Eppure rimase ad attendere battendo il piede nervosamente finché 3BO non gli porse il circuito riprogrammato. Lo rigirò tra le dita, quella striscia di plastica e metallo liscia e lunga appena sei centimetri lo avrebbe fatto entrare pratica-niente dovunque... compreso un guaio molto serio, se fosse stato catturato con quella cosa in tasca. Se lo fece scivolare nel taschino della camicia.
«Generale Solo, non dovremmo avvertire la popolazione dell’imminenza dell’attacco?»
«Hai detto che è stato il senatore Captison che ti ha riportato qui, no?»
«Sì, ma...»
«E a lei lo hai detto, non è vero?»
«Sì, ma...»
«Allora ci penserà lei, fidati.» Han regolò il fulminatore su «stordimento» (solo per rispetto dei desideri di Leia, si disse). «Vieni. Ecco quale sarà il prossimo passo.»
Meno di un minuto dopo, fece aprire la porta e poi indietreggiò. 3BO uscì correndo nell’atrio, strillando frasi incomprensibili, agitando le mani e ondeggiando violentemente. Han contò mentalmente fino a tre, dando ai soldati il tempo di chiedersi se dovevano sparare al droide impazzito o usare il loro controllore. Poi si accucciò e strisciò verso la porta. Poteva vedere solo un soldato e quello stava fissando il droide, stupefatto. 3BO ora girava su se stesso, ciangottando in un altro linguaggio sconosciuto. Han mirò a uno dei punti deboli dell’armatura, sparò e saltò dall’altra parte della porta. La seconda guardia rispose al fuoco, intelligentemente, sparando ad altezza d’uomo, ma il colpo passò sopra la testa di Han. Un attimo dopo la seconda guardia era stesa.
«Okay, 3BO. Aiutami e fai in fretta.» Han afferrò una delle guardie per i calcagni e la trascinò dentro l’appartamento. 3BO trasportò i fucili dei due soldati mentre Han trascinava il secondo appena dentro la porta. «Sbrigati.» Trovò un cavo multiuso addosso a uno dei soldati e lo usò per legarli insieme. «Ho come l’impressione che qui non ci torneremo», borbottò. Bakurani o non Bakurani, tolse a 3BO il bullone di costrizione. «Ecco. Questo è il momento di dividersi. Io andrò a prendere Leia. Tu occupati di fare arrivare a Luke quel messaggio.»
«Ma, signore, come farò ad arrivare fin là? Perfino sui mondi alleati a nessun droide viene concesso di pilotare uno speeder senza supervisione.»
Han ci pensò. Doveva portare 3BO al Falcon? Chiedere a Chewie di abbandonare la nave e venire a prenderlo? Ci sarebbe voluto troppo tempo e sarebbe stato troppo pericoloso.
Ah. «Okay, lingotto, stai per diventare un eroe.» Slegò uno dei due Imperiali ancora storditi e gli tolse l’elmetto. «Aiutami a tirargli via il resto di questa roba.»
3BO si avvicinò. «Che cosa... oh, no. Signore, la prego, non mi ordini di...»
«Nessuno ti sparerà, con questo addosso. Voglio che tu torni al Falcon.»
In un batter d’occhio 3BO venne completamente rivestito con l’armatura bianca, e la sua voce stupefatta filtrò da un grosso elmetto bianco. «Ma signore, dove troverò uno speeder?»
«Seguimi. E regola quel fucile appena sotto ‘stordimento’. È a me che dovrai sparare.»
«Un’altra cosa!» supplicò 3BO. «Posso avere il suo com-link? Devo mettermi in contatto con padron Luke.»
Han gli lanciò il comlink. 3BO lo afferrò al volo. Han annuì. «Andiamo», comandò.
Fuggì nel corridoio, diretto verso l’ascensore più vicino. Uno sguardo alle sue spalle mostrò 3BO che faceva del suo meglio per tenergli dietro, emettendo di tanto in tanto un raggio stordente nella sua direzione. Han diede al droide un momento per raggiungerlo, poi si infilò nell’ascensore.
Quando furono sul tetto, le cose cominciarono a succedere in fretta. Fumo nero proveniva dal basso. I Bakurani sembravano davvero irritati per quegli arresti. Diverse persone dall’aria nervosa, che si stavano dirigendo verso l’ascensore, si dispersero correndo mentre lui saltava nello speeder più vicino. Agitò il suo circuito gerarchico sopra il sensore di riconoscimento del padrone del velivolo e il motore si accese. Nel frattempo, il più goffo assaltatore imperiale mai visto uscì traballante dall’ascensore, sparando a tutto quello che vedeva e mancando regolarmente il bersaglio con grande precisione. I Bakurani si buttarono a terra, appiattendosi il più possibile.
Han attese che 3BO si fosse sistemato su un altro speeder, poi decollò e si diresse verso nord, guardandosi alle spalle una volta sola per assicurarsi che 3BO non si fosse disintegrato al decollo. Poi si concentrò sulla strada davanti a sé, tenendo gli occhi socchiusi nel vento che gli scompigliava i capelli.
Il posto di ristoro accanto alla piattaforma dodici sapeva di fumo e di grasso lubrificante. Tutto quello che conteneva sembrava di poco prezzo, dal pavimento nero al soffitto rivestito di pannelli luminosi. Diversi di questi ultimi si accendevano e si spegnevano, come se stessero per esaurire la carica. Niente automazione, niente anche di solo remotamente moderno. Di certo le guide turistiche lo avrebbero definito «pittoresco» e «pieno di colore locale».
Luke diede uno sguardo al terminale della rete comunicazioni che spuntava da un tavolino in mezzo al locale, poi guardò verso un tavolino d’angolo seminascosto da un divisorio. Un tizio dall’aria dura, probabilmente di servizio allo spazioporto, era seduto davanti al terminale più riservato del tavolino d’angolo. Luke aveva visto solo due terminali nell’edificio oltre alla cabina che si trovava all’esterno, che aveva capacità video ma che in compenso non forniva accesso alla flotta in orbita.
Decise che avrebbe preferito usare il terminale più privato, anche se voleva dire aspettare qualche minuto, piuttosto che sedersi davanti al piano arancione del tavolino oleoso, in piena vista. E comunque finché non arrivava la navetta orbitale doveva restare qui. Voleva mettersi in contatto con Wedge e scoprire come stava andando su, nella rete difensiva... e come mai la sua navetta era in ritardo. Che fosse un’altra manovra di Nereus? Gettò un’occhiata verso la finestra che dava a ovest. Il Falcon era solo a duecentocinquanta metri da lì, ma non riusciva a vederlo per via delle gru e delle altre navi.
Qualcosa grattò con un rumore metallico il pavimento lurido dietro di lui... non uno degli onnipresenti sedili a repulsione di Bakura, ma una normale sedia di metallo. Luke si voltò. Il tavolino d’angolo era libero.
Luke si sedette in modo da fronteggiare il resto della stanza, inserì il suo codice di autorizzazione e richiese il contatto con Wedge Antilles: interfaccia vocale/tastiera, se possibile.
Delle lettere nere si formarono sotto quelle che aveva appena digitato.
Il capitano Antilles non è disponibile, signore. Qui è il tenente Riemann. Posso esserle d’aiuto?
Luke riconobbe il nome: era un giovane artista di fama interplanetaria che l’Impero aveva costretto prima a nascondersi e poi a combattere. «Qual è lo status attuale della rete difensiva?» chiese a bassa voce. «Avete notato qualcosa di strano nelle ultime ore?» Sarebbe stato molto più comodo se avesse potuto incaricare C1 di prendersi cura delle comunicazioni. Si chiese se i droidi avevano finito di tradurre lo ssi-ruuvi per il primo ministro Captison.
La risposta apparve sul display.
La rete sta tenendo, tutti sono nell’orbita loro assegnata. Abbiamo sentito un sacco di chiacchiere sulla banda dei Flautati durante l’ultima ora, ma le cannoniere e l’incrociatore non si sono mossi.
Anche se gli Ssi-ruuk non si erano mossi, sembrava che si stesse preparando qualcosa. Luke chiese quando sarebbe partita la prossima navetta orbitale.
Sta scendendo in questo momento, signore. Dovrebbe atterrare fra circa trenta minuti.
Luke ringraziò il tenente e chiuse la trasmissione.
Che cosa poteva fare, qui, in mezz’ora? La sua memoria ripescò la voce di Ben Kenobi che diceva a Yoda: «Imparerà la pazienza». Deciso a provare che Ben aveva ragione, si costrinse a calmarsi. Presto sarebbe stato di nuovo sulla Flurry e una volta che Han avesse localizzato Leia e raccolto i droidi, sarebbero saliti anche loro, con Chewbacca e il Falcon. Spinse la sua sedia lontano dal tavolino d’angolo e si alzò.