— Ci va alla stessa ora ogni settimana?
— Sì. Vado dopo il lavoro e prima di prepararmi la cena.
— E fa una lista delle cose da acquistare?
— Sì. — È naturale, credo, ma forse Stacy pensa che non tutti facciano una lista. — Però l’ho gettata via quando sono arrivato a casa. — Mi chiedo se lui vorrà che vada a ripescarla dalla spazzatura.
— Oh, non importa. Volevo solo rendermi conto di quanto erano prevedibili i suoi movimenti.
— La prevedibilità è una buona cosa — dico. Sto cominciando a sudare. — È importante avere delle abitudini.
— Certo, naturalmente — annuisce lui. — Ma avere delle abitudini rende più facile localizzarla per qualcuno che voglia farle del male. Ricordi che io l’avevo ammonita in proposito la settimana scorsa.
Io non ci avevo pensato da quel punto di vista.
— Comunque continui, non volevo interromperla. Mi dica tutto.
Mi pare strano avere qualcuno che ascolta con tanta attenzione cose insignificanti come l’ordine secondo il quale faccio le mie spese… ma lui vuole che gli dica tutto. Non so cos’abbia a che fare questo con l’attentato, però io riferisco tutto, come organizzo la mia spesa per evitare di fare giri inutili.
— Poi sono uscito — continuo. — Non era completamente buio, ma nel parcheggio le luci erano accese. Io avevo parcheggiato a sinistra, nell’undicesima fila. — A me piace fermarmi in un posto la cui locazione sia un numero primo, ma questo non lo dico. — Avevo in mano le chiavi e ho aperto la macchina. Ho preso i sacchetti della spesa dal carrello e li ho riposti nel retro. Poi ho sentito il carrello muoversi alle mie spalle e mi sono voltato. Allora Don mi ha rivolto la parola.
M’interrompo, cercando di ricordare quali parole esatte ha adoperato e in che ordine. — Sembrava davvero furioso — dico. — Aveva la voce rauca. Ha detto: "È stata tutta colpa tua. È colpa tua se Tom mi ha buttato fuori". — M’interrompo di nuovo. Don ha detto un sacco di cose molto in fretta e io non sono sicuro di ricordarle tutte nel dovuto ordine. Sarebbe sbagliato riferirle in modo inesatto.
Il tenente Stacy aspetta in silenzio.
— Non sono certo di ricordare tutto esattamente — mi giustifico.
— Non importa — dice lui. — Mi racconti tutto ciò che ricorda.
— Lui ha detto: "È colpa tua se Marjory mi ha scaricato". Tom è la persona che ha organizzato il gruppo di schermidori. Marjory è… le ho parlato di lei la settimana scorsa. Non è mai stata la ragazza di Don. — Mi sento imbarazzato a parlare di Marjory: lei dovrebbe parlare per sé. — Marjory ha simpatia per me in un certo senso, ma… — Questo non posso dirlo. Non so in che modo piaccio a Marjory, se come conoscente o come amico o come qualcosa di più. Se dico "non come un amante" non rischio di dire una cosa vera? Io non voglio che sia vera.
— Mi ha detto: "I fenomeni da baraccone dovrebbero accoppiarsi con fenomeni da baraccone, se è proprio necessario che si accoppino". Era molto arrabbiato. Ha detto che era colpa mia se c’era la depressione e lui non riusciva a trovare un buon lavoro.
— Uhm. — Stacy emette solo un piccolo grugnito e non dice nulla.
— Mi ha detto di entrare in macchina. Ha spinto l’arma verso di me. Non è bene entrare in macchina con un assalitore, lo hanno detto in un programma lo scorso anno.
— Lo ripetiamo tutti gli anni — dice Stacy. — Però c’è sempre gente che lo fa. Sono contento che lei non l’abbia fatto.
— Io potevo vedere il suo schema di attacco — spiego. — Così mi sono mosso: ho parato la sua arma e l’ho colpito allo stomaco. So che è sbagliato colpire qualcuno, ma lui voleva farmi del male.
— Lei ha visto il suo schema di attacco? — chiede Stacy. — Di cosa si tratta?
— Abbiamo fatto parte dello stesso gruppo di schermidori per anni — racconto. — Quando Don spinge il braccio destro in avanti per una stoccata, muove sempre insieme il piede destro e poi sposta il sinistro di lato, quindi sporge il gomito in fuori e tira la stoccata in un giro largo verso destra. Ecco perché sapevo che se gliel’avessi mandata a vuoto e poi avessi tirato la mia stoccata al centro avrei avuto la possibilità di colpirlo prima che lui mi toccasse.
— Ma se lui ha tirato di scherma con lei per anni, come mai non s’è accorto della sua contromossa?
— Non lo so — dico. — Comunque io sono bravo a scoprire schemi nel modo di muoversi delle persone. È così che tiro di scherma. Don non è bravo nel fare questo. Io credo che forse, siccome non avevo in mano un fioretto, lui non ha pensato che avrei usato la stessa contromossa che adopero nella scherma.
— Ehm… Vorrei vederla tirare di scherma — dice Stacy. — L’avevo sempre creduta una faccenda piuttosto effeminata, con quelle divise bianche e quei fili che gli schermidori si trascinano dietro, ma da come la mette lei sembra interessante. Dunque: lui l’ha minacciata con l’arma, lei l’ha spostata con un colpo di mano e quindi l’ha centrato allo stomaco, e poi?
— Poi un sacco di gente si è messa a urlare e delle persone sono balzate su Don. Penso che fossero poliziotti, ma prima io non li avevo visti. — Mi fermo. Il resto lui può sentirlo dagli agenti che erano lì.
— Benissimo. Adesso ritorniamo su qualche particolare… — Mi fa ripetere tutto parola per parola più volte, e ogni volta io ricordo qualche nuovo dettaglio. La cosa mi preoccupa… sto davvero ricordando tutte queste cose o aggiungo dei particolari per far contento il tenente? Ho letto queste cose nel libro. A me sembra di dire la verità, ma a volte questo non è vero. Mentire è sbagliato, io non voglio mentire.
Stacy mi chiede di nuovo del gruppo di scherma: chi aveva simpatia per me e chi non l’aveva; per chi io avevo simpatia e per chi non l’avevo. Io pensavo di avere simpatia per tutti; e pensavo che tutti avessero simpatia per me, fino alla faccenda di Don. Sembra che Stacy desideri che Marjory sia la mia ragazza o la mia amante: continua a chiedermi se ci vediamo. Io sudo più che mai parlando di lei. Ma continuo a dire la verità, che lei a me piace tanto e non faccio che pensare a lei, però noi due non ci vediamo.
Finalmente il tenente si alza. — Grazie, signor Arrendale, per ora basta. Farò trascrivere la sua deposizione e poi lei dovrà venire alla stazione di polizia e firmarla. Poi ci terremo in contatto quando ci sarà il processo.
— Il processo? — chiedo.
— Certo. Come vittima dell’attentato lei sarà un testimone per l’accusa. Ciò le crea dei problemi?
— Il signor Crenshaw si arrabbierà se perdo troppo tempo e trascuro il lavoro — dico. Questo sarà vero se per allora avrò ancora un lavoro. E se non l’avessi più?
— Sono certo che capirà — dice il tenente.
Io sono certo che non capirà, perché non vuol capire.
— C’è una possibilità che l’avvocato di Poiteau venga a patti con il procuratore distrettuale — dice Stacy. — Potrebbe patteggiare una sentenza ridotta contro il rischio di esser trattato peggio in tribunale. Comunque, le faremo sapere. — Si avvia alla porta. — Abbia cura di lei, signor Arrendale. Sono contento che abbiamo preso quel tizio e che lei non abbia subito danni.
— Grazie a lei per l’aiuto — dico.
Dopo che se n’è andato, liscio le grinze dal posto dove si è seduto sul divano e rimetto a posto i cuscini. Mi sento nervoso. Non voglio più pensare a Don e al suo attentato, voglio dimenticarlo. Vorrei che non fosse mai avvenuto.
Mi preparo una cena semplice, un brodo con pasta e verdura, lo mangio e poi lavo la pentola e il piatto. Sono già le otto. Riprendo il libro e comincio il capitolo 17: Integrazioni della Memoria e Controllo dell’Attenzione: Le lezioni del DSPT.