Выбрать главу

— Per favore, provi a farlo. Il signor Crenshaw sostiene che costiamo troppo, che i profitti ne soffrono. Ma da dove provengono davvero i profitti?

10

Il signor Aldrin mi guarda a occhi spalancati. Infine parla: — Non so che dire, Lou, perché non so esattamente in che cosa consista il trattamento o quali potrebbero esserne gli effetti se venisse applicato a persone che non sono autistiche.

— Non può nemmeno…

— E poi… poi non credo che dovrei parlare di questo argomento. Aiutare voi è un conto… — Finora non ci ha aiutati: mentirci non significa esserci d'aiuto. — Ma fare supposizioni su qualcosa che non esiste, pensare che la compagnia abbia in mente qualche attività a largo raggio che potrebbe… che si potrebbe considerare come… — S'interrompe e scuote la testa senza concludere la frase. Noi lo fissiamo tutti. I suoi occhi luccicano come se lui stesse per piangere.

— Non sarei dovuto venire — dice dopo un poco. — È stato un grave errore. Pagherò la cena, ma adesso devo andarmene.

Spinge indietro la sedia e si alza. Lo vedo passare alla cassa. Nessuno di noi dice parola finché non lo vediamo uscire dalla porta della pizzeria.

— È pazzo — dice Chuy.

— Ha paura — corregge Bailey.

— Ma non ci ha aiutati davvero — dice Linda. — Non so perché si sia disturbato…

— Suo fratello — dice Cameron.

— Qualcosa che noi abbiamo detto lo ha turbato molto più del signor Crenshaw o di suo fratello — deduco io.

— Lui sa qualcosa che non vuole farci sapere. — Linda con un gesto brusco getta all'indietro i capelli.

— Non vuole saperlo neanche lui — dico io. Non so perché penso questo, ma lo credo davvero. Si tratta di qualcosa che noi abbiamo detto. Ho bisogno di capire cos'era.

— C'era qualcosa tempo addietro, all'inizio del secolo — dice Bailey. — In una rivista scientifica, qualcosa su come far diventare le persone quasi autistiche in modo che lavorassero di più.

— Era una rivista scientifica o una rivista di fantascienza? — chiedo.

— Era… ma aspetta, la ritroverò. Conosco qualcuno che sa di cosa si tratta.

— Non impostare la ricerca dall'ufficio — dice Chuy.

— Perché? Oh… sì — annuisce Bailey.

— Domani pizza di nuovo — dice Linda. — Venire qui è normale.

Apro la bocca per dire che il martedì è il mio giorno per fare la spesa, ma la richiudo. Questa faccenda è più importante della spesa; ne posso fare a meno per una settimana o farla un altro giorno.

— Ognuno di noi guardi cosa può trovare sull'argomento — dice Cameron.

A casa, invio un'e-mail a Lars. Dove si trova lui è molto tardi, ma lo trovo ancora sveglio. Vengo a sapere che la ricerca originale è stata fatta in Danimarca, ma che l'intero laboratorio, con l'attrezzatura e tutto, è stato acquistato e la base della ricerca adesso è stata spostata a Cambridge. La relazione che io lessi qualche settimana fa era basata su una ricerca condotta più di un anno prima. Il signor Aldrin aveva ragione. Lars pensa che la maggior parte del lavoro da fare per rendere i trattamenti compatibili con gli esseri umani sia stata già fatta, e insinua qualcosa su esperimenti condotti in segreto dai militari. Questa è una sua mania: Lars vede esperimenti segreti condotti dai militari dappertutto.

Martedì al lavoro non ci parliamo affatto tranne che per augurarci il buongiorno o il buon pomeriggio. Dopo il lavoro ritorniamo alla pizzeria. — Due sere di seguito! — dice Ciao-Sono-Sylvia. Non riesco a capire sé ne è contenta o no. Prendiamo il nostro solito tavolo al quale ne accostiamo un altro in modo che ci sia posto per tutti.

— E allora? — dice Cameron dopo che abbiamo fatto le ordinazioni. — Cos'abbiamo trovato?

Riferisco al gruppo quel che mi ha detto Lars. Bailey ha trovato il testo del vecchio articolo, il quale chiaramente appartiene alla fantascienza e non alla scienza. Non avevo mai saputo che le riviste scientifiche pubblicassero anche fantascienza, ma pare che lo abbiano fatto solo per un anno.

— Si supponeva che questo trattamento facesse sì che le persone si concentrassero totalmente sul loro lavoro e non perdessero tempo in altre cose — dice Bailey.

— Il signor Crenshaw crede che noi perdiamo tempo? — domando.

Bailey annuisce.

— Noi però non perdiamo tanto tempo quanto ne perde lui andando sempre in giro con una faccia rabbiosa — dice Chuy.

Ridiamo tutti, ma sottovoce.

— L'articolo dice in che modo funzionava il trattamento? — chiede Linda.

— All'incirca — dice Bailey. — Ma non sono certo che l'ipotesi si basi su un principio davvero scientifico. E poi l'articolo risale a decine e decine di anni fa. Quel che allora si credeva che funzionasse può essersi rivelato fasullo più tardi.

— Loro non vogliono persone autistiche come noi — dice Eric. — Volevano… o la storia dice che volevano… doti e concentrazione da fenomeno vivente, ma senza effetti secondari. Se ci paragoniamo a fenomeni viventi, noi certo perdiamo parecchio tempo… anche se non quanto crede il signor Crenshaw.

— Anche le persone normali perdono un sacco di tempo in attività non produttive — dice Cameron. — Almeno quanto noi, se non di più.

— E cosa ci vorrebbe per fare un fenomeno vivente di una persona normale senza i problemi accessori? — domanda Linda.

— Non lo so — dice Cameron. — Tanto per cominciare, la persona dovrebbe essere già parecchio intelligente, e brava a fare qualcosa. Poi dovrebbe desiderare di fare quella cosa a esclusione di qualsiasi altra.

— Infatti, non servirebbe a niente se la persona volesse far qualcosa che non è brava a fare — dice Chuy. Io immagino una persona decisa a diventare musicista e che sia stonata e priva di senso del ritmo: ridicolo! Vediamo tutti il lato buffo della cosa e ridiamo.

— Ma alla gente davvero capita di voler fare qualcosa che non sa fare? — chiede Linda. — Alla gente normale, intendo. — Una volta tanto non ha pronunciato il termine normale come se fosse una parolaccia.

Restiamo tutti pensosi per un poco, poi Chuy dice: — Io avevo uno zio che voleva diventare scrittore. Mia sorella, che legge un sacco, diceva che lui proprio non ne era capace. Era pessimo, insomma. Era invece molto dotato per il lavoro manuale, ma voleva scrivere.

— Ecco le pizze — dice Ciao-Sono-Sylvia mettendo giù i piatti fumanti. Sorride, ma ha l'aria stanca e non sono ancora le sette.

— Grazie — dico, e lei fa un cenno di saluto e se ne va.

— Qualcosa che impedisca alla gente di distrarsi — Bailey torna all'argomento principale. — Qualcosa che renda loro gradevoli le cose giuste.

— La distraibilità è determinata dalla sensibilità sensoriale a ogni livello di elaborazione, e dalla forza dell'integrazione sensoriale — recita Eric. — Queste cose le ho lette. In parte è innata. Il circuito del controllo dell'attenzione si sviluppa assai presto nella vita del feto, ma può venir compromesso da danni ricevuti più tardi…

Provo un senso di nausea, come se qualcosa stesse assalendo il mio cervello in quel momento, ma ignoro quella sensazione. Ciò che ha causato il mio autismo risiede nel passato e io non posso cancellarlo. Ora l'importante non è pensare a me, ma riflettere sul problema.

Per tutta la vita mi hanno detto che sono stato fortunato a nascere nel momento adatto per godere dei benefici degli interventi precoci volti a minimizzare il mio handicap. Sono stato fortunato perfino a nascere troppo presto per la cura definitiva, perché… così dicevano i miei genitori… dover faticare mi ha dato l'occasione di dimostrare la mia forza di carattere.

Ma cos'avrebbero detto se quel trattamento fosse stato disponibile quando io ero bambino? Avrebbero preferito che io fossi di carattere forte o che fossi normale? E accettare il trattamento avrebbe potuto per caso significare che non avevo forza di carattere? O avrei trovato altri ostacoli da sormontare?