Una risposta soffocata: «Sì».
«Bene.» Luke accese la lama della spada. La stanza si illuminò di una sinistra luce verde, e i fischi allarmati degli alieni crebbero di tono fino a diventare urla. La luce della spada fu riflessa per un attimo in due occhi neri prima che la lama affondasse nella carne al disotto di essi. Un altro alieno urlò. Luke girò su se stesso e lo decapitò.
L’alieno azzurro, era proprio lui, quello presso il portello, riuscì finalmente ad aprirlo a calci e a fuggire. Un altro lo seguì nel corridoio illuminato.
«E ora?» gridò Dev.
«Stai giù!» Tre sagome meccaniche che gli ricordavano C1 apparvero nell’apertura del portello. Il primo droide si gettò verso di lui. Luke lo tagliò diagonalmente con la spada e si gettò verso gli altri attraverso la Forza. Non erano veri droidi, ma in qualche modo erano vivi. Uno sparò contro di lui un paio di colpi di storditore. Luke rimandò uno dei colpi contro l’attaccante e l’altro verso il suo compagno. Entrambi, sovraccaricati, si spensero, ma quello strano, fetido odore che aleggiava nella Forza, come la presenza di un’anima in decomposizione, si attutì solo leggermente. Luke ricordò di avere avvertito lo stesso fetore provenire dai droidi combattenti e dalla nave stessa. L’incrociatore puzzava ai suoi sensi, permeato com’era di energie umane rubate. Forse per la manovra e per la spinta bruciava combustibili a fusione pesante, ma l’energia per i suoi sistemi di controllo gli Ssi-ruuk la ricavavano dalle loro pratiche immonde.
Dev strisciò fuori da sotto quella sedia sinistra. Le energie tipiche del lato oscuro della Forza aleggiavano attorno a quell’oggetto, residuo dell’agonia terrificante di migliaia di vittime. «Stai bene?» chiese Luke.
La pelle marrone chiaro di Dev aveva un aspetto olivastro alla luce della spada laser, e il giovane afferrava una di quelle armi a forma di paletta con entrambe le mani. «È stato meraviglioso.»
Non era mai troppo presto per cominciare l’apprendistato jedi. «Due dei tuoi Ssi-ruuk sono morti.»
«Lo so», gemette Dev, «ma come, se no...»
«Esattamente. Bisogna combattere, ma non bisogna provarne piacere.» Sperava che Yoda non si mettesse a ridere sguaiatamente, sentendogli dire una cosa del genere.
Dev si morse il labbro superiore. «E adesso?»
«Stai indietro.» Luke piroettò facendo perno sulla sua gamba sana e tagliò una, due, tre volte la sedia e i macchinari sospesi sopra di essa, poi si occupò del lettino. I pezzi di metallo caddero con fragore sul pavimento, ammaccando le piastre metalliche del ponte. Luke ritornò con la spada in una posizione di riposo. «Ce ne sono altri di laboratori come questo?»
Avvertì lo scoraggiamento di Dev che accompagnava i suoi occhi spalancati e impauriti. «Ne hanno quasi completati altri trenta.»
Trenta! «Ci vorrà troppo tempo per distruggerli tutti. Di operativi ce ne sono altri?»
«Che io sappia no. E io ero l’assistente di...»
«Allora dovremmo presumere che questo sia l’unico.» Il sudore scorreva lungo la faccia di Luke, nonostante la sua mente nella Forza fosse rilassata. «Anche i sistemi di controllo della nave funzionano con energie umane?»
Il cipiglio di Dev si approfondì. «Non lo so. Non ci ho mai pensato. È possibile.»
«Da quello che sento io, credo di sì. Mi puoi portare nella sala motori?»
«Sì.»
Tenendo la spada abbassata, Luke si spostò di lato verso la paratia esterna. Scivolò lungo la parete nera e si sporse nel corridoio. «Ci sono altri sei droidi là fuori. Ma nessuno Ssi-ruu.»
«Hanno una paura mortale di incontrarti.»
«Perché?»
«Non vogliono morire lontano da uno dei loro mondi consacrati. È per questo che obbligano gli schiavi e i P’w’eck a combattere per loro.» Dev strisciò lungo la parete dietro di lui e sussurrò: «Sta’ attento».
«Tu stai dietro di me.» Preparandosi a rilassarsi e ad assumere il completo controllo, Luke si rese conto che già lo possedeva. Attraversò il portello, tenendo la spada in posizione di guardia. Una scarica di energia si abbatté su di lui. Dev gridò e saltò indietro. La spada di Luke balzò in aria e riflesse la scarica di energia. Il droide sfrigolò e morì.
Uno di meno. Gli altri cinque erano senza dubbio programmati per sparare... simultaneamente! La spada di Luke roteò. I droidi caddero, fumando e vomitando scintille.
Dev emise un basso fischio di ammirazione.
«Ti insegnerò a fare tutto questo.» La gamba destra di Luke pizzicava e doleva. Doveva essersi procurato una storta peggiore di quanto avesse pensato quando era saltato sopra quel tavolo.
«Fallo presto», pregò Dev. «Voglio avere tutto quello che hai tu.»
«Prima andiamo nella sala motori», mormorò Luke, soddisfatto. L’apprendistato di Dev sembrava essere cominciato ufficialmente. «Rimani dietro di me.»
Strisciarono lungo un corridoio illuminato. «Sinistra», sussurrò Dev. Luke roteò attraverso l’incrocio per attrarre il fuoco di eventuali guardie. Nessuno lo sfidò, e lui avanzò baldanzoso, ascoltando immerso nella sua calma da entrambi i lati, e usando la Forza per riposare i suoi muscoli affaticati e per diminuire il dolore che stava crescendo nella sua gamba destra.
«Ora a destra», sussurrò Dev. «C’è un ascensore.»
Luke scosse la testa. «Là dentro saremo in trappola. Quel grosso rettile azzurro probabilmente è ancora a bordo. Ci sono delle scale che collegano i ponti?»
«Gli Ssi-ruuk non possono usare le scale», mormorò Dev. «E nemmeno i P’w’eck, quelli piccoli.»
«Altri schiavi?» Luke sentì che la voce gli si spezzava e dovette schiarirsi la gola.
«Sì.»
Probabilmente gli Ssi-ruuk non sarebbero mai riusciti ad accettare membri di altre razze come propri uguali. «C’è qualche altro modo di passare da un ponte all’altro?»
«Non lo so», ammise Dev. «Io ho sempre usato gli ascensori.»
Luke si tese di nuovo nel mondo invisibile. Una rete di debole energia vivente li circondava da ogni parte, punteggiata qua e là dai luccichii più brillanti nella Forza provocati da esseri senzienti. Trovò davanti a sé un’area vuota verticale abbastanza grande. «Vieni», lo chiamò. Poiché non riusciva a trovare un portello, tagliò direttamente un’apertura nella paratia. Una rampa a spirale, troppo piccola per permettere il passaggio di un umano, conduceva in basso: evidentemente era stata disegnata per i P’w’eck o per i droidi. Dal suono e dalla sensazione si sarebbe detta deserta.
«Scendi», sussurrò Luke. Dev entrò con una gamba, poi con la testa, poi svanì dentro l’apertura. Luke lo seguì. Dev indicò il basso, e così Luke scese dentro la rampa a spirale. La sua gamba destra faceva fatica a piegarsi. I muscoli si contrassero e rimasero contratti. Dietro di lui, il dolore di Dev era come un’eco del suo: si era ferito la schiena e la mano sinistra.
Dozzine e forse centinaia di anime dovevano essere state ridotte in schiavitù nei circuiti della Shriwirr. E Luke non poteva riportare in vita nemmeno una di loro... ma forse poteva almeno far sì che alcune di esse riuscissero a riposare in pace.
Dopo un lungo periodo passato a scendere per l’angusto camminamento, Luke chiese a denti stretti: «Quanto manca per la sala motori?»
«Ponte diciotto.» Dev indicò un simbolo sulla paratia accanto a un piccolo portello. «Adesso ci troviamo al ponte diciassette.»
Luke avanzò per diverse altre volute della rampa, poi si fermò davanti a un portello. «Qui?»
«Sì, è questo.»
Luke tastò con la Forza i circuiti che si trovavano dall’altra parte del portello. Di nuovo trovò un centro di energia vitale incaricato di controllare i circuiti meccanici. Infuse una pulsazione eccitante in quello che rimaneva di una volontà umana.