E questa era l’ultima speranza di Thanas.
Pter Thanas sobbalzò quando Skywalker diffuse il suo ordine attraverso la radio subspaziale. Durante questa battaglia si era risvegliato qualcosa in lui, qualche parte di lui che non era più indifferente. Una parte che credeva di aver seppellito anni prima, su Alzoc III.
Nereus di certo non avrebbe esitato a rispedirlo là. Guardò una nicchia protetta da tre sbarre rosse. Lì dietro c’era una leva con scritto sopra «autodistruzione». In un’altra nicchia, a metà strada al di là del ponte, c’era la sua compagna. Se fossero state tirate simultaneamente, avrebbero fatto saltare il generatore principale della Dominant. L’esplosione avrebbe ridotto in cenere tutto quanto la circondava.
La sua carriera era finita.
Si voltò verso il suo aiutante, un giovane dalla schiena rigida e dallo sguardo fermo. «A tutto l’equipaggio», ordinò, «abbandonare la nave.» L’equipaggio poteva allontanarsi abbastanza da sfuggire alla distruzione. Gli ufficiali di coperta, però, sarebbero rimasti. Tale era la disciplina imperiale. Quelle due leve non avevano un meccanismo a tempo.
Il giovane aiutante rimase sull’attenti, in attesa del prossimo ordine.
Thanas si fissò gli stivali neri, lucidi e immacolati su un pavimento altrettanto lucido. A Bakura, come su Alzoc III, aveva ricevuto degli ordini immorali da un ufficiale superiore che non rispettava. Avrebbero potuto essere questi i suoi ultimi momenti, sacrificato a un Impero a cui non importava dei suoi cittadini... l’ultima eredità di un imperatore morto.
Oppure avrebbe potuto pentirsi e ammettere che tutta la sua vita era stata un errore.
D’altra parte, ricordava bene gli ultimi ordini che il governatore Nereus gli aveva impartito quando si erano separati. Freddamente, si raddrizzò e guardò il ponte. I suoi ufficiali si stavano evidentemente preparando a un ultimo atto di eroismo.
«Comunicazioni», abbaiò, «apritemi un canale con Skywalker. Dovunque sia.»
«Agli ordini, signore.»
Pter Thanas si voltò verso la stazione di comunicazione e appoggiò una mano sul suo fulminatore. Qualcuno, sul ponte di comando, di certo lo stava tenendo d’occhio. «Comandante Skywalker», chiamò, mentre toglieva la sicura. «Devo avvertirla che qualunque contatto lei abbia con degli umani, mette in pericolo le loro vite. Nereus mi ha ordinato in modo specifico di accertarmi che lei non ritornasse su Bakura. Ha detto che lei è stato infettato con qualche tipo di malattia o infestazione.»
«È un problema che ho risolto», rispose la voce di Skywalker, «prima che potesse diffondersi ulteriormente. Si ricordi che io sono un Jedi.»
Avrebbe dovuto aspettarselo. La voce di Skywalker, però, sembrava molto debole. «Davvero? Mi sta dicendo la verità?»
«Sono a bordo del Falcon con i miei più cari amici. Non sarei qui se avessi dei dubbi.»
Thanas lanciò uno sguardo al ponte di comando. «Molto bene. Se mi arrendessi e le consegnassi la Dominant...»
Un movimento attirò il suo sguardo. Uno dei suoi uomini era balzato in piedi, tendendo la mano verso la cintura. Thanas girò su se stesso e sparò: ecco l’infiltrato della sicurezza imperiale, che era lì per accertarsi che la nave da guerra non cadesse in mani nemiche.
«Comandante Thanas?» chiese la voce di Skywalker. «È ancora lì?»
«Una piccola distrazione. Se mi arrendessi e le consegnassi la Dominarti, potrebbe garantirmi che rilascerà tutti i membri dei mio equipaggio che hanno combattuto sotto i miei ordini?»
«Sì», promise Skywalker con voce roca. «Manderemo tutto il personale imperiale a un punto di raduno neutrale, e da lì lasceremo che ritornino alle loro case... a meno che non vogliano disertare e unirsi a noi. Lei deve garantirmi che a ognuno verrà offerta questa possibilità.»
«Questo non posso farlo.»
«Ci penserò io.»
Thanas afferrò una delle ringhiere che correvano lungo il. ponte. Che razza di traditore era quello che consegnava la proprietà imperiale al nemico e offriva al personale dell’Impero la possibilità di cambiare nave?
La razza di traditore che aveva ancora verso i minatori schiavi di Talz un debito che non avrebbe mai potuto ripagare. Forse, su Alzoc III, l’Alleanza sarebbe stata più benevola di quanto era stato quel colonnello. «D’accordo», sospirò Thanas. «Portatemi nell’Alleanza e fate di me quello che riterrete giusto.»
Skywalker emise un pesante sospiro. «Accetto la sua nave, e, temporaneamente, la sua persona. Si trasferisca alla mia...» Sembrò esitare, «... alla mia ammiraglia. E la prego, porti con sé un ufficiale medico. Ha la mia parola che anche lui sarà rilasciato appena possibile».
«Lei ha bisogno di cure?»
«Ho detto che ho risolto quel problema. Ma c’è un altro umano a bordo che si è malamente ustionato. Penso che potrebbe farcela, se riceve in fretta delle cure adeguate.»
«Oh.» Thanas strinse gli occhi e provò a indovinare. «Sibwarra?»
Skywalker esitò. «Sì.»
«Lei chiede troppo.» Che razza di entità irrazionale e soprannaturale aveva educato Luke Skywalker, per fornirgli questi scrupoli? Thanas percorse a grandi passi il ponte di comando, accanto alla sala operativa infossata dove le strumentazioni della nave ronzavano. «Però ci terrei che Sibwarra fosse portato a rispondere dei suoi atti. Davanti a un tribunale imperiale o alleato, non ha importanza... purché sia una giuria umana. Vedrò cosa posso fare.»
«Vi manderemo il personale necessario per far funzionare la Dominant», disse Skywalker.
La voce di Solo si sovrappose a quella di Skywalker: «Ma sarà meglio che lei venga disarmato, in un guscio di salvataggio. E guardi che le sto facendo un grosso piacere a lasciarla salire a bordo, anche così».
«Capisco... generale.»
L’altoparlante tacque.
Thanas trasse un profondo respiro. Non aveva idea di che cosa lo aspettasse ora, ma non avrebbe trascinato il suo equipaggio con sé, qualunque fosse il suo destino. Avrebbe affrontato da solo la collera dell’Alleanza e il rischio dell’infestazione, o almeno, quasi da solo. «Ufficiali di coperta, dirigetevi alle scialuppe di salvataggio. Lasciate libero un guscio d’evacuazione a due posti.»
«Signore.» Uno degli ufficiali girò su se stesso e lasciò il ponte.
«E qualcuno si occupi di trasportare lui.» Thanas fece un gesto con il mento verso l’uomo della sicurezza che giaceva, stordito, sul ponte. «Portatelo con voi. Capitano Jamer, il comando passa a lei.»
«Sissignore.» Un ometto la cui posizione era sul retro del ponte di comando, si mise sull’attenti. Pter Thanas si sfregò il mento, poi aprì un canale diretto al suo staff medico. Era possibile che Skywalker avesse davvero neutralizzato la minaccia del contagio, ma Thanas non si sarebbe sentito sicuro alla presenza del Jedi finché uno dei suoi uomini non lo avesse controllato.
Luke guardava Han, che manovrava il Falcon in modo da accostare un piccolo oggetto rotondo. I sensori confermavano che a bordo c’erano due forme di vita. «Sei sicuro di volerlo far salire a bordo?» Han era ancora nervoso.
Luke sospirò, stanco di litigare. «Sì. Qual è la prossima domanda?»
«Perché?» scattò Han.
«Siamo tutti un po’ nervosi», li placò Leia. «Ma questo è l’unico posto dove possiamo custodirlo. E dobbiamo subito appurare che cosa sta veramente succedendo a Salis D’aar.»
«Be’, anche disarmato, non lo voglio libero di girare per la mia nave. Ammanettiamolo a Chewie, no, a 3BO, e chiudiamoli tutti e due nella stiva. 3BO può fare gli onori di casa con il prigioniero.»
Luke sorrise. «Sembra una punizione sufficiente per qualunque crimine.»
«Povero Thanas», assentì Leia.
Chewbacca sfiorò con delicatezza i comandi della camera stagna, programmando la guarnizione a tenuta stagna in modo che potesse venire disattivata manualmente; dopodiché, Luke, Han e Leia si avvicinarono al portello stagno e attesero. Diversi minuti dopo, il comandante Thanas attraversò il portello con le mani alzate. Le uniformi imperiali non erano tagliate per assumere quella posa: la giacca color cachi era tirata e in disordine. «Sono disarmato», insisté. «Controllate pure.»