaglia, raffigurata con una proiezione tridimensionale di linee arancione, occupava il centro della scena. Luke si chinò per esaminare meglio le sue postazioni laser, ma prima che potesse vedere qualcosa la nave vomitò in silenzio una nuvola di gusci di salvataggio gialli. Un altro oggetto, anche questo arancione, entrò in silenzio nel campo visivo, dominandolo con la propria sinistra mole: era molto più grande del pattugliatore e dal profilo molto più irregolare rispetto agli incrociatori Mon Cal dei Ribelli; una sagoma vagamente ovoidale, ma coperta di bitorzoli che sembravano vesciche.

«Controllate quella nave», ordinò Madine.

Dopo circa tre secondi la voce monotona del droide del servizio informazioni rispose: «Né l’Alleanza né l’Impero hanno navi di quel tipo».

Luke trattenne il fiato. L’immenso veicolo attaccante incombeva sulla tavola, sempre più grande. Ora riusciva a distinguere una cinquantina di cannoni... o erano antenne? Sei caccia TIE color rosso vivo comparvero su vettori convergenti, poi tutto a un tratto rallentarono bruscamente e tutti insieme. Sia i caccia sia i gusci di salvataggio cominciarono ora a decelerare lentamente verso la base aliena, evidentemente catturate da un raggio traente. Improvvisamente l’intera scena rimpicciolì e si allontanò. Chiunque avesse registrato quelle immagini se n’era andato alla svelta.

«Stanno facendo dei prigionieri», mormorò Madine, evidentemente preoccupato.

Mon Mothma si voltò verso un droide che fino a quel momento le era stato accanto in silenzio. «Cerca di accedere ai file codificati. Usa i più recenti codici imperiali in nostro possesso. E localizzami questo pianeta Bakura.» Luke fu sollevato nel constatare che anche l’informatissimo capo dell’Alleanza doveva chiedere dov’era quel sistema.

Il droide si voltò verso il tavolo di proiezione e reinserì il suo connettore. La scena della battaglia svanì. Al suo posto comparvero delle stelle in cui Luke riconobbe la parte esterna della stessa regione dei Territori Esterni in cui si trovavano loro. «Ecco, signora», annunciò il droide. Una delle stelle divenne rossa. «Secondo questo file, l’economia del sistema di Bakura è basata sull’esportazione di componenti per la tecnologia della repulsione, di frutta esotica candita e di liquore. È stata colonizzata da una corporazione mineraria durante gli ultimi anni delle guerre dei Cloni e annessa all’Impero circa tre anni fa, per assorbire e controllare la sua produzione di motori a repulsione.»

«La loro sottomissione è abbastanza recente perché possano ricordare bene cos’è l’indipendenza.» Mon Mothma appoggiò una snella mano sull’orlo del tavolo di proiezione. «Adesso mostrami Endor. Posizioni relative.»

Un’altra stella divenne blu. C1, ormai dimenticato accanto a Luke, emise un fischio leggero. Se Endor era lontana dai Mondi del Nucleo, Bakura lo era molto di più. «È praticamente l’ultimo dei mondi dei Territori Esterni», osservò Luke. «Anche attraverso l’iperspazio ci vorranno giorni per arrivare fin là. L’Impero non può fare niente per aiutarli.» Era strano pensare che qualcuno si rivolgesse all’Impero in cerca di aiuto. Evidentemente la vittoria decisiva dei Ribelli a Endor aveva condannato i Bakurani al loro destino, qualunque fosse, perché nemmeno la forza d’attacco imperiale stazionata vicino a loro li poteva aiutare: le forze dell’Alleanza l’avevano dispersa.

Da un altoparlante alla sua sinistra giunse chiaramente la voce di Leia. «Qual è la consistenza delle forze imperiali all’interno del sistema?»

Leia era ancora sulla superficie di Endor, nel villaggio degli Ewok. Luke non si era reso conto che lei era in ascolto, ma avrebbe dovuto immaginarlo. Si protese nella Forza e sfiorò la presenza confortante di sua sorella, avvertendo in lei una tensione che gli sembrava del tutto comprensibile. In teoria, Leia si stava riposando assieme a Han Solo. Doveva guarire dalla bruciatura di fulminatore alla spalla e aveva espresso il desiderio di aiutare i piccoli Ewok a seppellire i loro morti; non avrebbe certo dovuto essere lì a occuparsi di una nuova grana. Luke strinse le labbra. Aveva sempre amato Leia, aveva sempre sperato che...

Be’, ormai era acqua passata. Il droide del servizio informazioni le rispose attraverso il comunicatore: «Bakura è difesa da un presidio imperiale. Il mittente ha aggiunto al messaggio un poscritto nel quale ricorda all’imperatore Palpatine che le astronavi di cui dispongono sono antiquate, a causa dell' isolamento del sistema».

«Evidentemente l’Impero non si aspettava che qualcuno gli disputasse il possesso di Bakura.» La voce di Leia era piena di disprezzo. «Ma adesso non c’è più una Flotta Imperiale pronta ad accorrere in caso di bisogno. Ci vorranno settimane prima che l’Impero si possa riorganizzare, e allora Bakura potrebbe già essere caduta in mano alla forza di invasione... o essere entrata nell’Alleanza», finì in tono più vivace. «Se gli Imperiali non possono aiutare Bakura, dobbiamo farlo noi.»

L’immagine dell’ammiraglio Ackbar si piantò le mani palmate nelle vicinanze del torso. «Che cosa vuole dire, Altezza?»

Leia era appoggiata contro la parete di stoppie e fango di una capanna ewok; alzò gli occhi al tetto curvo di paglia. Han era seduto per terra accanto a lei, appoggiato a un gomito e impegnato a giocherellare distrattamente con un ramoscello.

Leia alzò di nuovo il comlink. «Se aiutiamo Bakura», rispose all’ammiraglio Ackbar, «potrebbero esserci tanto grati da abbandonare l’Impero. Potremmo liberarli.»

«E avere la loro tecnologia della repulsione», borbottò Han in direzione del ramoscello.

Leia non si lasciò distrarre. «È una possibilità per cui vale la pena impiegare una piccola task force. E ci sarà anche bisogno di un negoziatore.»

Han si distese con le mani dietro la testa e mormorò: «Se metti piede su un mondo fedele all’Impero, finirai dritta nel registro dei crediti di qualcuno. Hai una taglia sulla testa».