— Vai a piedi? — Danny scuote la testa. — Non ce la farai mai, amico. Meglio metterla nella mia auto. Ti darò un passaggio. Peccato non poterne portare due… Ma aspetta, possiamo.
— Io non ho due gomme di scorta — dico.
— Puoi adoperare la mia, abbiamo ruote di dimensioni uguali. — Questo non lo sapevo. Noi non abbiamo né la stessa marca né lo stesso modello di automobile, e macchine diverse spesso non hanno le ruote di grandezza uguale. Lui come poteva saperlo? — E ricordati di serrare i bulloni opposti… non a fondo!… e poi i rimanenti. Poi serra a fondo, sempre gli opposti a coppie, va bene? Tu mantieni così bene la tua automobile che probabilmente non hai mai avuto bisogno di sapere questo.
Mi chino a serrare i bulloni. Dopo ciò che mi ha detto, ricordo esattamente che me lo aveva detto anche il mio istruttore. È uno schema anche questo, uno schema semplice. Mi piacciono gli schemi simmetrici. Appena ho finito vedo Danny di ritorno con la sua ruota di scorta. Guarda l'orologio.
— Dovremo sbrigarci — dice. — Ti dispiace se la prossima la cambio io? Ho molta più pratica di te.
— No, non mi dispiace — rispondo. Non sto dicendo l'intera verità. Se davvero lui ha ragione e io potrò avere due gomme nuove stasera, questo mi sarà di grande aiuto; però Danny si sta introducendo a forza nella mia vita, mi sta mettendo fretta, mi fa sentire lento e stupido. E questo mi dispiace. Lui però si sta comportando come un amico. Sta cercando di aiutarmi. È importante essere riconoscenti quando uno ci aiuta.
Alle 20.21 ambedue le ruote di scorta sono montate nel retro della mia macchina, che ha un aspetto buffo con le gomme anteriori a terra e quelle posteriori gonfie. Le ruote inservibili sono nel portabagagli dell'auto di Danny e io sono seduto accanto a lui. Di nuovo lui accende la radio e una musica violentemente ritmica mi scuote i nervi. Vorrei balzar fuori, i suoni sono troppo rumorosi e sono sbagliati. Danny mi parla, ma io non riesco a capire ciò che dice: i suoni e la sua voce si confondono.
Quando arriviamo alla rivendita di gomme, lo aiuto a portare le ruote sgonfie nel negozio. L'impiegato mi guarda quasi senza espressione. Prima che io possa cominciare a spiegargli cosa voglio, lui scuote la testa.
— È troppo tardi — dice. — Non possiamo cambiare gomme a quest'ora.
— Ma siete aperti fino alle nove — obietto.
— Il negozio sì; ma non cambiamo gomme così tardi. — Guarda verso la porta del negozio, dove un uomo dinoccolato in calzoni blu scuro e camicia avana con un taschino sta appoggiato allo stipite e si sta pulendo le mani con uno straccio rosso.
— Non sono potuto arrivare prima — spiego. — E comunque voi siete aperti fino alle nove.
— Senta, signore — dice l'impiegato. Ha sollevato un angolo della bocca, ma non in un sorriso e nemmeno in un mezzo sorriso. — Gliel'ho detto: è arrivato troppo tardi. Anche se volessimo metterle gomme nuove alle ruote, dovremmo trattenerci qui fino a dopo le nove. E scommetto che lei non si trattiene fino a tardi solo per finire un lavoro che qualche idiota le ha appiccicato all'ultimo momento.
Apro la bocca per dire che io ho davvero fatto tardi al lavoro ed è per questo che sono arrivato tardi qui, ma Danny ha fatto un passo avanti. L'uomo dietro il bancone di colpo si raddrizza e pare allarmato; comunque Danny sta guardando l'uomo accanto alla porta.
— Ciao, Fred — dice con voce lieta, come se avesse incontrato un amico. Ma in sottofondo c'è uno strano filo di acciaio nella sua voce. — Come te la passi di questi tempi?
— Ah… bene, signor Bryce. Mi mantengo pulito.
A me non pare. Ha macchie nere sulle mani e le unghie sporche; anche i suoi calzoni e la camicia sono macchiati.
— Bravo Fred, bravo. Guarda, a questo mio amico hanno vandalizzato la macchina ieri notte. E ha dovuto far tardi al lavoro perché era arrivato tardi stamattina. Io speravo proprio che tu potessi dargli una mano.
L'uomo alla porta guarda quello dietro il bancone e le loro sopracciglia vanno su e giù. Poi l'uomo dietro il bancone si stringe nelle spalle. — Dovrai chiudere tu — dice; poi si rivolge a me. — Suppongo lei sappia che genere di gomme vuole.
Certo che lo so. Ho comprato gomme qui solo pochi mesi fa, perciò so cosa dire.
Sono le 21.17 quando io e Danny ce ne andiamo con due ruote rimesse a nuovo. Fred le fa rotolare fuori e le mette nel portabagagli della sua macchina. Io mi sento stanchissimo. Non so perché Danny mi stia aiutando. Non mi piace l'idea della sua ruota di scorta sulla mia macchina; è una cosa sbagliata, come un pezzo di pesce in uno spezzatino di carne. Quando arriviamo a casa lui mi aiuta a montare le gomme nuove al posto delle ruote anteriori della mia auto e a mettere le due ruote ancora sgonfie nel portabagagli. Solo allora mi rendo conto che domani mattina potrò andare in macchina al lavoro e a mezzogiorno potrò sostituire tutt'e due le gomme tagliate.
— Grazie tante — dico. — Adesso posso usare l'auto.
— Certo che puoi — dice Danny e sorride, un sorriso autentico stavolta. — Ascolta un suggerimento: cambia posto alla tua macchina. Mettila verso il retro del parcheggio.
— Buona idea — dico. Sono talmente stanco che mi costa molto dirlo.
— Por nada - risponde Danny, mi fa un cenno di saluto ed entra in casa.
Salgo in macchina. L'aria è un poco stantia, ma il sedile è a posto. Sto tremando un poco. Accendo il motore e poi la musica… la mia musica… e lentamente faccio marcia indietro, giro di fianco alle altre macchine e vado a fermarmi al posto che Danny mi ha indicato. È vicino alla sua auto.
Stento ad addormentarmi, anche se sono così stanco, o forse proprio a causa di questo. Mi fanno male le gambe e la schiena. Continuo a pensare di udire rumori e a svegliarmi di soprassalto. Infine metto di nuovo la mia musica, Bach stavolta, e finalmente mi addormento cullato dalla sua armonia.
Al mattino faccio colazione, mi preparo il pranzo ed esco. Per le scale incontro Danny.
— A mezzogiorno farò sostituire le gomme tagliate — gli dico. — Ti restituirò la ruota di scorta stasera.
— Non c'è fretta — risponde. — Oggi non userò la macchina.
Io però gli restituirò la ruota ugualmente, perché non la voglio sulla mia auto. È una stonatura perché non è la mia.
Arrivo al lavoro con cinque minuti di anticipo e trovo nell'atrio il signor Crenshaw e il signor Aldrin che parlano. Il signor Crenshaw mi guarda. Ha gli occhi lucidi e duri. Non mi piace guardarli, ma non abbasso i miei.
— Niente gomme a terra oggi, Arrendale?
— No, signor Crenshaw — dico.
— La polizia ha poi trovato quel vandalo?
— Non lo so. — Vorrei andare nel mio ufficio, ma c'è lui di mezzo e io dovrei spingerlo da parte. Questo non è educato.
— Chi è l'agente che si occupa del caso? — chiede il signor Crenshaw.
— Non ricordo il suo nome, ma ho scritte qui le sue specificazioni — dico tirando fuori di tasca il portafogli.
Il signor Crenshaw alza le spalle e scuote la testa. La sua fronte si è aggrottata. — Lascia stare — dice, poi si volge al signor Aldrin. — Vieni, andiamo nel mio ufficio a parlarne con comodo. — Si volta e il signor Aldrin lo segue. Adesso posso andare in ufficio.
Non so perché il signor Crenshaw abbia chiesto il nome del poliziotto e poi non abbia voluto guardare la carta che quello mi ha data. Vorrei chiedere al signor Aldrin di spiegarmelo, ma se n'è andato anche lui. Non so perché il signor Aldrin, che è una persona normale, segua dappertutto il signor Crenshaw in quel modo. Forse ne ha paura? Le persone normali possono avere paura l'una dell'altra? E se è così, che vantaggio c'è a essere normali?