Se solo avesse capito quanto era inutile la sua resistenza. Dev avanzò. «Va tutto bene.» Teneva il suo proiettore ionico, uno strumento medico che poteva anche servire come arma, nella decorazione a righe blu e verde della sua lunga tunica. «Non è come pensi, niente affatto.»
Gli occhi dell’uomo si spalancarono tanto da far vedere l’osceno bianco della sclera tutt’attorno all’iride. «Come penso?» ripeté l’uomo e i suoi sentimenti nella Forza erano un vortice di panico. «Chi sei tu? Che cosa ci fai qui? Aspetta... tu sei quello...»
«Io sono tuo amico.» Tenendo gli occhi semichiusi per nascondere la sclera (aveva solo due palpebre, non tre come il suo padrone), Dev appoggiò la mano destra sulla spalla dell’uomo. «E sono qui per aiutarti. Non avere paura.» Per favore, aggiunse fra sé. La tua paura mi fa così male. E tu sei fortunato. Sarà una cosa veloce. Premette il proiettore ionico contro il collo del prigioniero. Sempre tenendo l’attivatore premuto, lo fece scorrere lungo la spina dorsale dell’uomo.
I muscoli dell’ufficiale imperiale si rilassarono. Le sue guardie lo lasciarono cadere a terra sulle piastrelle grigie. «Goffi servi!» Firwirrung balzò in avanti sulle potenti zampe posteriori, la coda rigida mentre riprendeva severamente i piccoli P’w’eck. Se si trascurava la mole e la mancanza di colorazione, potevano apparire quasi identici ai loro padroni Ssi-ruuk... almeno da lontano. «Rispettate i prigionieri», cantò Firwirrung. Poteva anche essere giovane per il suo grado, ma di certo sapeva farsi rispettare.
Dev aiutò gli altri tre a sollevare e mettere in posizione l’umano sudato e puzzolente. Perfettamente cosciente, perché in caso contrario l’arco d’intecnamento non avrebbe funzionato, l’uomo riuscì in qualche modo a proiettarsi giù dalla sedia. Dev lo afferrò per le spalle, sforzando la propria schiena. «Rilassati», mormorò Dev. «Va tutto bene.»
«Non fatelo!» supplicò il prigioniero. «Ho amici potenti! Pagheranno qualsiasi cifra per il mio rilascio!»
«Ci piacerebbe molto incontrare i tuoi amici. Ma non ti possiamo privare di questa gioia.» Dev lasciò che il centro del suo spirito galleggiasse sopra la paura del prigioniero, poi l’abbassò come una coperta consolante. Appena i P’w’eck ebbero assicurato bene i legacci, Dev mollò la presa e si massaggiò la schiena. La zampa anteriore di Firwirrung scattò in avanti, inserendo uno degli aghi della fleboclisi. Non aveva sterilizzato l’ago: non era necessario.
Finalmente il prigioniero, incapace di difendersi, fu pronto per il trasferimento. Un liquido chiaro colava da un occhio e dall’angolo della bocca. Le pompe spingevano il fluido magnetizzato su lungo il tubicino della fleboclisi.
Un’altra anima liberata, un’altra nave droide pronta alla conquista dell’Impero umano.
Cercando di ignorare la faccia bagnata dell’umano e il suo terrore snervante, Dev appoggiò una snella mano scura sulla spalla sinistra del prigioniero. «Va tutto bene», disse piano. «Non ci sarà nessun dolore. Ti aspetta una meravigliosa sorpresa.»
Per tutto il giorno i prigionieri vennero intecnati senza problemi, a parte una femmina che riuscì a liberarsi dalla presa di un servo P’w’eck e che si sfracellò la testa contro una paratia prima che Dev riuscisse ad afferrarla. Dopo diversi minuti passati nel tentativo di rianimarla, il padrone Firwirrung abbassò testa e coda in segno di sconfitta. «Niente da fare», fischiò pieno di rammarico. «Che triste spreco. Riciclatela.»
Dev ripulì tutto. L’intecnamento era un lavoro nobile e lui sentiva profondamente l’onore di esservi coinvolto, anche se il suo ruolo si limitava a quello di un servo che usava la Forza per calmare i soggetti. Infilò il proiettore ionico nel suo alloggiamento sotto una mensola, con la parte piatta in alto e lo spinse finché non sentì che la bocchetta di proiezione appuntita era agganciata al caricatore. L’impugnatura nodosa, disegnata apposta per la sua mano a cinque dita, pendeva sotto la cocca.
Firwirrung condusse Dev attraverso gli spaziosi corridoi della nave fino al loro alloggio e per rilassarsi versò una dose di ksaa per entrambi. Dev accettò la bevanda con gratitudine, seduto sull’unica sedia presente nella cabina circolare. Gli Ssi-ruuk non avevano bisogno di mobili. Sibilando di contentezza, Firwirrung sistemò comodamente la grossa coda e i quarti posteriori sul tiepido pavimento grigio della cabina. «Sei contento, Dev?» chiese. I suoi liquidi occhi neri ammiccarono da sopra la tazza di ksaa, riflettendo la tinta rossa del tonico amaro.
Era un’offerta di sollievo. Quando la sua esistenza rendeva Dev triste, quando il senso di completezza che aveva provato accanto alla presenza di sua madre nella Forza cominciava a mancargli troppo, Firwirrung lo portava dall’anziano Sh’tk’ith dalle scaglie blu, per sottoporlo alla terapia rigenerante.
«Molto contento», rispose Dev sinceramente. «È stata una buona giornata di lavoro. C’è stata molta bontà.»
Firwirrung annuì saggiamente. «Molta bontà», fischiò in risposta. Le lingue che gli servivano per sentire gli odori saettarono fuori dalle sue narici, annusando-gustando la presenza di Dev. «Tenditi, Dev. Che cosa vedi questa sera nell’universo invisibile?»
Dev sorrise debolmente. Il suo padrone aveva voluto fargli un complimento. Gli Ssi-ruuk erano ciechi alla Forza. Dev sapeva, ora, che era lui l’unico sensitivo, umano o alieno, che avessero mai incontrato.
Attraverso Dev, gli Ssi-ruuk erano venuti a sapere della morte dell’imperatore appena pochi attimi dopo che era avvenuta. La Forza esisteva in tutte le forme di vita e lui aveva sentito l’onda d’urto propagarsi attraverso lo spazio e lo spirito.
Qualche mese prima, l’imperatore Palpatine aveva offerto agli Ssi-ruuk dei prigionieri in cambio di caccia droidi da poter usare per i fini dell’Impero e sua potenza lo Shreeftut aveva accettato prontamente. Palpatine non poteva sapere quante dozzine di milioni di Ssi-ruuk vivevano su Lwhekk, nel loro distante ammasso stellare. L’ammiraglio Ivpikkis, invece, aveva catturato e interrogato diversi umani. Così aveva scoperto che il loro Impero si estendeva per diversi parsec. I suoi innumerevoli sistemi stellari erano come tiepide sabbie da schiusa, pronti ad accogliere la semina degli Ssi-ruuk.
Ma poi l’imperatore era morto. Non ci sarebbe più stato nessun accordo. Gli umani traditori avevano abbandonato la flotta ssi-ruuvi mandata in avanscoperta senza preoccuparsi di come questa, con l’energia quasi esaurita poteva tornare a casa. Così l’ammiraglio Ivpikkis si era fatto avanti con l’incrociatore da battaglia Shriwirr e una piccola forza d’avanguardia, costituita da appena una mezza dozzina di navi d’attacco dotate d’equipaggiamento di supporto per l’intecnamento. Il grosso della flotta era rimasto indietro, ad aspettare notizie della vittoria o del fallimento.
Se fossero riusciti a conquistare un mondo umano di una qualche importanza, quell’equipaggiamento di intecnamento, sotto il comando del suo padrone Firwirrung, gli avrebbe consentito di impadronirsi dell’intero Impero umano. Bakura, appena fosse caduta, avrebbe fornito la tecnologia per costruire un’altra dozzina di sedie d’intecnamento. Ogni Bakurano intecnato avrebbe comandato o difeso un droide da combattimento o avrebbe rivitalizzato qualche componente di uno degli incrociatori. Con dozzine di squadre di intecnamento pronte e addestrate, la flotta ssi-ruuvi avrebbe potuto conquistare i popolosi Mondi del Nucleo. I pianeti da liberare erano dozzine di migliaia. C’era tanta bontà da distribuire.
Dev provava un’ammirazione sconfinata per il coraggio dei suoi padroni, che avevano rischiato tanto ed erano venuti da tanto lontano per il bene dell’Impero ssi-ruuvi e la liberazione delle altre specie. Quando uno Ssi-ruu moriva lontano dal suolo consacrato di uno dei suoi mondi, sapeva che il suo spirito si sarebbe aggirato per sempre, solo, nell’universo.