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Non capisco: perché pensa di doversi trasferire a causa delle mie gomme tagliate? Nessuno potrebbe tagliare le sue perché non ne ha: non possiede un'automobile.

— Hai visto chi è stato? — domanda. Ha lasciato una parte dei suoi panni penzolanti dal bordo della macchina.

— No — dico. Prendo i panni bianchi dal loro cestino e li metto nella lavatrice di destra; poi aggiungo il detersivo, misurandolo con cura perché sarebbe uno spreco usarne troppo, ma d'altra parte le mie cose non verrebbero pulite se ne usassi troppo poco. Infilo le monete nella fessura, chiudo lo sportello, regolo la macchina per il lavaggio caldo, risciacquo freddo, ciclo regolare e premo il tasto START. Nella macchina si produce come un tonfo e l'acqua gorgoglia attraverso le valvole.

— È terribile — commenta la signorina Kimberly. Sta mettendo il resto della sua roba nell'asciugatrice e le tremano le mani. Io tolgo i panni colorati dal loro cestino e li metto nella lavatrice di mezzo. — Queste cose vanno bene per gente come te — dice lei.

— Cos'è che va bene per gente come me? — chiedo. La signorina non mi ha mai parlato così prima d'ora.

— Tu sei giovane e sei un uomo — spiega. — Non hai preoccupazioni.

Non capisco. Secondo il signor Crenshaw io non sono giovane: sono abbastanza vecchio da aver giudizio. E sono certo un uomo, ma non comprendo perché questo giustifichi il massacro delle mie gomme.

— Io non volevo che mi tagliassero le gomme — dico, parlando lentamente perché non so cos'ha in mente la signorina.

— Naturale che non lo volevi — mi tranquillizza lei in fretta. Di solito la sua pelle appare pallida e giallastra sotto il neon della lavanderia, ma adesso sulle sue guance sono apparse due macchie rosse. — Tu però non devi preoccuparti che qualcuno ti salti addosso. Uomini.

Guardo la signorina e non riesco a immaginare che qualcuno possa saltarle addosso. Ha i capelli grigi e abbastanza radi da far vedere il rosa del cranio, ha molte rughe e macchie scure sulle braccia. Vorrei chiederle se parla sul serio, ma so che è serissima. Non ride nemmeno di me quando faccio cadere qualcosa.

— Mi dispiace che lei sia preoccupata — dico versando detergente nella lavatrice piena di panni colorati. Infilo le monete nella fessura. La porta dell'asciugatrice si chiude con fragore: io l'avevo dimenticata del tutto nel cercare di comprendere le angosce della signorina Kimberly, così sobbalzo e una delle monete mi cade nella lavatrice. Adesso dovrò tirar fuori tutto per cercarla, e il detersivo si spargerà sulla macchina e sul pavimento. Sento un ronzio nella testa.

— Grazie, Lou — dice la signorina. La sua voce si è fatta più calma e più calda. Sono sorpreso: non mi aspettavo di aver detto la cosa giusta. — Cosa c'è che non va? — domanda mentre io comincio a togliere i panni dalla macchina, scuotendoli perché il detersivo vi ricada dentro.

— Ho fatto cadere una moneta nella macchina — dico.

Lei mi si sta avvicinando. Io non voglio che mi venga accanto. Porta un profumo troppo acuto e dolciastro.

— Lascia stare, usane un'altra. Poi tirerai fuori la moneta perfettamente pulita insieme ai panni — mi dice.

Rimango immobile un istante con i panni in mano. Posso lasciare la moneta nella macchina? Sì, ne ho un'altra in tasca. Lascio cadere la mia roba e tiro fuori la moneta. La infilo nella fessura, chiudo lo sportello, regolo la lavatrice e premo START. Di nuovo il tonfo e il gorgogliare dell'acqua. Mi sento strano. Credevo di capire la signorina Kimberly prima, quando era la solita vecchia signora che faceva il bucato il venerdì sera come me. Credevo di averla capita pochi minuti fa, almeno abbastanza da comprendere che era sconvolta per qualche ragione. Ma lei ha pensato a una soluzione del mio problema immediatamente, mentre io ritenevo che fosse ancora troppo turbata. Come ha fatto a immaginare la soluzione? È forse qualcosa che la gente normale fa abitualmente?

— È più facile fare così che togliere i panni — spiega lei. — In questo modo non sporchi nulla e poi non devi far la fatica di ripulire. Io porto sempre con me un po' di monete extra a scanso di guai. — Fa una risatina malinconica. — Con l'avanzare dell'età, a volte le mani mi tremano. — Fa una pausa e mi guarda: mi rendo conto che aspetta qualcosa da me.

— Grazie — le dico.

Ho detto di nuovo la cosa giusta: lei mi sorride.

— Sei un caro ragazzo, Lou; mi dispiace per le tue gomme — dice, e guarda l'orologio. — Ho delle telefonate da fare. Tu resti qui? Badi all'asciugatrice?

— Rimango qui giù — dico — ma non in questa stanza, è troppo rumorosa. — Gliel'ho già detto altre volte, quando lei mi chiedeva di tener d'occhio la sua roba.

La signorina Kimberly esce e anch'io vado nell'atrio.

Il pavimento della lavanderia è di un brutto cemento grigio, un poco in discesa verso un grosso canale di scolo coperto posto sotto le macchine. Quello dell'atrio è di mattonelle, ognuna a righe in due toni di verde e beige. Ogni mattonella è un quadrato di trenta centimetri di lato; l'atrio è largo cinque quadrati e lungo quarantacinque quadrati e mezzo. La persona che ha disposto le mattonelle le ha messe in modo che le righe s'incrocino reciprocamente… cioè, ogni mattonella è disposta in modo che le sue righe formino un angolo di novanta gradi con le strisce della mattonella vicina. La maggior parte delle mattonelle sono messe nell'uno o nell'altro di due sensi, ma otto di esse sono disposte in senso capovolto rispetto alle altre.

Mi piace guardare questo pavimento e pensare a quelle otto mattonelle. Quale schema poteva essere completato solo disponendo le otto mattonelle in quel modo? Finora sono riuscito a immaginare tre schemi possibili. Una volta cercai di parlarne con Tom, ma lui non è in grado di vedere gli schemi nella sua mente come succede a me. Io allora feci un disegno su un foglio di carta, però ben presto mi accorsi che lui si annoiava. Non è educato annoiare la gente, così non gliene ho parlato più.

Io comunque trovo il pavimento dell'atrio di un interesse inesauribile.

Sento la centrifuga di una delle lavatrici cambiar rumore e torno in lavanderia. So che per arrivare alla lavatrice mi ci vuole esattamente il tempo che impiega la centrifuga a fermarsi. È come un gioco fare l'ultimo passo mentre la centrifuga compie l'ultimo giro. L'asciugatrice di sinistra sta ancora brontolando. Io prendo i miei panni bagnati e li metto nell'asciugatrice di destra. L'ho appena caricata e controllato che nella lavatrice non sia rimasto niente quando anche la seconda lavatrice finisce il suo ciclo.

Tolgo la mia roba anche da questa macchina e in fondo trovo la mia moneta tutta lucida e pulita. La intasco, metto i panni nell'asciugatrice, inserisco le monete e accendo.

La signorina Kimberly ritorna proprio nel momento in cui l'asciugatrice con la sua roba si arresta. Mi sorride. Porta un piatto con sopra alcuni biscotti. — Grazie, Lou — dice, e mi porge il piatto. — Prendine qualcuno. So che ai ragazzi… volevo dire ai giovanotti come te… piacciono i biscotti.

Ne porta quasi tutte le settimane. A volte alcuni tipi di biscotti che lei fa non mi piacciono molto, ma non glielo dico. Questa sera sono biscottini al limone, che mi piacciono moltissimo: ne prendo tre. La signorina mette il piatto sul tavolo pieghevole e tira fuori il suo bucato dall'asciugatrice mettendolo direttamente nel cestino: non ripiega i panni quaggiù. — Quando avrai fatto riportami il piatto, Lou — chiede. Aveva detto la stessa cosa la settimana scorsa.

— Grazie, signorina Kimberley — dico.

— Di nulla, di nulla — risponde lei, come sempre. Finisco i biscotti, lascio cadere le briciole nel cestino della spazzatura e ripiego i miei panni prima di salire in casa. Lascio il piatto alla signorina Kimberley e vado nel mio appartamento.