La sua borsetta di corda era appoggiata sul divano. «Non posso farlo», disse Luke, prudente. «Alcuni dei suoi sentimenti filtrano attraverso la Forza, ma questo è tutto.» Non proprio tutto.
«Non è comunque giusto. Io non posso sapere che cosa sta provando lei.»
Luke tolse la scatola grigia dalla borsetta e l’accese. «Le piacerebbe sapere che cosa sto provando?»
«Sì.»
Luke respirò a fondo. Una cosa era l’onestà e una cosa l’idiozia. Se solo avesse avuto il dono di Leia con le parole. «Io la conosco già più profondamente di chiunque altro. Naturalmente, questo peggiora le cose, perché tutto quello che lei sa di me è quello che pensa di credere.» Era stato chiaro? Continuò, imperterrito. «I suoi sentimenti verso di me sono forti. E di una forte ambivalenza.»
Gaeriel si avvicinò al salottino. «Non è che io abbia paura di lei, comandante...»
«Luke», insisté lui.
«Ho delle obiezioni di carattere religioso per quello che lei è. Per quello che è diventato. Lei non è nato Jedi. E sarà meglio spegnere quell’affare per un paio di secondi, o saremo nei guai tutti e due.» Fu allora che lui lo percepì: un flusso di attrazione intensa che non proveniva da lui. Cinque anni prima, avrebbe potuto prenderle la mano e lasciare tutto, la flotta, l’Alleanza, la Forza, per seguirla.
Ma quei cinque anni avevano cambiato il suo destino. Forse avrebbe potuto farle cambiare idea.
Un momento, si disse. Che diritto aveva di contestare la sua fede? Partecipava anche lei, come chiunque altro, della Forza, anche se non voleva accettarlo.
Spense velocemente il generatore. «Da quanto tempo è una senatrice?» chiese. Quella certo sarebbe stata considerata una domanda innocente.
«Il senato mi ha eletto cinque anni fa. Da allora ho studiato, qui o al centro imperiale. E non sia troppo impressionato dal titolo.» Picchiettò i pollici l’uno sull’altro. «Più che altro consiste nel trovare nuovi e più ingegnosi metodi per succhiare tasse ai Bakurani. Adesso però otteniamo dall’Impero informazioni e cultura, in cambio. Alcuni sono ottimi», aggiunse, «ma altri hanno qualche attrattiva solo per gente che la pensa come il governatore Nereus.»
In ognuno dei pianeti soggiogati c’era sempre qualcuno che dava il benvenuto all’Impero perché era già in fondo al cuore un Imperiale. «Non credo che lei sia tra questi.»
Gaeriel lanciò un’occhiata al generatore. Forse la conversazione stava diventando troppo personale. «Piove sempre così?» chiese Luke. «Io sono cresciuto su un pianeta desertico.»
Dopo qualche altro generico commento sul tempo, riaccese il generatore. «Rispetterò le sue paure», promise. «E la sua fede.»
Il campanello suonò.
Gaeri saltò in piedi e andò ad aprire, grata dell’interruzione. Non aveva nessun diritto di giocare così con il destino e nessuna speranza di convincere Skywalker a vedere l’universo come lo vedeva lei.
Uno dei suoi aiutanti spinse un carrello a repulsione attraverso la porta. Gaeri fece cenno al ragazzo di parcheggiarlo fra i sedili. Una volta che se ne fu andato, scoprì l’unico piatto. «Spero che le piaccia il pesce.» Cresciuto su un mondo desertico... e questa era la seconda volta in due giorni che gli servivano pesce.
«Resta con me?»
«Perdoni la mia vigliaccheria, Luke, ma...»
Senza dire una parola Luke sganciò dalla sua cintura un oggetto cilindrico e lo appoggiò sul carrello. Era lungo quanto basta per poterlo impugnare a due mani e sembrava la metà di un’arma.
«È quello che penso che sia?» chiese a bassa voce.
«Probabilmente lei sarebbe più al sicuro qui che a casa sua.» La sua faccia divenne tutta rossa. «Mi dispiace», aggiunse. «Sembro uno di quei soldati spacconi delle truppe d’assalto.»
Almeno sapeva ridere di se stesso. Gaeriel esitò. Sarebbe probabilmente stata al sicuro per un paio di minuti. «Ci sono due di loro là fuori nel corridoio», gli ricordò, «e se fossi in lei, io non mi fiderei più molto di loro. Però... questo ha l’aspetto di essere molto fresco. Sì, le farò compagnia.»
Evidentemente il pesce gli piaceva perché mangiò come se stesse per morire di fame. Lei si limitò a prenderne qualche morso. Dopo pochi minuti, Luke tornò ad allungare la mano verso il generatore, che ora giaceva sul carrello accanto alla spada laser. «La sua fede è condivisa da molti Bakurani?»
Sollevata dal fatto che fosse stato lui a sollevare l’argomento, rispose: «Molti sono più ortodossi di me. Mia sorella è un’asceta. Vive quasi di nulla, per lasciare di più agli altri. Io sono meno... devota. Siamo una minoranza, ma l’universo intero potrebbe stare in equilibrio su un atomo, se disposto nel modo giusto».
«Sento attraverso la Forza che lei è una donna profonda. Di sentimenti profondi.»
«E io che credevo di aver convinto tutti di essere una carrierista senza scrupoli.»
«Tutti gli altri ne sembrano convinti.»
«Bene», disse in tono leggero. Non devo guardare nei suoi occhi... ma sono di un azzurro così delicato.
«Là fuori ci sono gli Ssi-ruuk.» Fece un gesto con la forchetta. «E ho un giorno al massimo per prepararmi ad affrontarli.»
«Di meno.»
«Una volta che avrò sistemato questa faccenda con loro, tornerò... per parlarti, per vedere se c’è qualche speranza che tu cambi idea su di me. Sui Jedi. Avevi ragione solo in parte quando hai detto che non sono nato Jedi. La Forza scorre potente nella mia famiglia.»
Sorpresa, Gaeriel prese un sorso d’acqua dal suo bicchiere. Con la mente si era quasi aspettata di sentirgli dire qualcosa del genere, con il cuore lo aveva quasi sperato.
Perché non ammetterlo? si chiese. Vediamo come reagisce. «Grazie per essere stato... onesto. Non c’è tempo per l’educazione. E io sono molto attratta da te, il che è pericoloso.»
Luke scosse la testa. «Io non...»
«Sì, lo faresti. Se solo ti incoraggiassi.» Abbassò lo sguardo sulle mani intrecciate. «Sarebbe facile per te manipolare una persona, se volessi.»
«Non lo farei mai», rispose lui, arrossendo. «Sarebbe disonesto. Non ci sarebbe futuro per una relazione basata su simili inganni.»
Gaeriel toccò il suo pendente. «Chi sei, Luke Skywalker? Chi ti dà il diritto di avere questi poteri?»
«Sono un...» esitò. «Un ragazzo di campagna, suppongo.»
«Una famiglia di campagnoli nei quali la Forza scorre tanto potente?» chiese lei, sarcastica.
Il colore svanì dal suo volto. Doveva aver toccato un nervo scoperto. «Mettiamola così», mormorò Luke, finendo il piatto. «Ci saranno sempre persone forti e malvagie. Se il solo modo di proteggere gli altri è che alcuni di noi divengano potenti nella Forza per fare del bene, non sarebbe giusto farlo? Anche se le tue convinzioni sono giuste, questo significa che qualcun altro ne verrà diminuito? La gente si sacrifica continuamente per una buona causa. Io non ho chiesto a nessuno di morire per me.»
Quasi persuasa, Gaeriel cercò di resistere a quella che sembrava la sua genuinità. «Il cosmo deve restare in equilibrio.»
«Sono d’accordo. Il lato oscuro è sempre in agguato, e chiede violenza, vendetta, tradimento. Più si diventa forti, più è grande la tentazione.»
Gaeriel sentì che la mano le tremava. «Allora se tu, tu amassi qualcuno, diventerebbe ancora più facile per te odiarlo.»
Luke abbassò gli occhi sul generatore e sollevò un sopracciglio.
Gaeriel si obbligò a non vedere la ferita nei suoi occhi. «Non c’è bisogno di spegnere il generatore», disse. «Per quanto ne sanno, potremmo mangiare in silenzio.»
«Ecco un altro equilibrio.» Si appoggiò una mano sulla fronte sporca di grasso. «Come le montagne del mio mondo natale sono equilibrate dalle gole che le attraversano. Io ho perso degli amici, dei parenti, dei maestri. L’Impero ha ucciso la maggior parte di loro. Se non avessi mai cominciato il mio addestramento di Jedi, sarebbero morti comunque.» Si accigliò. «E sarei morto anch’io. Il giorno in cui ho incontrato il primo dei miei maestri, l’Impero ha colpito la nostra fattoria. Hanno ucciso mio zio Owen e mia zia Beru mentre io ero lontano. Tutti quelli che si trovavano a casa sono morti. Non hanno fatto lo stesso qui? Ti piace l’impero?»