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— Io non sto cercando d'impedirtelo — dico.

— Linda non lo farà — annunciò Bailey. — Dice che lascerà il lavoro.

— Io non capisco perché gli schemi devono essere gli stessi — dice Eric, che sta guardando il libro. — Non è sensato.

— Cosa non lo è?

— Che gli schemi di attivazione dei cervelli normali per i visi sconosciuti siano uguali a quelli dei cervelli autistici per i visi conosciuti.

— Le persone normali prestano più attenzione alle facce — dice Chuy.

— Le persone normali si occupano degli altri — dice Cameron. — Ecco perché io voglio essere normale.

— Le persone normali hanno a cuore le persone normali — dice Eric. — E gli autistici hanno a cuore gli autistici.

— Non è proprio vero — ribatte Cameron, e si guarda intorno. — Guardate noi. Eric sta disegnando sagome con le dita, Bailey si sta mordendo le labbra, Lou si sta sforzando talmente di sedere composto che sembra fatto di legno e io agito il mio dado che lo voglia o no. Voi accettate che io agiti il dado che ho in tasca, ma non vi occupate di me. Quando la scorsa primavera ho avuto l'influenza, nessuno di voi mi ha chiamato o mi ha portato da mangiare.

Non dico nulla. Non c'è nulla da dire. Io non ho chiamato e non ho portato cibo perché non sapevo se Cameron voleva che lo facessi. Credo non sia giusto da parte sua lagnarsene ora. Non sono sicuro del resto che le persone normali chiamino sempre e portino sempre cibo quando qualcuno sta male. Guardo gli altri. Nessuno di loro guarda Cameron. A me è simpatico Cameron, sono abituato a lui. Che differenza c'è tra avere simpatia per qualcuno ed essere abituati a lui? Non lo so con chiarezza, e questo non mi piace.

— Neppure tu ti occupi di noi — obietta infine Eric. — È più di un anno che non ti fai vedere alle riunioni del Centro.

— Già, è vero — ammette Cameron. — Continuo a vedere… non so come esprimermi… quelli più anziani, quelli che sono peggio di noi. I giovani no: adesso li curano tutti appena nascono o prima. Quando avevo vent'anni era diverso. Ma adesso… noi siamo gli unici del nostro genere. Gli autistici più anziani, quelli che non hanno avuto neppure l'addestramento che abbiamo avuto noi… non mi piace vedermeli intorno. Mi incutono la paura di tornare indietro, di diventare come loro. E non abbiamo più nessuno da aiutare, perché autistici giovani non ce ne sono più.

— Tony — dice Bailey guardandosi le ginocchia.

— Sì, Tony. Lui è il più giovane e ha… quanto, ventisette anni? È l'unico sotto i trenta. Tutti gli altri più giovani al Centro sono… diversi.

— A Emmy piace Lou — dice Eric. Io lo guardo. Non so cosa voglia dire.

— Se fossi normale, non dovrei più andare dallo psichiatra — dice Cameron. Penso alla dottoressa Fornum e mi dico che non vederla più è quasi una ragione sufficiente per sottoporsi al trattamento. — Potrei sposarmi senza certificato di stabilità. Avere bambini.

— Tu vuoi sposarti — dice Bailey.

— Sì — annuisce Cameron. La sua voce è alta di nuovo, ma non più tanto alta, e il suo viso è rosso. — Voglio sposarmi. Voglio avere bambini. Voglio abitare in una casa normale in un quartiere normale e viaggiare sui trasporti pubblici e vivere il resto della mia vita come una persona normale.

— Anche se non sarai più la stessa persona? — chiede Eric.

— Certo che sarò la stessa persona — si oppone Cameron. — Però sarò normale.

Io non sono sicuro che questo sia possibile. Quando penso ai vari modi in cui io non sono normale, non riesco a immaginare di essere normale e di rimanere la stessa persona. L'essenza di questo trattamento è di cambiarci, di renderci altri da noi, e certo ciò coinvolge anche la personalità, il sé.

— Lo farò da solo se non vorrà farlo nessun altro — insiste Cameron.

— La decisione è tua — dice Chuy.

— Sì — mormora Cameron — sì.

— Mi mancherai — dice Bailey.

— Puoi venire anche tu — propone Cameron.

— No. Non ancora, comunque. Voglio saperne di più.

— Ora vado a casa — dice Cameron. — A loro lo dirò domani. — Si alza e io vedo la sua mano nella tasca che manipola il dado, su e giù, su e giù.

Non ci salutiamo, non ne abbiamo bisogno tra di noi. Cameron esce e chiude piano la porta alle sue spalle. Gli altri mi guardano e poi distolgono gli occhi.

— A certe persone non piace ciò che sono — dice Bailey.

— Certe persone sono diverse da ciò che altre persone credono — dice Chuy.

— Cameron era innamorato di una donna che non era innamorata di lui — dice Eric. — Lei gli disse che tra loro non avrebbe mai funzionato. Successe quando lui era al liceo. — Mi chiedo come fa Eric a saperlo.

— Emmy dice che Lou è innamorato di una donna normale che gli rovinerà la vita — dice Chuy.

— Emmy non sa di cosa parla — protesto. — Emmy dovrebbe occuparsi dei fatti suoi.

— Cameron pensa che quella donna potrebbe amarlo se lui fosse normale? — chiede Bailey.

— Lei ha sposato un altro — spiega Eric. — Cameron pensa che potrebbe innamorarsi di qualcuna che potrebbe ricambiarlo. Credo che questa sia la ragione per cui vuole il trattamento.

— Io non lo farei per una donna — commenta Bailey. — Se lo farò, lo farò per me. — Mi chiedo cosa direbbe se conoscesse Marjory. Se io fossi certo che il trattamento mi facesse amare da Marjory, acconsentirei? Quest'idea mi mette a disagio: l'allontano.

— Io non so che effetto faccia la normalità. Le persone normali non sembrano sempre felici. Forse essere normali è brutto quanto essere autistici. — La testa di Chuy si agita, su e giù, su e giù.

— Io vorrei provare — dice Eric. — Ma vorrei anche poter tornare indietro al mio vecchio io, se la cosa non funzionasse.

— Non si può — dico. — Ricordi ciò che il dottor Ransome ha detto a Linda? Una volta che si sono formate le connessioni tra i neuroni, esse restano formate a meno che un accidente o qualcosa del genere non rompa la connessione.

— È questo ciò che vogliono fare, istituire nuove connessioni?

— E cosa ne sarà di quelle vecchie? — Bailey agita le braccia. — Non succederà qualcosa come quando le cose vanno in collisione? Confusione? Caos?

— Non lo so — dico. Di colpo mi sento inghiottito dalla mia ignoranza, una non-conoscenza così vasta. Da tanta vastità potrebbero sgorgare tante cattive conseguenze. Poi mi torna in mente una foto scattata da un telescopio basato su una stazione spaziale: l'immensa oscurità illuminata dalle stelle. Anche la bellezza, dunque, può scaturire dall'ignoto.

— Io credo che dovrebbero spegnere i circuiti che stanno lavorando adesso, costruire nuovi circuiti e poi attivare questi ultimi. In questo modo solo le connessioni valide dovrebbero lavorare.

— E i ricordi? — domanda Chuy. — Cancellerebbero i ricordi?

— In che modo? — domanda Bailey.

— I ricordi sono immagazzinati nel cervello. Se spengono i circuiti, i ricordi si cancelleranno.

— Forse no. Non ho letto ancora i capitoli sulla memoria — dico io. — Li leggerò tra poco, ci sono quasi arrivato. — Qualche nozione sulla memoria è già stata discussa nel libro, ma ancora non ne capisco abbastanza. — Inoltre, quando uno spegne un computer non si perde tutta la memoria.

— La gente non è conscia durante le operazioni, però non perde la memoria — dice Eric.

— Ma non ricorda l'operazione, e poi ci sono dei farmaci che interferiscono con la formazione dei ricordi — dice Chuy. — E se possono interferire con la formazione dei ricordi, forse possono rimuovere i vecchi ricordi.