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A Gaeriel sembrava di sentire qualcosa dentro di sé che cresceva.

«Non preoccuparti. La larva è estremamente sensibile all’ossigeno puro. È una condizione che si può curare quasi all’istante... per un’altra ora circa.» Toccò un comando sulla sua scrivania. «Sezione medica. Portate il kit ci-di dodici.»

«E dunque io sono stata infestata al posto di Skywalker?» Almeno Luke aveva ancora qualche possibilità, lassù.

«No», disse Nereus con calma. «Ricordi, ogni baccello contiene tre uova. A quanto pare lui porta con sé le altre due. Mi stavo proprio chiedendo che fine aveva fatto il terzo uovo. Puoi essere fiera del tuo amico, Gaeriel. Attraverso di lui l’intera flotta ssi-ruuvi potrebbe essere infestata. Per quello che ne so ti posso garantire con virtuale certezza che nessuno dei naturali predatori delle Tricoidi olabriane sta viaggiando con gli Ssi-ruuk. Se solo riusciamo a tenerli lontani per un altro giorno ancora, abbiamo vinto.»

La porta si aprì. Il medico che l’aveva già curata entrò in fretta portando con sé una maschera a ossigeno, una bombola e un barattolo di vetro. «Ci vorrà solo un minuto, Gaeriel.» Nereus tornò a intrecciare le sue mani sulla scrivania. «Cerca di cooperare con il dottore.»

Gaeriel lanciò un’occhiata alla bombola, chiedendosi che cosa conteneva oltre all’ossigeno. «Solo a patto che anche lei respiri da quella bombola.»

Nereus scrollò le spalle. «Se non le dispiace, la passi prima a me», disse al medico. Respirò a fondo due volte, poi fece un sorriso tutto denti. «Tocca a te, Gaeriel.»

Gaeriel aspettò che il medico avesse sterilizzato la maschera prima di lasciarsela accostare al viso. Il gas era inodore. Respirò ancora, poi alzò lo sguardo sul medico e lo guardò negli occhi. «Continui», consigliò questi, «finché...»

Improvvisamente Gaeriel fu presa da un conato di vomito. Il medico le tenne premuta con fermezza la maschera sul naso. Gaeriel soffocò, chiuse gli occhi, e sputò qualche cosa di orrendo. Poi barcollò all’indietro crollando sulla sedia mentre il medico toglieva qualcosa dalla maschera e la inseriva nel barattolo di vetro. Gaeriel si sentiva rivoltare lo stomaco. Luke, gemette fra sé. Proprio come aveva temuto, avrebbe potuto morire prima che gli Ssi-ruuk potessero usarlo. Forse, dopotutto, Nereus aveva salvato l’umanità, ma a che prezzo? Ora che il giovane Jedi era condannato, Gaeriel si pentiva di tutte le parole amare che gli aveva rivolto.

«Sei stata bravissima.» Nereus applaudì usando solo le punta delle dita. «Naturalmente è un grosso problema che tu ora sappia quello che è successo alla signora Belden.»

Gaeriel cercò di concentrarsi sull’inghiottire. «D’altra parte forse no, governatore. Ci sono delle cose che bisogna divulgare, se le si vuole usare per spaventare la gente.»

«Ben detto, davvero ben detto! Tu mi piaci sempre di più. Quando avremo sconfitto i Ribelli, potrei anche decidere di graziarti. Anzi potrei perfino trovare un posto per te fra il mio personale. Ma lo hai sempre saputo che lo desideravo. Non è vero?» Appoggiò il mento su una mano.

In preda al disgusto Gaeriel si strinse le ginocchia. «Posso avere un sorso d’acqua?»

Nereus ordinò che glielo portassero. Quando ebbe bevuto, e il medico se ne fu andato con il suo barattolo di vetro, Gaeriel disse: «Da quello che ho capito, la battaglia deve essere in corso. Perché non la osserviamo dalla sua sala di guerra?»

«Non c’è bisogno di spostarsi.» Nereus trafficò con la consolle sulla sua scrivania. Un ologramma piccolo ma molto dettagliato dello spazio attorno a Bakura apparve sopra il piano della scrivania. Nereus si piegò, tese una mano dentro un compartimento interno e sollevò una bottiglia ancora sigillata di nettare di namana. «Questo è per celebrare la vittoria dell’Impero», disse con un ampio gesto della mano.

Celebrare, ripeté Gaeriel dentro di sé, amaramente, giurando che non avrebbe mai bevuto da quella bottiglia. La gola le bruciava già abbastanza.

Dev sentì che il suo battito cardiaco accelerava sempre di più mentre si avvicinavano alla rete di difesa orbitale dell’Impero. Questa volta, non sarebbero stati guidati attraverso le difese da nessun soldato imperiale. Guardando fuori dall’oblò principale della navetta, Dev poteva vedere altre navette più lente, nell’atto di attraccare alle navi in orbita. Gli umani stavano dirigendosi tutti alla battaglia. Proprio di fronte a lui, Scaglia Blu, Firwirrung e gli altri ciangottavano fra loro. Erano seduti sul pavimento della navetta, e manovravano i comandi piegati sopra i sedili dei piloti. Se una nave umana avesse distrutto questa navetta, il problema di Skywalker si sarebbe risolto. Però Dev dubitava che sarebbe potuto succedere al disotto della rete difensiva. L’attenzione di tutti i difensori di Bakura era puntata verso l’esterno, mentre cercavano di impedire alle cannoniere ssi-ruuvi di giungere alla superficie del pianeta. E poi, il velivolo in cui si trovavano era identico a tutte le altre navette imperiali che stavano trasportando gli equipaggi verso gli incrociatori in orbita. Davanti a loro qualcosa lampeggiò. Un istante più tardi si videro frammenti di un caccia umano che si allontanavano dal luogo dov’era stata l’esplosione. Evidentemente qualcuno si era messo in posizione per attaccarli. Attraverso il varco appena creatosi nella rete difensiva arrivarono, squadriglia dopo squadriglia, i droidi da battaglia, che aprivano la strada verso la Shriwirr. I caccia degli umani si avventarono verso i droidi e cominciarono a distruggerli uno per uno. Dev immaginava che l’ammiraglio Ivpikkis avesse lanciato molti attacchi simultanei in diversi punti della rete, per distrarre l’attenzione dei difensori da questa particolare navetta. Una volta che Skywalker fosse stato prigioniero sulla loro nave, incapace di reagire, e Firwirrung avesse acceso l’interruttore principale del suo apparato, avrebbero potuto intecnare gli umani da tutte le navi che gli si avvicinavano, e perfino dai pianeta; e così avrebbero potuto ricaricare tutti i droidi da battaglia di cui avrebbero avuto bisogno per completare l’invasione. Con gli occhi della mente Dev si ricordò di quei momenti terribili che aveva passato disteso su quel lettino. Lanciò uno sguardo verso il Jedi ancora immobile.

«Dev?» L’enorme occhio nero di Firwirrung apparve al disopra del sedile di guida. «Stai bene? Non sembri felice.»

«Oh», esclamò Dev in fretta, desiderando ardentemente che i volti degli Ssi-ruuk mostrassero una qualche espressione. «Sono preoccupato per la sua ferita, padrone. Non aveva nessun diritto di farle una cosa del genere.»

Firwirrung sbatté le tre palpebre. «È una ferita d’onore. Ma a quanto pare non sei contento del nostro prigioniero.»

Dev sentì che le dita gli tremavano. Se avesse tradito quello che stava pensando, lo avrebbero istantaneamente rinnovato. Peggio ancora, lo avrebbero separato da Skywalker. Fu con un terribile ritardo che la giusta risposta gli venne alle labbra. «Perché le ha fatto male, padrone.»

Firwirrung annuì lentamente. «Capisco.» Si voltò e fischiò qualcosa troppo piano perché Dev potesse capirlo.

Il Jedi sembrava ancora privo di conoscenza, disteso com’era e con la bocca aperta. Dev passò una mano sopra i suoi capelli. Seguendo il calore della Forza scoprì dove Scaglia Blu lo aveva colpito. Stava già guarendo. Di nuovo fu assalito dai dubbi.

Skywalker? pensò Dev, esitante. Sei sveglio? Posso aiutarti? Che cosa posso fare? Ma l’unica risposta che ebbe fu il pulsare della galassia.

Dev si morse un’unghia. Una pattuglia dei droidi da battaglia salì davanti alla navetta in un lampo di luce. Si rese conto che la stavano difendendo. Poteva quasi immaginare l’ammiraglio Ivpikkis mentre si sfregava gli artigli l’uno con l’altro.

I circuiti di intecnamento potevano funzionare solo su individui coscienti. Quindi avrebbero avuto almeno un paio di secondi. Dovrai muoverti in fretta, pensò con tutte le sue forze in direzione del Jedi immobile. Non ti offriranno nessuna apertura.