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L’uomo magro chiuse la bocca ma si avvicinò sensibilmente a Luke e al Calamariano. Tessa Manchisco entrò nel cerchio di luce. Nei suoi occhi si rifletteva una collera verdastra.

«L’ingresso a questa piattaforma è riservato agli equipaggi delle navi alleate», ricordò Luke severamente. «Che cosa ci fate qui?»

L’uomo con le borse sotto gli occhi incrociò un paio di grosse braccia. «È il nostro pianeta, ragazzo. Vi saremmo tutti grati se ci terrete fuori dai piedi mostri come quel pesce... e questa montagna di pelo.»

Chewbacca si avvicinò al gruppetto di umani.

Luke aveva bisogno di informazioni e ne aveva bisogno alla svelta. Erano stati mandati dall’Impero questi delinquenti o agivano per conto proprio? Il Bakurano magro era abbastanza vicino perché Luke potesse tentare una breve sonda mentale su di lui. Si sentiva abbastanza certo delle proprie buone intenzioni da non rischiare di scivolare verso il lato oscuro con questo atto di prevaricazione.

Eppure, esitò prima di concentrare la sua attenzione sull’uomo, aprendosi per percepire i suoi sentimenti (confusione, paura, imbarazzo, sospetto...). Passò oltre e si tuffò nella sua memoria.

Non dovette andare troppo in profondità. «Un piccolo presente, proveniente dall’ufficio del governatore», gli era stato promesso se avessero pattugliato la piattaforma dodici e si fossero accertati che gli alieni non si stavano infiltrando attraverso l’area riservata all’Alleanza.

Luke ruppe il contatto e abbassò la spada laser. «Andate a casa.» Sperava che il disgusto che provava trapelasse dalla sua voce. «Dite al governatore Nereus che ci pensiamo da soli a pattugliare la piattaforma dodici.»

Nessuno si mosse.

Un ringhio basso e profondo risuonò nella gola di Chewbacca. Approfittando del momento, Luke incitò: «Avanti, sgombrate. Ancora non avete visto un Wookiee veramente arrabbiato».

L’uomo magro uscì a testa bassa dal cerchio di luce, dirigendosi verso i corpi dei suoi compagni. Uno dopo l’altro lo seguirono tutti. Presto un piccolo gruppo coperto di stracci varcava il cancello della piattaforma dodici, portando i corpi dei propri caduti.

Nel momento in cui l’ultimo di loro attraversò il cancello le luci si riaccesero. Qualcuno li stava di certo guardando dal presidio imperiale, che si trovava dopotutto solo un paio di chilometri più a sud. E la sicurezza dello spazioporto senz’altro sarebbe risultata occupata alla piattaforma due, o sei, o nove. Impegnata in affari imperiali della massima importanza.

Sospirò profondamente. «Andiamo ad accertarci che il Falcon sia a posto, Chewie.»

Quando 3BO svegliò Leia, la mattina presto, le riferì un messaggio di Luke: era andato con Chewbacca allo spazioporto per controllare come procedevano le riparazioni delle loro navi. Leia andò in bagno dove si vestì in fretta e intrecciò i capelli. Mentre usciva, notò un uomo alto in piedi accanto alla parete con il murale. Fece un balzo di sorpresa e si fermò di botto. Nella luce fioca della stanza l’uomo luccicava debolmente, oscurando in parte la visione in tempo reale di una grande città raffigurata sul murale.

Luke le aveva detto che a volte Ben Kenobi appariva in questo modo. Indietreggiando, Leia guardò meglio. Quest’uomo non sembrava il vecchio generale, né assomigliava a nessun altro che conoscesse.

Chiunque fosse, le sue stanze non erano posto per lui. Leia lanciò un’occhiata al suo fulminatore, posato sul letto a repulsione appena fuori portata. Probabilmente, come minaccia, non avrebbe avuto una grande efficacia contro un’apparizione, sempre che questa fosse un’apparizione. «Chi sei?» chiese. «Che cosa ci fai qui?»

«Non aver paura di me», esortò la figura a bassa voce. «Di’ a Luke che anche la paura appartiene al lato oscuro.»

Chi era questa persona che veniva a portare messaggi per Luke in quelli che in teoria erano i suoi alloggi privati? Un Bakurano? Un Imperiale? «Chi sei?»

Lo straniero si mosse verso un angolo più scuro, dove la sua immagine risplendeva più chiaramente. Era molto alto, con una faccia larga e piacevole e capelli scuri. «Sono tuo padre, Leia.»

Vader. Un brivido le salì dai piedi fino alla cima dei capelli. La sua sola presenza suscitava in lei tutti i sentimenti più oscuri di cui era capace: paura, odio...

«Leia», ripeté la figura, «non avere paura di me. Sono stato perdonato, ma ci sono ancora molte cose per cui voglio fare ammenda. Devo liberare il tuo cuore e la tua mente dalla collera. Anche la collera appartiene al lato oscuro.»

Decisamente, il fulminatore non le sarebbe servito. Anche da vivo, era stato capace di respingere le scariche di energia a mani nude. L’aveva visto farlo su Cloud City. «Voglio che tu te ne vada.» Quel brivido scuro gelava la sua voce. «Scorporati, svanisci, fa’ quello che fate di solito voi spiriti.»

«Aspetta.» L’apparizione non si allontanò dalla parete. Sembrò anzi diminuire in grandezza e allontanarsi. «Non sono più l’uomo che temevi. Non puoi vedere in me un estraneo e non un vecchio nemico?»

Aveva vissuto troppo a lungo nel terrore di Darth Vader. «Non puoi ridarmi Alderaan. Non puoi riportare indietro quelli che hai assassinato, o dare conforto alle loro vedove e orfani. Non puoi disfare quello che hai fatto all’Alleanza.» Un vecchio dolore le bruciava come una ferita ancora fresca.

«Ho rafforzato l’Alleanza, anche se non era mia intenzione.» Tese un braccio splendente. Quella voce dolce le sembrava terribilmente fuori posto. E quella nuda, mite faccia non poteva essersi nascosta per decenni dietro un nero respiratore. «Leia, le cose stanno cambiando. Potrei non poter tornare mai più da te.»

Leia distolse lo sguardo. Forse con il fulminatore non poteva fargli del male, ma di certo le avrebbe dato conforto averlo in mano. Se si tendeva, poteva quasi toccarlo. «Meglio così.»

«Non ci sono giustificazioni possibili per... quello che ho fatto. Ma tuo fratello mi ha salvato dalla tenebra. Devi credermi.»

«Ho sentito che cos’ha raccontato Luke.» Incrociò le braccia e si strinse i gomiti con le mani. «Ma io non sono Luke. O il tuo maestro. O il tuo confessore. E sono tua figlia solo per un crudele scherzo del destino.»

«Della Forza», insisté l’apparizione. «E anche quello ha avuto le sue ragioni. Sono fiero della tua Forza. Non chiedo assoluzione. Solo che tu mi perdoni.»

Leia sollevò il mento, sempre tenendo le braccia strette l’una sull’altra. «E quello che hai fatto a Han? Chiederai anche a lui di perdonarti?»

«Solo attraverso di te. Il tempo che ho è troppo poco.»

Inghiottì. Aveva la gola secca. «Ti posso quasi perdonare per avermi torturato.» L’apparizione chinò il capo. «E per il male che hai inflitto ad altre persone... perché tutte queste cose hanno fatto sì che molti mondi entrassero nell’Alleanza. Ma la crudeltà che hai mostrato verso Han... No. Se vuoi passare attraverso di me, allora il suo perdono non l’otterrai mai.»

La figura sembrò allontanarsi ancora. «Mai è una parola troppo grossa, bambina mia.»

Darth Vader che le faceva la predica sul valore dell’eternità e della virtù? «Non ti perdonerò mai. Vattene. Sparisci.»

«Leia, forse non potrò più parlarti, ma se mi chiami ti sentirò. Se cambi idea, io sarò lì, a guardarti.»

Leia lo fissò. Come osava, dopo tutte le sue crudeltà e perversioni? Forse Luke poteva avere a che fare con lui. Ma lei no.

Come faceva Luke a sopportare la conoscenza che questo essere era loro padre?

Uscì di corsa dalla stanza. La luce mattutina entrava obliqua dalla lunga finestra della sala centrale, illuminando le pareti gialle e il pavimento scuro. Han si alzò dal sedile più vicino. «Saremo in ritardo, vostra grazia.»

3BO barcollò verso di lei. «È pronta padrona L...?»

Leia aveva afferrato il controllore e spento 3BO. Ora si voltò a guardare la porta della sua stanza da letto. Non ne emerse nessuno. «Non mi può fare questo», mormorò. «Non può continuare anche adesso a rovinarmi la vita. Non può!»