— Sì… — Il rosso sulla faccia del signor Crenshaw va e viene. — Lo ha detto. Ma è quella una ragione sufficiente per mandare un agente anche qui?
— No, quella no — dice Stacy. — Tuttavia i due atti di vandalismo seguenti, compreso l’ordigno esplosivo piazzato nella sua macchina, sono una ragione più che sufficiente.
— Un ordigno esplosivo? — Il signor Crenshaw torna a impallidire. — Qualcuno sta cercando di far del male a Lou?
— Noi crediamo di sì — dice Stacy. — Siamo preoccupati per l’incolumità del signor Arrendale.
— Chi crede che sia il colpevole? — Il signor Crenshaw non aspetta risposta, ma continua a parlare. — Lou sta facendo dei lavori importanti per noi; forse un nostro competitore vuole sabotarli…
— Non lo penso — dice Stacy. — Gli indizi puntano a qualcuno che non ha alcun rapporto con l’ambiente di lavoro del signor Arrendale. Sono certo comunque che anche lei consideri importante proteggere un prezioso collaboratore. La sua compagnia ha un alloggio per ospiti o qualche altro posto dove il signor Arrendale potrebbe abitare per qualche giorno?
— No… Voglio dire, lei pensa che la minaccia sia seria?
Il poliziotto socchiude gli occhi. — Lei è il signor Crenshaw, vero? La riconosco dalla descrizione del signor Arrendale. Se qualcuno togliesse la batteria dalla sua macchina e la sostituisse con un attrezzo destinato a esplodere quando lei aprisse il cofano, lei considererebbe questa una minaccia seria?
— Dio mio — dice il signor Crenshaw. Io so che non sta chiamando il signor Stacy il suo Dio: è solo un modo di esprimere sorpresa. Poi guarda me e la sua espressione si fa dura. — Cosa sei andato combinando, Lou, perché qualcuno cerchi di ucciderti? Tu conosci la politica aziendale: se vengo a sapere che ti sei imbrancato con elementi criminali…
— Lei sta parlando a vanvera, signor Crenshaw — lo interrompe Stacy. — Il signor Arrendale non ha fatto proprio nulla di male. Noi sospettiamo anzi che il colpevole possa essere qualcuno che è geloso delle doti del signor Arrendale… che vorrebbe vederlo meno capace.
— Qualcuno che non sopporta i suoi privilegi? — chiede il signor Crenshaw. — La cosa si spiegherebbe. Io ho sempre detto che il trattamento speciale di cui gode questa gente avrebbe suscitato reazioni da parte di quelli che non l’hanno. Noi abbiamo lavoratori che non vedono per quale ragione questa sezione dovrebbe avere un proprio parcheggio, una palestra, un impianto stereo e un cucinino.
Guardo il signor Stacy, il cui viso si è indurito. Il signor Crenshaw ha detto qualcosa che lo ha fatto arrabbiare, ma cosa? Quando parla la sua voce è strascicata e al tempo stesso tagliente, un tono che (me lo hanno insegnato) esprime forte disapprovazione.
— Ah, sì… il signor Arrendale mi aveva detto che lei deplorava le misure di sostegno per i lavoratori handicappati.
— Non è del tutto vero — si corregge il signor Crenshaw. — Si deve vedere se sono davvero necessarie o no. Rampe, passaggi riservati eccetera sono un conto, ma altre cosiddette misure di sostegno sono lussi e basta…
— E lei che è tanto esperto conosce bene la differenza tra le due cose, vero? — domanda Stacy. Il signor Crenshaw arrossisce di nuovo. Guardo Stacy che non sembra affatto impaurito.
— Io conosco i bilanci — risponde il signor Crenshaw. — Non esiste legge che possa costringerci a fallire per viziare certa gente che crede di aver bisogno di… di giocattoli come questi… — Indica le girandole sulla mia scrivania.
— Già, specie se si pensa che costeranno almeno un dollaro e trenta — dice Stacy. — A meno che non le compriate da aziende che lavorano per la Difesa. — Ma questo è assurdo. Le aziende che lavorano per la Difesa non vendono girandole, vendono missili, mine e aeroplani. Cerco di spiegarmi come mai Stacy, che sembra una persona istruita tranne che nelle permutazioni, suggerisca di comprare girandole da un’azienda che lavori per la Difesa. O è tutto uno scherzo?
— Ma non è questo il punto — sta dicendo Stacy quando riprendo ad ascoltare. — Se lei dovesse abolire questa sezione… con quanti impiegati, sedici, venti?… tra il pagamento a tante persone delle liquidazioni e della parte del sussidio di disoccupazione che spetta all’azienda, finirebbe col perdere un sacco di soldi. Per non parlare della perdita della sua posizione come datore di lavoro per questa classe di disabilità, che le procura grosse facilitazioni fiscali.
— Lei che ne sa di questo? — chiede il signor Crenshaw.
— Anche il nostro dipartimento ha lavoratori handicappati — dice Stacy. — E ogni volta che qualche saputello vien fuori con l’idea di sbarazzarcene per risparmiare, gli dimostriamo con documenti alla mano che licenziandoli perderemmo denaro.
— Voi siete pagati con i soldi delle tasse — ribatte il signor Crenshaw, e gli vedo pulsare le vene della fronte. — Non dovete preoccuparvi di profitti e perdite. Siamo noi che dobbiamo guadagnare i soldi per pagarvi il salario.
— E sono sicuro che questo non vi fa dormire la notte — dice Stacy, e anche le vene della sua fronte pulsano. — Adesso se vuole scusarmi, devo parlare col signor Arrendale.
— Lou, dovrai rimettere in pari il tempo perduto — dice il signor Crenshaw, e si precipita fuori sbattendo la porta.
Guardo Stacy che scuote la testa. — Che tipo. Da noi c’era un sergente così, meno male che si è trasferito a Chicago. Farebbe bene a cercarsi un altro lavoro, signor Arrendale. Quello vuole sbarazzarsi di lei a tutti i costi.
— Io non lo capisco — dico. — Io… tutti noi lavoriamo duro qui. Perché ce l’ha tanto con noi?
— Perché è un figlio di puttana avido di potere — dice Stacy. — Quelli lì non fanno che cercar di fare bella figura facendo fare brutte figure agli altri. Purtroppo per lui, adesso a lei è capitato quest’altro guaio.
— Ma questo non porta danno a lui, se mai a me — dico.
— Già, però adesso il suo signor Crenshaw avrà a che fare con me… e troverà che la sua arroganza non fa molto effetto sulla polizia.
Non sono molto sicuro che questo sia esatto. Il signor Crenshaw è anche la compagnia, e la compagnia ha molta influenza in città.
— Torniamo ai nostri incidenti — dice Stacy — così potrò lasciarla in pace. Ci sono state altre circostanze, anche di poco conto, che possano indicare l’esistenza di malanimo contro di lei da parte di Don?
Sembra sciocco, ma gli riferisco del momento in cui Don si era messo tra me e Marjory a casa di Tom, e di Marjory che lo aveva chiamato una vipera, anche se questo non era vero.
— Quindi a me sembra che lo schema delle cose sia che gli altri suoi amici cercavano di proteggerla da Don, facendogli capire che a loro non piaceva come lui la trattava, no?
Non avevo considerato le cose da questo punto di vista. Quando lui me lo dice, vedo lo schema chiarissimo e mi chiedo come mai non me ne ero accorto prima. — Lui ci sarà rimasto male — dico. — Avrà pensato che io ero trattato in modo diverso da lui, e… — M’interrompo, colpito all’improvviso da un altro schema che non avevo notato in precedenza. — È come con il signor Crenshaw — aggiungo. C’è tensione nella mia voce, ma la scoperta è eccitante. — Lui prova antipatia per me per la stessa ragione. — M’interrompo di nuovo, cercando di riflettere a fondo. Allungo una mano e accendo il ventilatore. Le girandole mi aiutano a pensare quando sono eccitato.
— Sono tutti schemi di persone le quali non credono che noi abbiamo davvero bisogno di misure di sostegno e le guardano di malocchio. È questa combinazione di far bene e di avere le facilitazioni che desta la loro collera. Io sono troppo normale… — Guardo Stacy che sta sorridendo e annuendo. — No, è sciocco — dico. — Io non sono normale. Né adesso né mai.