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Luke si sentì scuotere il petto dalla tosse. «Dovremo accontentarci», disse con riluttanza.

«Mi dispiace per i cannoni DEMP», sogghignò Han rivolto al comandante Thanas. Entrambi i cannoni erano esplosi, rendendo inutilizzabili le navi su cui erano installati; e a Han non dispiaceva per niente. Era contento di non averne avuto uno sul suo Falcon.

«Vittime della guerra», osservò Thanas attraverso l’altoparlante sinistro di Han che riceveva il canale di comando. «E così a quanto pare è il comandante Skywalker. Mi dispiace. Ammiravo molto le sue capacità.»

«Che sta succedendo?» volle sapere la voce di Leia.

«Il governatore Nereus ha appena mandato un messaggio. Gli alieni lo hanno rapito.»

«Non pensate che Luke sia fuori dal gioco», disse Leia con voce decisa.

Han annusò l’aria. Che cos’era questo, odore di cavi surriscaldati? Vedi di reggere, bambola!

La voce sonora di Thanas si ammorbidì. «Vostra altezza, a meno che tutti gli Ssi-ruuk si ritirino, abbiamo degli ordini precisi di distruggere quell’incrociatore.»

«Che cosa?» esclamò Leia.

Han si sentì rizzare i capelli in testa. C’erano solo quattro piccole navi vedetta ssi-ruuvi che impedivano a Thanas di farlo. La Dominant aveva tutta la potenza di fuoco necessaria. «Perché?» chiese.

«Contagio, generale. Non mi hanno detto i particolari, e io non ho l’abitudine di mettere in questione gli ordini che ricevo. Non ne vale la pena, date le conseguenze che comporta.»

Leia intervenne dalla torretta inferiore del cannoniere. «Metta in questione questo. Lasci stare per adesso, comandante.» Ah... non credeva a quella storia del contagio più di quanto ci credesse Han. Il governatore Nereus voleva semplicemente rifarsi dello smacco. Han vide un filo di fumo uscire da una paratia e spense subito il circuito responsabile. Tanto, lo schema elettrico del Falcon assomigliava a una cartina di una città, e la nave poteva funzionare con parecchi dei suoi pannelli fuori uso.

La voce del comandante Thanas si indurì: evidentemente si stava rivolgendo a qualcun altro. «Squadriglie dalla otto alla undici, spazzate via quei gusci di salvataggio.»

Leia protestò: «Ma non sono armati».

«Questo non lo sappiamo», rispose Thanas freddamente. «In alcune culture i gusci di salvataggio sono dotati di armamento.»

«Cos’è, una normale procedura imperiale?» lo sfidò Leia. «Uccidere i feriti per ridurre i costi medici?»

«Non sembrate altrettanto preoccupata di quelle navi drone. Ci sono delle energie viventi, là dentro.»

«Ridotte in schiavitù», scattò Leia. «E in modo irrevocabile. Uccidendole non facciamo altro che liberare le loro anime.»

«Sono d’accordo», intervenne la voce squillante del capitano Manchisco dalla Flurry. Stava aiutando un pattugliatore imperiale a spingere uno degli incrociatori leggeri alieni a portata del raggio traente della Dominant.

«E gli alieni, vostra altezza?» insisté la voce di Thanas.

Dalla sua voce si sarebbe detto che Leia stava stringendo i denti. «Stiamo lottando per la sopravvivenza della gente di Bakura... e probabilmente di molti altri mondi, comandante. L’autodifesa giustifica molte cose. Ma mai il massacro degli indifesi.»

Thanas non rispose. Sugli schermi analizzatori di Han, una squadriglia di grossi caccia ssi-ruuvi stava convergendo verso la Dominant. I suoi turbolaser ne spazzarono via due.

«È stato un bel tentativo, Leia», borbottò Han. Attivò il circuito che comandava il comlink interno. Improvvisamente, un vortice di luci si accese sul pannello computer davanti a lui e Chewie ruggì nel comlink. «Grandioso, Chewie», esclamò Han. «Adesso vai a un cannone quadrinato!»

«Che cosa?» gridò Leia.

«3BO è di nuovo fra noi. Bada solo di non chiedergli che cosa gli è successo. Tanto, ci racconterà tutto nei particolari appena gliene daremo la possibilità. È riuscito a dare all’Impero un programma per la traduzione della lingua dei Flautati, ma adesso ce l’abbiamo anche noi.»

Leia gemette.

«Come sta Luke?» Han sparò a un altro sciame di navi droidi, puntando sulla nave di testa. Era la seconda volta che pensavano di essersi sbarazzati di tutte quelle pestifere macchine. Due volte, e invece qualche altro incrociatore ne lanciava qualche altro sciame.

«Sta ancora bene», mormorò. «Ha appena avuto a che fare con una grossa concentrazione di quei... morti viventi.» Il cannone quadrinato inferiore continuò a sparare mentre Leia parlava.

«Dolcezza, dimenticati dei droni. Concentrati su tuo fratello. Sarà bene che tu lo avverta di quello che Thanas ha appena detto.»

«Ci sto provando!»

«Cerca di convincere 3BO a trasmettere sulle loro frequenze, o qualcosa del genere.» Han strinse i denti. Luke era entrato, da solo, nel palazzo di Jabba per lui. Aveva salvato tutto solo, Han, Leia, e Lando, strappandoli letteralmente delle fauci sabbiose del Sarlacc. Nonostante le sue manie di grandezza, forse sapeva davvero quello che stava facendo.

Che cosa sto facendo ? Barcollando su una gamba sana e su una che veniva presa dai crampi ogni volta che ci appoggiava il peso, Luke completò un circuito del ponte della Shriwirr. Tutta la paratia dal pavimento al soffitto era occupata da consolle curve, decorate con simboli a lui sconosciuti. Diversi schermi isolati, collocati qua e là nel ponte, erano evidentemente stazioni di lavoro per l’equipaggio, ma non c’erano né sedie, né panche, né sgabelli. Un lungo pannello curvo serviva da oblò. «Sai come funzionano questi comandi?»

«Posso leggerti che cosa dicono le scritte. Tutto qui.»

«È un inizio», borbottò Luke. Qualcosa, al limite della sua coscienza, lo disturbava. Sentendosi a disagio, si allontanò da Dev e accese la spada.

Dev girò su se stesso. «Che cosa c’è?» disse in un sussurro.

«Non lo so.» Luke si diresse a grandi passi verso la paratia concava più vicina, poi si avvicinò al portello, abbassando la testa. «Probabilmente non è niente.»

«Ne dubito.»

Dev aveva lasciato il portello della cabina di comando aperto. Luke scivolò in avanti. Dietro le paratie, sentì... gli parve di sentire... un alieno che si avvicinava. «Dev», ordinò, «mettiti al riparo.»

Un P’w’eck fece irruzione. Luke gli tagliò la zampa anteriore, completa di fulminatore. Poi vide una granata a gas di metallo chiaro sospesa con una catena al collo della creatura. Tagliò la catena, tese una mano, e con la Forza gettò la granata fuori dal portello. Poi diede un gran colpo al pannello inserito nella paratia per far chiudere la porta. Da dietro lo spessore di metallo venne un’esplosione attutita. Nel frattempo, il P’w’eck, intrappolato, indietreggiava sul ponte, emettendo un lamento acuto.

«Parlagli.» Luke afferrò meglio la spada e cominciò a respirare affrettatamente per prevenire quella tosse che distraeva la sua attenzione. «Digli che non voglio fargli ancora del male. Se ci aiuterà, abbiamo qualche probabilità in più di riuscire a usare questa nave.»

Dev strisciò fuori da dietro un’isola di strumentazione e si mise a cinguettare e fischiare. Il P’w’eck esitò un attimo, poi si buttò verso il suo fulminatore.

Luke lo afferrò al volo. «Digli che non verrà nessun altro finché il corridoio non sarà libero dal gas.»

Dev cinguettò. Il P’w’eck scosse di nuovo la testa. Luke si chiese se aveva il coraggio di provare a interrogare l’alieno. Non avrebbe nemmeno saputo come fare. La creatura probabilmente non pensava in standard.

Luke gettò a Dev il fulminatore del P’w’eck. «C’è qualche modo di legarlo? Di impedirgli di rallentarci ancora?»

Dev si accigliò, poi abbassò il fulminatore e trapassò il cranio dell’alieno con un colpo.

«Dev!» esclamò Luke. «Non uccidere mai quando non ce n’è bisogno!»