Luke rispose a mezza bocca: «Dovresti rivedere il tuo giudizio sul comandante Thanas».
«Oh?» Han sollevò un sopracciglio, poi voltò la testa per controllare un corridoio secondario.
Bene. Era meglio che stessero all’erta, tutti e due. «È un uomo onesto», spiegò Luke. «Vuole fare un buon lavoro ed è grato per l’aiuto che riceve. Non è un uomo di Nereus.»
«Già, è un uomo dell’Impero.»
«Mmm.»
«Ti piace Thanas perché ti ha fatto i complimenti, là dentro?»
Luke sorrise. «No. Ma è stato piacevole.»
«Complimenti da un Imperiale. Già.»
Giunti a un grande atrio rallentarono. Luke esplorò i dintorni attraverso la Forza. Niente agguati. Han tenne una mano vicino al suo fulminatore mentre si affrettavano ad attraversare lo spazio vuoto.
Una volta lasciati i corridoi degli uffici imperiali, Han si accigliò. «È solo la mia immaginazione», chiese, «o sei un po’ più prudente di ieri?»
«Ho avuto una soffiata da una fonte interna. Diceva che il governatore Nereus ha intenzione di consegnarmi agli Ssi-ruuk. Hai notato che ha ricevuto un messaggio o qualcosa del genere mentre eravamo là dentro?»
«Già», confermò Han. «Finalmente hai imparato un po’ di prudenza, eh?»
«Sono sempre stato prudente.» Per quanto esasperato, Luke non aveva cessato di scrutare ogni ombra. «Ed è solo la mia immaginazione», ritorse, «o sei più contento di te stesso del solito, oggi?»
Han si fermò di botto. «Cos’è questa storia? Vuoi chiedermi che intenzioni ho nei confronti di tua sorella?»
Luke si guardò attorno attentamente, poi abbassò la guardia e sorrise a Han. «So quali sono le tue intenzioni, amico mio. Lei ha bisogno di te. Non deluderla.»
Il sorriso storto di Han splendeva come un faro-asteroide. «Non temere.»
Luke gli appoggiò una mano sulla spalla. Tutto quello che avevano passato già li aveva uniti come due fratelli. Ora, questo...
Un rumore di passi dietro di loro lo riportò di colpo all’allerta. Scivolò dietro una colonna e afferrò l’impugnatura della sua spada laser. Han si nascose dietro di lui. Tre serie di passi avanzavano lungo il corridoio. Luke rimase al coperto. Han sollevò un sopracciglio. Luke scosse la testa. Si mosse lungo la colonna, tenendosi fuori della vista del terzetto che passava: Nereus, seguito da un paio di guardie.
Laggiù nel suo ufficio gli era parso molto controllato. Ma qualcosa, ora, nel suo modo di camminare, unito a un lieve stato di allarme nel suo senso della Forza, portò Luke a una conclusione inaspettata. «Sta cominciando a cedere al panico», osservò Luke in un sussurro.
«Panico?» Han aggrottò la fronte. «Lui?»
«Sta appena cominciando.» Le schiene dei tre Imperiali si allontanavano lungo il corridoio. «Sarà meglio che lo teniamo d’occhio.»
«Non è una novità.» Le mani di Han tornarono a rilassarsi lungo i fianchi.
Una volta raggiunti i loro appartamenti, Han sparì nella sua stanza. Luke compose in fretta un messaggio in codice diretto a Wedge Antilles, lassù nella rete orbitale. Attacco coordinato per domani sera. Lavorate con le forze di Nereus, seguite gli ordini di Thanas, ma non abbassate i deflettori. Con un sorriso poco allegro sulle labbra, lo spedì. Han si sarebbe diretto al Falcon appena fosse riuscito a localizzare Leia. Era uscita da sola dopo colazione, ma con l’attacco così imminente era il caso di essere pronti a ogni evenienza.) Luke avrebbe preso la prima navetta orbitale disponibile e sarebbe tornato sulla Flurry. Lo avrebbe divertito provare che i sentimenti di Manchisco erano sbagliati.
Il suo stomaco gli mandò un messaggio più immediato. Doveva mangiare, ma non qui di certo. Il cibo alla stazione di ristoro della piattaforma dodici sarebbe stato più sicuro. «Sei pronto, Han?» chiamò.
Han uscì dalla sua camera. «Leia non risponde.»
«Forse Leia e Captison hanno cercato un posto dove gli Imperiali non potessero sentirli.»
«Possibile», disse Han. «Ti riporto dalle tue truppe. Poi andrò a cercarla.»
Il primo ministro Captison aveva suggerito di andare a fare un giro in speeder e Leia era stata sorpresa di scoprire che il senatore anziano Orn Belden saliva a bordo con loro, con un oggetto piuttosto voluminoso in una delle tasche della camicia. Supponeva che si trattasse del suo amplificatore vocale. Questa volta i Bakurani non sarebbero stati distratti né da Chewbacca né dai droidi.
L’autista in livrea di Captison decollò dal tetto del complesso in uno speeder governativo coperto. Belden si coprì le labbra con un dito.
Leia annuì che capiva: Non ancora. «È una città deliziosa, questa», osservò Leia in tono leggero. «Per molti versi Bakura mi ricorda Alderaan.»
Alzò lo sguardo a un lenzuolo di nubi spesse. «Le sue regioni più umide, almeno. Avete provato a cercare minerali in questo rilievo di quarzo?»
Seduto accanto a lei nel sedile di mezzo, Captison unì le mani e fece un sorriso complice. «Oh, sì. Perché pensate che abbiamo costruito qui la città?»
«Ah», disse Leia.
Captison si lasciò andare indietro, rilassato. «Dopo un paio di anni di boom minerario la vena cominciò a esaurirsi e la Bakur Corporation si divise in fazioni. L’elemento a cui apparteneva mio padre voleva iniziare prospezioni altrove. Un’altra fazione voleva sfruttare altre risorse disponibili su Bakura. Un’altra, composta soprattutto di coloni di seconda generazione, voleva fare arrivare degli immigrati, addebitandogli delle tariffe esorbitanti, o stabilire un specie di luogo di villeggiatura di lusso.»
«Quando nella galassia si diffonde la voce di un nuovo mondo abitabile aperto alla colonizzazione, spesso diventa... di moda.»
«Il che attira elementi indesiderabili.»
Forse voleva dire ribelli e contrabbandieri, o magari giocatori d’azzardo e venditori ambulanti. «È possibile.»
Captison rise. «Per molti versi, Leia, lei mi ricorda mia nipote.»
«Vorrei tanto che la mia vita fosse stata semplice come quella di Gaeriel.»
«È stata una brava bambina», riferì Belden dal sedile posteriore dov’era seduto accanto alla guardia del corpo di Captison, ansimando un po’. «Ma bisogna vedere se sarà una brava senatrice.»
Il primo ministro Captison picchiettò sovrappensiero sul vetro di una finestra. «Ha raggiunto improvvisamente quella fase di disillusione che annuncia l’età adulta.»
«Capisco», disse Leia. «Io l’ho raggiunta quando ero molto giovane.» L’autista di Captison manteneva lo speeder in mezzo ad altri due velivoli, entro un corridoio aereo che attraversava la città. Salis D’aar come molte altre città di media grandezza, obbligava il traffico aereo a seguire rotte ben precise.
«Oh», intervenne il senatore Belden, «la prego, ringrazi il comandante Skywalker per aver tentato di aiutare Eppie. Lui sa che cosa intendo.» Poi cominciò a parlare del terreno montuoso, del raccolto di frutta namana e dell’estrazione del nettare.
Leia attese, chiedendosi quando mai i due uomini si sarebbero sentiti abbastanza al sicuro da mettersi a parlare sul serio. Questa avrebbe potuto essere la sua sola possibilità di fare dei passi avanti in favore dell’Alleanza.
Cinque minuti più tardi, l’autista di Captison portò lo speeder ad atterrare accanto a una piccola cupola circondata da insegne multicolori sospese in aria diversi metri più in su Leia si guardò attorno alla ricerca di un’entrata. Captison appoggiò una mano sulle sue. «Attenda», intimò gentilmente.
Dieci minuti più tardi l’autista e la guardia del corpo di Captison decollarono con lo speeder governativo, mentre Leia saliva nel sedile passeggeri anteriore di un piccolo velivolo a noleggio, bianco come le distese di Hoth e con rivestimento imbottitore color blu-ghiaccio. «Lo fate spesso?» chiese divertita e compiaciuta per il sotterfugio.
«È la prima volta.» Captison si mise alla guida e decollò, immettendosi nel traffico. «È stata un’idea di Belden.»