Tutto sta nel sapere da dove cominciare. Se si comincia dal punto giusto e si segue la strada giusta, si arriva al risultato voluto.
Se voglio capire quali effetti può avere questo trattamento che renderà ricco il signor Crenshaw, allora devo sapere come lavora il cervello… come lavora veramente. È come il manubrio della bicicletta, è lui che guida tutta la persona. E devo imparare anche cosa sono i farmaci e come funzionano.
Tutto ciò che ricordo del cervello dai giorni di scuola è che è fatto di materia grigia e adopera un sacco di glucosio e di ossigeno. Io volevo che il mio cervello fosse come un computer, qualcosa che lavorasse bene da solo e non facesse errori.
I testi dicevano che il problema dell'autismo era centrato nel cervello, e ciò mi faceva sentire come un computer guasto, qualcosa che bisognava distruggere o rimandare in fabbrica. Tutti gli interventi, tutti gli anni di formazione e di apprendistato erano come software programmati apposta perché un computer malfunzionante lavorasse bene. Ma ciò non è possibile, e non lo è stato nemmeno nel caso mio.
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Stanno accadendo troppe cose, e troppo in fretta. Sembra quasi che la velocità degli eventi superi quella della luce, ma io so che questo non è oggettivamente vero. "Oggettivamente vero" è una definizione che trovai in uno dei testi on-line che cercavo di leggere. Il testo diceva anche che "soggettivamente vera" è l'impressione che una cosa produce su un individuo. Io adesso ho l'impressione che troppe cose stanno avvenendo tanto in fretta che quasi non si riesce a percepirle. Stanno avvenendo prima che se ne possa prendere coscienza, nel buio che è sempre più veloce della luce perché arriva sempre prima.
Siedo davanti al computer tentando di scoprire uno schema in questa situazione. Scoprire schemi, configurazioni, è la mia capacità maggiore. La fede negli schemi, nell'esistenza degli schemi è apparentemente il mio credo, è parte di ciò che sono.
Quando ero bambino trovai in biblioteca un libro che parlava solo di proporzioni, dalle più piccole alle più grandi. Pensai che era il miglior libro che ci fosse in giro. Non capivo come facessero gli altri bambini a preferire libri privi di struttura, che raccontavano storie di complicati sentimenti e desideri umani. Perché doveva essere più importante leggere la vicenda di un ragazzino immaginario che entrava a far parte di una squadra di calcio altrettanto immaginaria anziché imparare come le stelle marine e le stelle del cielo potevano rientrare nelle stesse configurazioni?
Quello che ero allora pensava che astratti schemi numerici fossero più importanti di astratti schemi di relazioni. I grani di sabbia sono reali, le stelle sono reali. Sapere quali legami li univano mi dava un senso di calore, di sicurezza. Le persone che mi circondavano erano abbastanza difficili, a volte perfino impossibili, da interpretare. I personaggi dei libri mi confondevano ancor peggio.
Quello che sono ora continua a pensare che se le persone fossero numeri sarebbero più facili da capire. Però quello che sono ora sa che le persone non hanno la minima somiglianza coi numeri. Le persone sono persone, complesse e mutevoli, e si combinano in modo diverso tra di loro da un giorno all'altro… perfino da un'ora all'altra. Neppure io sono un numero. Io sono il signor Arrendale per il poliziotto venuto a investigare il danno alla mia macchina e Lou per Danny, benché anche Danny sia un poliziotto. Sono Lou lo schermidore per Tom e Lucia, Lou l'impiegato per il signor Aldrin e Lou l'autistico per Emmy al Centro.
Mi fa venire le vertigini pensare a questo, perché dentro io mi sento una persona sola, non tre o quattro o una dozzina. Io sono lo stesso Lou, quando rimbalzo sul trampolino o sono seduto nel mio ufficio o mentre sto ascoltando Emmy o esercitandomi con Tom o guardando Marjory e sentendo in me quel calore e quel senso di leggerezza. Le impressioni si muovono su di me come la luce e l'ombra su un paesaggio in un giorno di vento. Le colline rimangono le stesse, sia che si trovino nell'ombra delle nuvole o al sole.
Nelle immagini delle nuvole che corrono attraverso il cielo io ho visto uno schema… nuvole che si formano da una parte e si dissolvono nel cielo chiaro dall'altra, dove le colline formano una cresta.
Penso agli schemi nel nostro gruppo di schermidori. Secondo me, è chiaro che chiunque mi abbia rotto il parabrezza questa sera sapeva dove trovare il preciso parabrezza che voleva rompere. Sapeva che io ero lì e sapeva qual era la mia macchina.
Quando penso alle persone che conoscono di vista la mia auto e poi alle persone che sanno dove vado tutti i mercoledì pomeriggio le possibilità si restringono. L'evidenza si contrae fino a diventare una punta che indica un nome. È un nome impossibile, è il nome di un amico. Gli amici non rompono i parabrezza dei loro amici. E poi lui non ha motivo di essere in collera con me, anche se lo è con Tom e Lucia.
Deve trattarsi di qualcun altro. Anche se io sono bravo nell'individuare schemi, anche se ho riflettuto a fondo su questo problema, non posso fidarmi del mio ragionamento quando si tratta di come agisce la gente. Io non capisco le persone normali, perché troppo spesso non si adattano a uno schema razionale. Dev'essere per forza qualcun altro, qualcuno che non è un amico, qualcuno che prova antipatia per me ed è arrabbiato con me. Ho bisogno d'individuare quest'altro schema, lasciando da parte lo schema più ovvio che è impossibile.
Pete Aldrin stava esaminando l'ultimo organigramma della compagnia. Fino a quel momento i licenziamenti erano solo sporadici, non tanto numerosi da attirare l'attenzione dei media, ma almeno metà dei nomi che conosceva non si trovavano più sulla lista. Presto sarebbero cominciate a correre le voci. Betty alle Risorse umane… ha chiesto il pensionamento anticipato. Shirley alla Contabilità…
Il fatto era che lui doveva dare l'idea di essere d'aiuto a Crenshaw, qualunque cosa facesse. Finché pensava di opporglisi, il gelido nodo di paura che gli si formava nello stomaco gli impediva di prendere qualunque iniziativa. Non osava scavalcare Crenshaw. Non sapeva nemmeno se il capo di Crenshaw fosse consapevole dei suoi piani o se questi fossero unicamente farina del sacco di Crenshaw. Non osava confidarsi con nessuno degli autistici: come sapere se capivano l'importanza di mantenere il segreto?
Era sicuro però che Crenshaw non avesse comunicato i suoi progetti ai piani alti. Lui voleva esser considerato un risolutore di problemi, un dirigente lungimirante, uno che governava il suo piccolo impero con efficienza. Non avrebbe fatto domande, non avrebbe chiesto permessi. Il suo piano poteva trasformarsi in un incubo di pubblicità negativa se fosse trapelato; qualcuno dei massimi dirigenti avrebbe potuto accorgersene. Crenshaw però contava sul fatto che non ci fosse alcuna pubblicità, che non ci fossero rivelazioni o pettegolezzi. E ciò non era ragionevole, anche se lui faceva il bello e il brutto tempo nella sua divisione.
E se Crenshaw fosse caduto e Aldrin avesse dato l'impressione di averlo aiutato, allora anche lui avrebbe perso il posto.
Cosa ci sarebbe voluto per trasformare l'intero settore A in un gruppo di soggetti di ricerca? Avrebbero dovuto assentarsi dal lavoro: per quanto tempo? Ci si aspettava che per la loro assenza utilizzassero i periodi di ferie e licenze per malattia, o la compagnia avrebbe concesso una licenza speciale? E se si rendeva necessaria questa licenza, quale influenza avrebbe avuto sui loro stipendi? E sulla loro anzianità di servizio? E come sarebbe stata organizzata la contabilità della sezione… gli autistici sarebbero stati pagati dalla sezione stessa o dall'ufficio Ricerca?