Выбрать главу

— Lei è? — chiede Stacy rivolgendosi a lui.

— Pete Aldrin; sono il supervisore di Lou. Non so se lei capisce… — Aldrin mi lancia un'occhiata che non riesco a interpretare, e Stacy annuisce.

— Ho già parlato una volta con il signor Arrendale — dice. Ancora una volta rimango sbalordito per come lo fanno, per il modo in cui si passano informazioni senza pronunciare parole. — Non voglio trattenerla.

— Ma io… penso che Lou abbia bisogno…

— Signor Aldrin, il signor Arrendale non ha nulla da temere. Noi stiamo cercando di aiutarlo, di fare in modo che quel pazzo non gli faccia del male. Ora, se lei avesse un posto sicuro dove lui possa restare per pochi giorni, mentre noi cerchiamo di localizzare il vandalo, questo ci sarebbe di aiuto, ma altrimenti… non credo proprio che gli serva una balia mentre parlo con lui. Naturalmente, dipende dal signor Arrendale… — Il poliziotto mi guarda. Vedo qualcosa nel suo viso che potrebbe essere un sorriso, ma non ne sono sicuro. È un'espressione ambigua.

— Lou è una persona di grandi capacità e che noi apprezziamo molto — dice il signor Aldrin. — Io volevo solo…

— Assicurarmi che venga trattato come si deve. Lo capisco. Ma deve decidere lui.

Adesso mi guardano tutti e due, e io mi sento impalato da quelle due paia di occhi. So che il signor Aldrin vuole che io gli dica che può rimanere; ma lui vuol rimanere per le ragioni sbagliate e io non desidero che resti. — Andrà tutto bene — lo tranquillizzo. — La chiamerò se avrò bisogno di lei.

— Aspetto fuori, allora. — Esce e io sento i suoi passi risuonare nel corridoio. Entra nel cucinino e sento l'altra sedia scricchiolare. Evidentemente ha deciso di rimanere lì.

Il poliziotto chiude la porta del mio ufficio e siede nella sedia che Aldrin ha portato per lui. Io siedo nella mia poltrona. L'uomo si guarda intorno.

— Le piacciono le cose che girano, vero?

— Sì — dico. Mi chiedo quanto tempo rimarrà. Dovrò rimettere in pari il tempo perso.

— Ora le spiegherò alcune cose sui vandali — dice. — Ce ne sono di diversi tipi. C'è quello… di solito un ragazzino, che vuole solo provocare danni. Così taglia una gomma o rompe un parabrezza o porta via un segnale stradale… tanto per fare casino, e non sa e non si cura di sapere a chi fa il danno. Poi c'è quella cosa che noi chiamiamo rigurgito. Succede una rissa in un bar che poi continua fuori, e allora si ammaccano le automobili del vicino parcheggio; oppure c'è una folla per strada, qualcuno comincia a fare il matto e di colpo anche gli altri si mettono a infrangere vetrine e a rubare roba. Tra loro c'è gente che abitualmente non è violenta… che poi magari si scandalizza per come si è comportata in mezzo alla folla. — Fa una pausa e mi guarda. Io annuisco, so che lui vuole da me una risposta.

— Lei vuol dire che alcuni vandali non hanno intenzione di danneggiare una persona in particolare.

— Esatto. C'è l'individuo che gode a far danni ma senza conoscere la vittima; e c'è l'individuo che di solito non fa danni ma si trova coinvolto in una situazione violenta. Ora, quando noi ci troviamo di fronte a un episodio di vandalismo… come la faccenda delle sue gomme… che chiaramente non è un rigurgito, immediatamente pensiamo all'individuo a cui piace far danni, e che è il tipo di vandalo più comune. Se qualche altra macchina avesse avuto le gomme tagliate nel suo stesso quartiere nelle settimane seguenti, noi avremmo supposto che qualche monellaccio si stava divertendo a modo suo. Molto seccante ma non pericoloso.

— Anche costoso, per i proprietari delle automobili — dico.

— Certo, e per questo l'azione è illegale. C'è però un terzo tipo di vandalo, e quello è pericoloso: il vandalo che se la prende con una persona in particolare. Tipicamente questa persona comincia con qualcosa che provoca danni ma non è dannosa… come tagliare le gomme. A questo punto alcune di queste persone si fermano, soddisfatte di una singola vendetta; e allora tutto può ancora andar bene. Ma altri non si accontentano, e a questo punto bisogna cominciare a preoccuparsi. Nel suo caso noi vediamo il taglio delle gomme, relativamente non violento, seguito dalla rottura del parabrezza, azione più violenta, e infine l'ancora più violento piazzamento di una piccola carica di esplosivo in un punto dove poteva farle del male. Ogni incidente è venuto a costituire un incremento di violenza. Ecco perché noi temiamo per la sua incolumità.

Io mi sento come se stessi fluttuando in una sfera di cristallo, non connessa con alcuna cosa esterna. Non mi percepisco in pericolo.

— Lei può ritenersi al sicuro — continua Stacy, leggendomi di nuovo nella mente — ma ciò non significa che lei sia al sicuro. L'unico modo per lei di trovarsi al sicuro è di vedere dietro le sbarre il picchiatello che la perseguita.

Ha detto "picchiatello" con tanta naturalezza: mi chiedo se è questo che pensa anche di me.

Legge di nuovo nei miei pensieri. — Spiacente, non avrei dovuto adoperare quel termine… probabilmente termini del genere lei ne avrà sentiti abbastanza. È questo che mi fa infuriare: lei è qui, buon lavoratore e brava persona e quello… quella persona cerca di farle del male. Cosa gli duole?

"Non l'autismo" vorrei dire, ma taccio. Non credo che un autista si comporterebbe in quel modo, però non li conosco tutti e potrei sbagliarmi.

— Voglio solo che lei sappia che stiamo prendendo la cosa sul serio — dice lui. — Anche se al principio non ci siamo mossi molto in fretta. Quindi adesso parliamo chiaro. Il bersaglio dev'essere proprio lei. Ha mai sentito citare il vecchio detto sugli atti ostili?

— No.

— Una volta è un incidente, due volte è una coincidenza, ma tre volte è un atto ostile. Perciò se qualcosa che può essere diretta solo contro di lei accade per tre volte, è il momento di arguire che qualcuno ce l'ha con lei.

Ci penso su per un momento. — Ma… se si tratta di un atto ostile, era così anche la prima volta, vero? Non era un incidente.

Lui sembra sorpreso, aggrotta la fronte, sporge le labbra. — Be'… Già, ha ragione, tuttavia lei non lo sa che è una prima volta finché non accadono le altre e solo allora si può riconoscere che appartengono alla stessa categoria.

— Comunque se accadono tre incidenti veri uno potrebbe pensare che si tratta di atti ostili… e sbagliare.

Lui mi guarda fisso, scuote la testa: — In quanti modi si può sbagliare? — chiede. — E in quanti si può aver ragione?

In un istante mi si presenta nella testa il calcolo bell'e fatto: le decisioni formano un arazzo dove gli incidenti sono arancione, le coincidenze sono verdi, gli atti ostili sono rossi. Tre incidenti, e per ognuno le possibilità di vero o falso, con tre teorie di verità, a seconda del valore assegnato a ogni azione. E un filtro a monte per la selezione dell'incidente. È con questo tipo di problemi che ho a che fare tutti i giorni, solo che di solito sono di ben altra complessità.

— Ci sono ventisette possibilità diverse — dico. — E di queste una sola è corretta, se per correttezza dobbiamo intendere che tutt'e tre le parti del detto siano vere, che il primo incidente sia davvero un incidente, il secondo davvero una coincidenza e il terzo davvero un atto ostile. Anche un'altra può essere corretta ma è diversa: quella che ammette tutti e tre gli incidenti come azioni ostili.

Lui mi contempla a bocca aperta. — Ma come…? Ha fatto il conto così, a mente?

— È un esercizio di permutazioni: non è difficile, la formula me l'hanno insegnata a scuola.

— Dunque c'è solo una possibilità su ventisette che la mia ipotesi sia giusta? Sciocchezze. Non sarebbe un detto popolare se non fosse vero in più casi del… del quattro per cento, no? Qui c'è qualcosa che non va.

Le sue mancanze di logica e di preparazione matematica sono penosamente evidenti. — Tuttavia il concetto di verità dipende dallo scopo — continuo io. — Una possibilità su ventisette corrisponde a una possibilità di errore del novantasei virgola tre per cento sul valore di tutto l'enunciato. Ma in nove casi… un terzo del totale… l'ultimo incidente è un atto ostile, il che fa scendere la possibilità di errore, rispetto all'incidente finale, al sessantasette per cento. E poi ci sono diciannove casi in cui l'atto ostile può verificarsi… come primo, secondo o ultimo incidente o come combinazione di essi. Diciannove su ventisette equivale al settanta virgola trentasette per cento: questa è la probabilità che un atto ostile si sia verificato in almeno uno dei tre incidenti. Presumere un atto ostile rimane errato nel ventinove virgola sessantatré per cento dei casi, che però equivale a solo un terzo del totale. Quindi, se è importante stare in guardia contro probabili atti ostili, cioè se per lei è più importante scoprire un atto ostile che evitare di sospettarlo quando non lo è, allora è più conveniente sospettare che si sia verificato un atto ostile quando si esaminano tre incidenti che sono in relazione tra di loro.