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Dale annuisce.

— Credo che dovremmo decidere sulla base di questo trattamento e basta. Nessuno sta cercando di costringerci. Possiamo pensarci sopra.

— Ma… ma… — balbetta Arakeen — dite che volete pensarci sopra? E per quanto tempo?

— Per quello che ci vorrà — dice la dottoressa Beasley. — Avete già un soggetto che si sta sottoponendo al trattamento; sarebbe prudente trattare gli altri soggetti a intervalli, comunque, per vedere come si mettono le cose.

— Io non dico che voglio sottopormici — dice Chuy. — Ma potrei considerare la cosa con più favore… se ne facesse parte anche Lungavita. Magari non nello stesso tempo, ma più tardi.

— Io ci penserò — dice Linda. È molto pallida. — Ci penserò, e vivere più a lungo mi fa sembrare il trattamento più accettabile, però non lo desidero realmente.

— Neppure io — approva Eric. — Non voglio che qualcuno mi cambi il cervello. Si cambia il cervello ai criminali e io non sono un criminale. Un autistico è diverso dagli altri, ma non è cattivo. Non è sbagliato essere diversi. Certe volte è duro, ma non è sbagliato.

Io non dico nulla. Non sono sicuro di ciò che vorrei dire. Tutto sta succedendo troppo in fretta. Come faccio a decidere? Come posso scegliere di diventare qualcun altro che non conosco e non posso prevedere? Il cambiamento avviene comunque, ma non è colpa mia se non l'ho scelto.

— Io lo voglio — dice Bailey. Chiude le palpebre con forza e parla così, con gli occhi serrati e la voce molto tesa. — È uno scambio… per il signor Crenshaw che ci ha minacciati e per il rischio che il trattamento non funzioni e che noi si possa star peggio. Credo che Lungavita sia necessario per bilanciare la situazione.

Guardo i dottori Hendricks e Ransome che stanno sussurrando tra di loro e gesticolando. Credo stiano già pensando in che modo possano interagire i due trattamenti.

— È troppo pericoloso — conclude Ransome. — Non possiamo assolutamente praticare i due trattamenti contemporaneamente. — Mi guarda. — Lou aveva ragione. Anche se avrete in seguito un trattamento antietà, adesso non potete farlo.

— Parlerò di questo al consiglio di amministrazione — dice Arakeen con più calma. — Dobbiamo sentire altri pareri, sia legali che sanitari. Ma se vi ho compresi, alcuni di voi stanno chiedendo che il trattamento antietà faccia parte del pacchetto… in futuro, naturalmente… come condizione della partecipazione, giusto?

— Sì — dice Bailey, e Linda annuisce.

— Sta bene, riferirò al consiglio. Credo che dirà di no, ma comunque chiederò.

— Tenga in mente che questi impiegati non hanno acconsentito al trattamento; hanno solo accettato di pensarci — dice la dottoressa Beasley.

— D'accordo. — Arakeen annuisce. — Mi aspetto però che tutti voi manteniate la vostra parola. Pensateci veramente, riflettete bene.

— Io non mento — dice Dale. — Voi non mentite a me. — Si alza con una certa rigidezza. — Venite, abbiamo da lavorare — dice rivolto a noi.

Nessuno dice nulla, né gli avvocati né i dottori e nemmeno il signor Aldrin. Lentamente noi ci alziamo. Io mi sento incerto, un po' turbato. Faremo bene ad andarcene così? Ma appena mi muovo e comincio a camminare mi sento meglio. Più forte. Ho paura ma sono anche felice. Mi sento leggero, come se la gravità fosse diminuita.

Fuori nel corridoio giriamo a sinistra per andare agli ascensori. Quando arriviamo al punto dove l'atrio si allarga per accoglierli, vediamo il signor Crenshaw ritto proprio là. Regge una scatola di cartone con tutt'e due le mani. La scatola è piena di cose che non vedo, ma al di sopra di tutto c'è un paio di scarpe da corsa. Sono di una marca molto costosa che ricordo di aver visto su un catalogo di articoli sportivi. Due uomini con la camicia celeste delle guardie della compagnia gli stanno al fianco, uno per lato. Lui spalanca gli occhi quando ci vede.

— Cosa state facendo qui? — chiede a Dale che è un poco più avanti di noi. Fa un passo verso di lui e i due uomini in uniforme gli mettono ognuno una mano sul braccio. Lui si ferma. — Voi dovreste trovarvi nel G-28 fino alle quattro del pomeriggio; questo non è nemmeno l'edificio giusto.

Dale non rallenta neanche, gli passa davanti senza dir parola.

La testa del signor Crenshaw gira come quella di un robot e poi si raddrizza. Poi mi vede e mi fulmina con gli occhi. — Lou! Ma cosa sta succedendo qui?

Io vorrei sapere cosa sta facendo lui con una scatola nelle mani e la scorta delle guardie, ma non sono tanto maleducato da chiederglielo. Il signor Aldrin ha detto che non dobbiamo più preoccuparci del signor Crenshaw, quindi io non sono obbligato a rispondergli quando lui mi parla con quel tono offensivo. — Ho molto lavoro da fare, signor Crenshaw — dico. Le sue mani fanno un movimento convulso, come se lui volesse gettar via la scatola e afferrarmi, ma non lo fa e io lo sorpasso seguendo Dale.

Tornati nel nostro edificio, Dale parla. — Sì, sì, sì — dice. E poi, più forte: — Sì, sì, sì!

— Ci dicono che dobbiamo desiderare di essere normali — dice Chuy — e poi di amare noi stessi così come siamo. Se uno vuol cambiare, vuol dire che qualche parte di quello che è non gli piace. Fare due cose contraddittorie è impossibile.

— È quello che ci dicono le persone normali. Ci chiedono di fare una cosa impossibile… ma noi non dobbiamo pensare che tutto ciò che dicono le persone normali sia vero.

— Però non è nemmeno interamente menzogna — dice Linda.

— Non interamente menzogna, non interamente verità — aggiunge Dale.

Questo è evidente, ma prima io non avevo mai pensato che è davvero impossibile che una persona voglia cambiare e al tempo stesso sia contenta di rimanere com'è. Non credo che nessuno di noi ci abbia pensato, prima che lo dicessero Dale e Chuy.

— Ho cominciato a riflettere in casa tua — dice Dale. — Mi ha aiutato.

— Se il trattamento non funziona — dice Eric — sarà ancora più costoso per la compagnia prendersi cura di… ciò che succederà.

— Non so come stia andando Cameron — dice Linda.

— Lui voleva essere il primo — dice Chuy.

— Sarebbe meglio se potessimo andare uno alla volta e vedere cos'accade agli altri — dice Eric.

— La velocità del buio sarebbe minore — dico. Tutti mi guardano. Ricordo che non ho mai parlato loro della velocità del buio e di quella della luce. — La velocità della luce nel vuoto è di trecentomila chilometri al minuto secondo — spiego.

— Io mi chiedo — dice Linda — se, siccome gli oggetti cadono più in fretta quando sono più vicini alla Terra, e questo è dovuto alla gravità, la luce viaggi più in fretta vicino a una gravità enorme come quella di un buco nero.

Non avevo mai saputo che Linda s'interessasse alla velocità della luce. — Non lo so — rispondo. — Ma i libri non parlano mai della velocità del buio. Qualcuno mi ha detto che non ne ha, che è solo assenza di luce, però io credo che dovrà pure arrivare dov'è.

Tutti tacciono per un istante, poi Dale dice: — Se Lungavita può rendere il tempo più lungo per noi, forse qualcosa può aumentare la velocità della luce.

Eric dice: — Vado in palestra — e se ne va.

Linda ha il viso contratto e la fronte corrugata. — La luce possiede una velocità. Anche il buio dovrebbe avere una velocità. Gli opposti sono equivalenti in tutto tranne che nella direzione.

Questo non lo capisco. Aspetto.

— I numeri positivi e quelli negativi sono uguali tranne che per la direzione — dice Linda lentamente. — Piccolo e grande sono ambedue espressioni di dimensione, ma in direzioni opposte. Andare e tornare si riferiscono alla stessa strada, ma in direzioni opposte. Così la luce e il buio sono opposti, ma uguali nella stessa direzione. — Allarga di colpo le braccia. — È questo che amo dell'astronomia — dice. — Ci sono tante cose là fuori, tante stelle, tante distanze. C'è dal nulla al tutto.