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— Sette — insiste lei.

— Quattro — contratta lui.

— Sei.

— Cinque.

— Cinque con un'adeguata liquidazione — conclude lei.

Lui alza le mani con le palme in fuori. Non so cosa significhi questo gesto. — Sta bene — dice. — Possiamo discutere i dettagli più tardi, no?

— Naturalmente — dice lei. Gli sorride, ma solo con le labbra.

— Bene, allora — dice Arakeen. — Il vostro posto di lavoro è garantito per cinque anni, nelle stesse condizioni, sia che decidiate di partecipare al protocollo o no. La scelta sta a voi. Intanto vi annuncio che dal punto di vista medico tutti siete stati giudicati abilitati a sottoporvi al trattamento.

Tace, ma nessuno dice nulla. Io rifletto. Tra cinque anni io sarò sulla quarantina, e a quarant'anni non sarà facile trovare un altro lavoro. E d'altra parte mancherà ancora parecchio tempo prima di potersi mettere a riposo.

Arakeen dice: — Vi daremo un po' di tempo per leggere il contenuto della cartella. Nel frattempo io e la signora Beasley discuteremo di alcuni dettagli legali, ma resteremo qui per rispondere a eventuali domande. In seguito, la dottoressa Hendrìcks e il dottor Ransome vi daranno le informazioni mediche previste per oggi, anche se non ci si aspetterà da voi alcuna decisione circa il protocollo.

Leggo il materiale nella cartella. Alla fine c'è un foglio di carta con uno spazio per la mia firma. Dice che ho letto e compreso tutti i documenti della cartella e che accetto di non parlarne a nessuno fuori della sezione, tranne che al difensore civico e all'avvocato del Patrocinio gratuito. Per ora non firmo.

Si alza il dottor Ransome e di nuovo presenta la dottoressa Hendricks. Lei comincia subito a dirci quello che abbiamo già sentito. Io lo so già, quindi non le presto molta attenzione. Ciò che desidero sapere viene dopo, quando lei spiega quel che accadrà in effetti al nostro cervello.

— Senza allargare il vostro cranio, noi non possiamo introdurvi nuovi neuroni — dice. — Dobbiamo invece continuare a bilanciarne il numero, in modo che ci sia la giusta quantità di tessuto neurale atto a stabilire le giuste connessioni. Durante la sua maturazione, il cervello fa questo spontaneamente: noi perdiamo molti dei neuroni che avevamo all'inizio, se essi non formano connessioni… ed è bene che sia così.

Alzo la mano e lei annuisce. — Toglierete del tessuto dal cervello per far posto al nuovo?

— Non materialmente: si tratta di un meccanismo biologico, in realtà, chiamato riassorbimento…

Cego e Clinton avevano descritto il fenomeno del riassorbimento durante lo sviluppo. I neuroni superflui spariscono, riassorbiti dall'organismo, un processo controllato dai meccanismi di ritorno che fanno parzialmente uso dei dati sensoriali. Come modello intellettuale è affascinante. In fondo, però, la dottoressa sottintende che loro si propongono di riassorbire parte dei neuroni che io possiedo adesso, da adulto. E questo è diverso. I neuroni che ho adesso fanno tutti qualcosa di utile per me. Alzo di nuovo la mano.

— Sì, Lou? — Questa volta a parlare è il dottor Ransome. La sua voce è un po' inquieta. Credo pensi che io faccio troppe domande.

— Dunque voi distruggerete una parte dei nostri neuroni per lasciar spazio alla nuova crescita?

— Non si tratta esattamente di distruzione — risponde lui. — È un processo complicato, Lou. Non so se potreste capirlo.

— Noi non siamo stupidi — brontola Bailey.

— Io so cosa significa riassorbimento — dice Dale. — Significa che del tessuto sparisce e viene sostituito da tessuto nuovo. Se l'organismo riassorbe neuroni, quelli spariscono.

— Suppongo che la cosa si possa descrivere così — dice Ransome, lanciandomi un'occhiataccia. Mi biasima per aver dato il via alla discussione, credo.

— Ma è vero — dice la dottoressa Hendricks. Non ha l'aria inquieta ma eccitata, come uno che aspetta di montare su un carosello favorito. — Noi riassorbiamo i neuroni che hanno stabilito connessioni sbagliate e facciamo crescere neuroni che stabiliranno le connessioni giuste.

— Una cosa andata è andata — dice Dale. — Questa è la verità. Dite la verità. — Sta diventando molto nervoso, il tic del suo occhio è parecchio accentuato. — Quando qualcosa è andato, la cosa giusta potrebbe non crescere.

— No! — dice Linda a voce alta. — No, no, no! Non il mio cervello. Non farete a pezzi il mio cervello. Non buono, non buono!

— Non si tratta di fare a pezzi il cervello di nessuno — rettifica la dottoressa Hendricks. — Si tratta di aggiustamenti… i nuovi collegamenti neurali crescono e niente cambia.

— Tranne il fatto che non saremo più autistici, se tutto va bene — dico io.

— Infatti. — Ora la dottoressa Hendricks sorride, come se avessi detto la cosa giusta. — Tu resterai come sei, solo che non sarai più autistico.

— Ma io sono autistico — dice Chuy. — Non so come fare a essere qualcun altro. Dovrei ricominciare daccapo, come un neonato, e crescere di nuovo, per essere qualcun altro.

— Be', non proprio — dice la dottoressa. — La maggior parte dei neuroni non vengono toccati, solo alcuni, pochi alla volta, quindi potrete fondarvi sul vostro passato. Naturalmente dovrete reimparare alcune cose, dovrete sottoporvi a una riabilitazione… questo si trova nel pacchetto del consenso informato, che il vostro avvocato vi spiegherà… ma tutto è a spese della compagnia. Non dovrete pagar nulla.

— Lungavita — dice Dale.

— Chiedo scusa? — dice la dottoressa.

— Se devo ricominciare daccapo, voglio più tempo per diventare quell'altra persona, per vivere. — Dale è il più anziano di noi, ha dieci anni più di me, anche se non li dimostra. — Voglio Lungavita — ripete, e io mi rendo conto che sta parlando del trattamento antietà noto col nome commerciale di Lungavita, appunto.

— Ma questo è assurdo — esclama Arakeen prima che la dottoressa possa rispondere. — Aggiungerebbe… un mucchio di soldi alle spese già alte del protocollo.

Dale chiude strettamente gli occhi, ma la palpebra dell'occhio col tic continua a vibrare anche così. — Se per questo reimparare si dovesse impiegare più tempo di quel che credete voi… magari anni… io voglio più tempo da vivere come persona normale. Quanto ne ho vissuto da autistico. Di più. — Il suo viso si rilassa e lui apre gli occhi. — Aggiungete Lungavita e io accetto il trattamento. Senza Lungavita me ne vado.

Mi guardo intorno. Tutti stanno fissando Dale, anche Linda. Cameron avrebbe potuto fare una cosa del genere, ma non Dale. Lui è già cambiato. Io so che anch'io sono già cambiato. Siamo autistici, ma cambiamo. Forse non abbiamo bisogno del trattamento per cambiare ancora di più, forse perfino per diventare normali.

Ma intanto che penso a questo e a quanto tempo ci vorrebbe, alcuni paragrafi del libro mi tornano alla mente. — No — dico. Dale si volge a guardarmi. — Non è una buona idea. Questo trattamento manipola i neuroni e lo fa anche Lungavita. Questo trattamento è sperimentale; nessuno sa se funziona davvero.

— Noi sappiamo che funziona — dice la dottoressa Hendricks. — È solo…

— Lei non sa con sicurezza se funziona con gli esseri umani — la interrompo, anche se interrompere è da maleducati. Lei mi ha interrotto per prima. — Ecco perché avete bisogno di noi o di gente come noi. Non è una buona idea sottoporsi ad ambedue i trattamenti. Nella scienza, si cambia una variabile alla volta.

Arakeen pare sollevato. Dale non dice nulla, ma chiude gli occhi di nuovo. Non so cosa stia pensando. So come mi sento io: incerto.

— Io voglio vìvere più a lungo — dice Linda. — Voglio vivere più a lungo e non cambiare.

— Io non so se voglio vivere più a lungo o no — dico. Parlo lentamente, ma nemmeno la dottoressa Hendricks m'interrompe. — Se diventassi qualcuno che non mi piace, a cosa mi servirebbe vivere più a lungo? Prima voglio sapere cosa diventerò, poi potrò decidere se voglio vivere più a lungo oppure no.