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C1 cinguettò in tono sarcastico.

«Ma certo che ci arrivo meglio io. Non dare la colpa a me delle tue limitazioni.» 3BO voltò la parte superiore del corpo, premette un comando che ripeteva la registrazione e rimase in quella posizione scomoda per un po’. La programmazione automatica che aveva previsto usò il suo canale sensorio sinistro per seguire il linguaggio ssi-ruuvi, quello destro per registrare il codice elettronico e una delle unità elaboratrici centrali per mettere l’uno a confronto con l’altro. Notò un ritardo di un decimo di secondo, ripeté gli schemi tonali e i modificatori labiali/gutturali nella lingua inumana.

Poi la registrazione finì. 3BO la riascoltò di nuovo. Un altro circuito, programmato per dedurre variabili logiche fuori contesto, fornì una serie di ipotesi alternative e le comparò con tutte le espressioni simili che aveva registrato durante gli anni trascorsi dall’ultima volta che gli avevano cancellato le memorie... tanti, tanti anni fa.

«Eccellente!» esclamò 3BO. «Adesso, C1, dobbiamo ricominciare dall’inizio e ascoltare di nuovo tutte le registrazioni. Così potremo dare alla principessa Leia tutta una serie di informazioni di estrema utilità.»

C1 fischiò.

«Sì, e anche al primo ministro Captison. Non essere impaziente.» 3BO picchiò sulla cupola di C1. «Lo so che questa non è la tua specialità. Ma pensa a tutte le ore che ho passato io a bordo di un’astronave, senza nulla da fare.»

C1 gli rinfrescò la memoria.

«Non è affatto divertente.» 3BO premette di nuovo il tasto di avvio. «Stai zitto e ascolta. Tradurrò quello che dicono.»

Le registrazioni ricominciarono, tutte le sette ore ad alta velocità. 3BO ascoltò e C1 ascoltò 3BO. La maggior parte delle registrazioni riguardava cose di poco conto: Riallineate la nave alla formazione e cose del genere.

Ma improvvisamente 3BO esclamò: «Oh, no. C1, devi chiamare subito padron Luke. È terribile...»

C1 stava già dirigendosi verso una stazione per le comunicazioni.

Leia uscì da uno speeder a noleggio in una brezza fredda e incostante e si guardò attorno, contando i soldati presenti sul tetto del complesso. Diciotto, con le armi puntate a terra. Non era certo un comunicato di benvenuto. Adesso avrebbe tanto voluto avere Chewie accanto... ma non lo avrebbe potuto portare, naturalmente, per non offendere i Bakurani. Belden le urtò una spalla e le mormorò: «Trasmettete al comandante Skywalker il mio messaggio, altezza».

«Tenetevi pronti a muovervi», borbottò lei in risposta. Infilò una mano dentro la manica del suo vestito alla ricerca del suo piccolo fulminatore. Probabilmente ne avrebbe potuti mettere fuori combattimento tre o quattro prima che la stordissero. Buttandosi a terra sulla superficie di permacemento, cominciò a sparare.

Cinque soldati caddero a terra prima che qualcuno riuscisse ad afferrarle da dietro il gomito destro. Lottò con tutte le sue forze ed era quasi riuscita a liberarsi quando un guanto di metallo bianco riuscì a strapparle il fulminatore di mano.

Mezza battaglia sta nel capire quando sei sconfitto. Dove lo aveva sentito dire? Su Alderaan, probabilmente, pensò alzandosi lentamente a sedere con le mani sopra la testa. Non era ancora sconfitta. Ma era importante che loro lo credessero.

Il governatore Wilek Nereus uscì dall’ascensore, seguito da quattro guardie delle truppe di marina con i loro elmetti neri. «Primo ministro Captison», canzonò, «senatore Belden. Siamo stati a fare un giretto?» Indicò lo speeder e due guardie salirono subito a bordo.

Quello che aveva confiscato a Leia il fulminatore tolse qualcosa al primo ministro Captison. Un altro afferrò le sue braccia e la imprigionò in un paio di manette. «Avete improvvisamente finito le scorte di buonsenso?» ansimò Belden, già ammanettato, con la faccia molto arrossata. «Questo è ridicolo.»

«Perché tanti sforzi per evitare la sorveglianza, se non stavate facendo nulla di male?»

Leia si intromise. «C’è una cosa che si chiama diritto alla privacy, governatore.»

«No, non quando interferisce con la sicurezza di un mondo imperiale, mia cara principessa.»

Uno dei soldati riemerse dallo speeder. «Negativo, signore.»

«Fatelo a pezzi. Tu. Tu e tu.» Indicò altri tre soldati. «Perquisiteli.»

Leia sopportò con stoicismo l’analisi elettronica e poi una perquisizione fisica accurata. Il soldato confiscò la fondina vuota del suo fulminatore e il comlink tascabile, poi l’ammanettò. Un altro si diresse con passo svelto da Belden al governatore Nereus, portando in mano la scatoletta grigia. «Che cosa abbiamo qui, senatore?»

Belden sollevò le mani legate assieme, e agitò un dito in direzione di Nereus. «Il mio amplificatore vocale è proprietà personale. Ridatemelo immediatamente.»

«Ah! L’innocenza offesa in persona, vedo.» Nereus sorrise. «È diverso tempo che sospetto lei e sua moglie del possesso di questa strumentazione illegale, Belden... ma visto che lei è innocente di qualsiasi malefatta, sono sicuro che non la disturberà rimanere in custodia fino a che i miei tecnici non avranno accertato la vera natura di questo strumento.»

Leia gemette. Il respiro di Belden si era fatto affrettato e la sua fronte luccicava di sudore sopra due guance pericolosamente rubizze. Sembrava che potesse cadere a terra da un momento all’altro. Alla sua età, erano tutti segnali di pericolo da non trascurare.

Un simile incidente avrebbe potuto finalmente far scoppiare l’incendio che covava su Bakura. Tritone bianco, ricordò. Il primo ministro Captison corse accanto a Belden, raggiungendolo un istante prima di un soldato. «Governatore Nereus, lei questa volta ha superato ogni...»

«Guardie», gridò Nereus, «queste tre persone sono in arresto. Diciamo che sono sospettate di tradimento. Portatele in tre luoghi separati del complesso.»

Leia avanzò verso Nereus, attirando deliberatamente l’attenzione su di sé. «Era una gita di piacere, governatore.»

Nereus abbassò lo sguardo. «Le ho fatto una promessa l’altro giorno, a cena, che riguardava il tentativo di indurre alla sovversione i popoli sottomessi all’Impero, mia cara. Mi creda, io mantengo le mie promesse. E quando uno speeder diventa improvvisamente del tutto silenzioso nel bel mezzo di un campo sensore, io divento curioso.» Un soldato puntò il suo fucile blaster contro la schiena di Belden. «Non fateli parlare assieme», ordinò Nereus. «Interrogateli separatamente.»

Leia doveva provare a Captison che quello che aveva detto a proposito del sacrificare se stessa non erano parole al vento. Abbassò la testa e caricò il governatore. Lo colpì nel bel mezzo del suo vasto ventre.

Con uno sbuffo di sorpresa il governatore finì a terra. Leia gli saltò sopra, gli imprigionò la testa fra le ginocchia e spinse le manette fin sotto il suo naso. «Indietro voialtri, o vedremo chi di noi ha la testa più dura.» I soldati indietreggiarono, ma non vide quello che, da dietro, le sparò con uno storditore.

14

Han rallentò quel tanto che bastava perché Luke si catapultasse a terra davanti al cancello dello spazioporto, poi girò lo speeder sollevando una grande nuvola di polvere nera. Non gli andava di lasciare Luke lì da solo, ma era stato lui stesso a insistere che non gli sarebbe successo niente di male. La navetta della Flurry sarebbe arrivata a minuti e nel frattempo Luke sarebbe stato al sicuro nel ristorantino dello spazioporto. E avrebbe anche trovato rinforzi, probabilmente: diversi piloti alleati si erano sistemati nei rifugi provvisori dello spazioporto. Di sicuro erano più numerosi dell’equipaggio di quell’unica navetta imperiale che era atterrata vicino al posto di ristoro, appena fuori della piattaforma dodici. Comunque fosse, Luke era sempre Luke, con la sua spada laser e tutto il resto.