— Benvenuti — dice. — Sono contento di conoscervi. Ho saputo che siete tutti interessati a questo test clinico, eh? — Non aspetta una nostra risposta. — Sarò breve — continua. — Oggi del resto parleremo solo di quanto riguarda il protocollo, degli appuntamenti per gli esami e così via. Prima di tutto lasciate che vi esponga in breve la storia di questa ricerca.
Parla molto in fretta, consultando un taccuino. Ci spiega delle ricerche sull'autismo, a cominciare dall'inizio del secolo, con la scoperta di due geni associati con disturbi di tipo autistico. Poi passa alla ricerca odierna, sempre cominciando dall'inizio, col lavoro del primo ricercatore sull'organizzazione sociale e la comunicazione tra primati che ha portato alla fine a questo possibile trattamento.
— Questo non è che un breve inquadramento della materia — dice. — Probabilmente è anche troppo per voi, ma dovete scusare il mio entusiasmo. Ne troverete una versione semplificata nelle vostre cartelle, diagrammi inclusi. Essenzialmente ciò che ci proponiamo di fare è normalizzare il cervello autistico e poi rieducarlo in una versione potenziata e più rapida dell'integrazione sensoriale infantile, in modo che la nuova architettura funzioni come si deve. — Fa una pausa, beve qualche sorso d'acqua e continua. — Tanto basta per questa prima riunione. Riceverete gli appuntamenti per gli esami… anche questi dati li troverete nelle cartelle… In seguito ci saranno altri incontri con il personale medico. Consegnate i questionali e gli altri documenti alla signorina alla porta. Se verrete accettati nel protocollo ne sarete informati. — Si volta e se ne va prima che io o qualunque altro possiamo pensare a qualcosa da dire.
Il signor Aldrin si alza e si rivolge a noi. — Consegnate a me i questionari riempiti e firmate la clausola di riservatezza… e non vi preoccupate: nel protocollo sarete accettati tutti.
Non è questo che mi preoccupa. Finisco il questionario, firmo la clausola, consegno tutto al signor Aldrin e me ne vado senza parlare con gli altri. Ho sprecato quasi tutta la mattinata di sabato e voglio tornare alle mie letture.
Ritorno a casa con tutta la rapidità permessa dai limiti di velocità e ricomincio a leggere appena rientrato nell'appartamento. Non mi fermo per fare le pulizie generali in casa e alla macchina, la domenica non vado in chiesa. Faccio stampate di due capitoli da portare con me al lavoro lunedì e martedì, in modo da poterli leggere durante la pausa pranzo. Assimilo le informazioni in forma chiara e organica, i vari schemi disposti ordinatamente in paragrafi, capitoli e sezioni. Nella mia mente c'è posto per tutto.
Per il mercoledì seguente mi sento pronto per chiedere a Lucia cosa dovrei leggere allo scopo di capire come lavora il cervello. Ho fatto i test on-line in biologia prima e seconda, biochimica prima e seconda e chimica organica teorica prima. Ho dato di nuovo un'occhiata al testo di neurologia, del quale adesso capisco molto di più, ma non sono sicuro che sia quello più adatto a me. Non so quanto tempo mi rimanga e non voglio sprecarlo con il testo sbagliato.
Mi sorprende il fatto che io non mi sia dedicato prima a questo lavoro. Quando ho cominciato a tirare di scherma, ho letto tutti i libri sulla scherma che Tom mi aveva raccomandato e ho guardato tutti i video che potevano essermi d'aiuto. Quando faccio qualche gioco al computer, leggo tutto quel che posso sull'argomento.
Eppure prima di adesso non mi ero mai proposto d'imparare quanto potevo circa il modo di lavorare del mio cervello: non so perché. So che all'inizio tutto mi sembrava molto strano, ed ero quasi sicuro che non sarei stato in grado di assimilare quello che dicevano i testi. Invece mi è stato facile. Credo che avrei potuto prendere una laurea in questo argomento se ci avessi provato; ma i miei consiglieri mi dissero tutti di scegliere matematica applicata e io seguii il loro consiglio. Loro mi dicevano di cosa ero capace e io gli credevo. Non pensavano che io avessi il tipo d'intelligenza necessaria per dedicarmi a un lavoro scientifico. Forse si sbagliavano.
Mostro a Lucia la lista che ho stampato di tutti i testi che ho letto e i risultati conseguiti nei test di valutazione. — Adesso ho bisogno di sapere quale altro testo leggere — dico.
— Lou… mi vergogno di dire che sono sbalordita. — Lucia scuote la testa. — Tom, viene a vedere! In una settimana Lou ha fatto tutto il lavoro necessario per prendere un diploma in biologia.
— Non proprio — lo correggo io. — Io ho studiato una cosa sola, mentre per il diploma in biologia bisogna studiare botanica e altre cose…
— Io veramente stavo pensando alla profondità dei tuoi studi e non alla loro ampiezza — dice lei. — Lou, hai capito davvero la sintesi organica?
— Non so — rispondo. — Non ho fatto nessuna prova in laboratorio. Ma lo schema della sintesi è chiarissimo, il modo in cui gli elementi si uniscono tra loro…
— Lou, mi sai dire perché alcuni gruppi si attaccano a un anello di carbonio adiacente a essi e altri invece devono saltare un carbonio o due?
È una domanda sciocca, penso. È ovvio che il posto al quale i gruppi si attaccano dipende dalla loro configurazione e dalla carica che portano. Le vedo chiarissime nella mia mente, le configurazioni informi con intorno la nuvola della carica positiva o negativa. Ma non dirò a Tom che la domanda è sciocca. Ricordo i paragrafi del testo che spiegavano il fenomeno, ma credo lui voglia sentirmi esprimere con parole mie. Così mi spiego il più chiaramente possibile, senza ricorrere nemmeno a una frase del testo.
— E hai imparato tutto questo dopo aver letto il testo… quante volte?
— Una — dico. — Ma alcuni paragrafi due volte.
— Diavolo — esclama Tom. — Lucia… hai idea di come lavorino duramente tanti studenti per imparare questa roba?
Ma imparare non è duro; è il non imparare che è duro. — È facile vedere queste cose nella propria mente — dico. — E i testi avevano illustrazioni.
— Straordinaria memoria visiva — mormora Lucia.
— Anche con le illustrazioni e con le animazioni in video, la maggior parte degli studenti passa i suoi guai con la chimica organica — mi spiega Tom. — E tu ne hai imparata tanta leggendo testi una volta sola… Lou, tu ci hai imbrogliati. Sei un genio.
— Può trattarsi di un'abilità parziale — dico. Il termine che Tom ha applicato a me mi fa paura. Se lui pensa che io sia un genio, forse non vorrà più farmi esercitare con il gruppo.
— Abilità parziale un corno — insiste Lucia. Pare irritata, e io mi sento piccolo piccolo. — Oh, Lou, non ce l'ho con te… Ma il concetto di abilità parziale è così… antiquato. Ognuno di noi ha punti di forza e debolezze; ognuno di noi ha capacità che si estendono in un campo e non in un altro. Studenti di fisica che prendono voti altissimi in meccanica guidano un'automobile come cani, e così via.
— Comunque io credo che dipenda tutto dalla memoria — dico, ancora inquieto. — Io posso imparare a memoria con grande facilità.
— Spiegare le cose con parole tue non significa imparare a memoria — mi corregge Tom. — Conosco il testo che hai trovato on-line… Sai, Lou, non mi hai mai chiesto cosa faccio per vivere.
Sobbalzo: è vero. Non gli ho mai chiesto che lavoro faccia, non mi viene mai in mente di chiedere alla gente che lavoro fa. Ho conosciuto Lucia alla clinica, perciò so che è medico; ma Tom?
— Che lavoro fai?
— Insegno all'università — dice. — Ingegneria chimica.
— Sei un insegnante? — chiedo.
— Già. Ho due corsi per laureandi e un corso per quelli che aspirano al dottorato. Perciò so cosa pensano gli alunni della chimica organica. E so come ne parlano gli alunni che la capiscono rispetto a quelli che non la capiscono.