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A questo punto trovo i lunghi periodi e la sintassi complicata molto più agevoli da capire. Non costituiscono uno stile lineare ma piuttosto agglomerato o radiale. Vorrei tanto che qualcuno mi avesse insegnato queste cose prima.

Le informazioni che gli autori cercano di fornire sono organizzate secondo un ordine logico. Potrei averlo scritto io, un libro come questo. È bizzarro pensare che una persona come me potrebbe aver scritto un capitolo di un testo sulle funzioni del cervello. Io do l’impressione di esprimermi come un libro quando parlo? È per questo che la dottoressa Fornum parla di "linguaggio affettato"? Ma se lei pensava che io parlassi come un libro, perché non l’ha detto chiaro e tondo?

A questo punto so che DSPT significa "Disturbo da Stress Post-Traumatico" e che produce strane alterazioni nella funzione della memoria.

Mi fa venire l’idea che in questo momento anch’io mi trovo in una condizione post-traumatica, e che venire assalito da qualcuno che voleva uccidermi provoca ciò che gli autori del libro chiamano "trauma", benché io non mi senta molto teso o turbato. Forse la gente normale non si siede a leggere un testo di medicina poche ore dopo aver rischiato di venire uccisa, io invece lo trovo confortante. I fatti sono sempre lì, sempre disposti secondo un ordine logico, descritti da qualcuno che si è dato pena per renderli chiari. Così i miei genitori mi dicevano che le stelle continuavano a risplendere, non offuscate né danneggiate da qualunque cosa avvenisse sul nostro pianeta. A me piace che l’ordine esista da qualche parte, anche se non nelle mie vicinanze.

Come si sentirebbe una persona normale? Ricordo un esperimento che facemmo durante la lezione di scienze nella scuola media. Piantammo semi in vasi tenuti inclinati. Le piante crescevano rivolte alla luce, e non importava quale angolazione dovevano assumere i loro steli. Ricordo che io mi chiesi se qualcuno avesse piantato me in un vaso messo di sghembo, ma la mia insegnante mi disse che non era la stessa cosa.

Io però mi sento proprio così. Mi trovo di sghembo rispetto al mondo, mi sento felice quando gli altri pensano che dovrei sentirmi sconvolto. Il mio cervello ha cercato di crescere verso la luce, ma non ha potuto raddrizzarsi quando è stato raddrizzato il suo vaso.

Se ho ben capito il testo, io ricordo cose come quale percentuale di automobili in un parcheggio sono blu perché presto attenzione ai colori e ai numeri più delle persone normali, le quali non se ne accorgono perché non gliene importa. Mi chiedo a cosa fanno caso quando guardano un parcheggio. Cos’altro c’è da vedere tranne le file delle macchine, tante blu, tante marrone, tante rosse? Cos’è che a me sfugge, come alle persone normali sfugge la bella relazione numerica?

Io ricordo colori, numeri e configurazioni e serie ascendenti e discendenti: tali sono gli elementi che passano più agevolmente attraverso il filtro che la mia elaborazione sensoriale ha messo tra me e il mondo. Essi dunque sono diventati i parametri della crescita del mio cervello, ed è per questo che io vedo tutto… dal processo di fabbricazione dei farmaci alle mosse di un avversario nella scherma… allo stesso modo, come espressioni di uno stesso tipo di realtà.

Mi guardo intorno nell’appartamento e penso alle mie reazioni, al mio bisogno di regolarità, a quanto sono affascinato dai fenomeni che si ripetono in serie e secondo schemi. Ognuno ha bisogno di una certa regolarità; ognuno ama serie e schemi, almeno fino a un certo punto. Io ho saputo questo per anni, ma adesso lo comprendo meglio. Noi autistici ci troviamo a un’estremità della parabola dei comportamenti e delle preferenze umani, e tuttavia non ne siamo separati. Il mio sentimento per Marjory è normale, non autistico. Forse io sono più conscio dei diversi colori dei suoi occhi e dei suoi capelli di quanto lo sarebbe un’altra persona, ma il desiderio di starle vicino è un desiderio da persona normale.

È quasi ora di andare a letto. Quando mi metto sotto la doccia, guardo il mio corpo perfettamente normale: pelle normale, capelli normali, normali unghie delle mani e dei piedi, apparato genitale normale. Certo ci saranno persone normali che preferiscono come me sapone senza profumo, la stessa temperatura dell’acqua, la stessa consistenza nella stoffa degli asciugamani.

Fatta la doccia mi lavo i denti e sciacquo il lavandino. Il mio viso nello specchio è il mio solito viso: è il viso che conosco meglio. La luce irrompe nelle pupille dei miei occhi e porta con sé le informazioni che sono alla portata del mio periplo visivo, porta con sé il mondo; ma quando io guardo il punto dove la luce penetra vedo solo un nero profondo e vellutato. La luce vi penetra e il buio mi scruta di rimando. L’immagine è nel mio occhio e nel mio cervello oltre che nello specchio.

Spengo la luce nel bagno. Vado a letto, e spengo la luce dopo essermi seduto sulla coperta. L’immagine residua della luce arde nel buio. Chiudo gli occhi e vedo la coincidenza degli opposti nello spazio. Prima le parole, e poi le immagini che sostituiscono le parole.

La luce è l’opposto del buio. La pesantezza è l’opposto della leggerezza. La memoria è l’opposto della dimenticanza. Una volta io domandai a mia madre come poteva accadere che io vedessi luce nei miei sogni mentre i miei occhi erano chiusi nel sonno. Perché i sogni non si svolgevano tutti al buio?, chiesi. Lei non lo sapeva. Il libro mi ha informato dell’elaborazione degli stimoli visivi nel cervello, ma a questa domanda non ha risposto.

Mi chiedo perché. Certo qualcuno si sarà chiesto perché i sogni sono pieni di luce anche se noi ci troviamo al buio. Il cervello genera immagini, sì, ma da dove viene la luce che le illumina? Quando sono cieche, le persone non vedono più la luce. Allora la luce nel sogno è una memoria della luce o qualche altra cosa?

Ricordo che una volta qualcuno disse di un altro bambino: "Adora il calcio a tal punto che se gli si aprisse la testa ci si troverebbe uno stadio". Questo successe prima che imparassi che molto di quanto la gente diceva non aveva un significato "letterale". Mi chiesi cosa si sarebbe trovato nella mia testa se qualcuno l’avesse aperta. Lo chiesi a mia madre e lei mi rispose: "Il tuo cervello, caro" e mi mostrò l’immagine di una cosa grigia e grinzosa. Io piansi perché la trovai tanto brutta e non volevo che se ne stesse nella mia testa. Mi sentivo sicuro che nessun altro avesse nella testa una cosa così orribile. Loro avevano stadii o gelati o picnic.

Adesso so che ognuno di noi ha una cosa grigia e grinzosa nella testa, non stadii per il calcio o piscine o la persona amata. Ciò che risiede nella mente non appare nel cervello. In quel momento però quella fu per me l’ennesima prova che io ero fatto in modo sbagliato.

Ciò che ho nella testa ora sono luce e buio e gravità e spazio e spade e supermercati e numeri e persone e schemi tanto belli da farmi venire i brividi in tutto il corpo. Ma ancora non so perché in me ci sono queste configurazioni e non altre.

Il libro risponde a domande concepite da altre persone. Io ho concepito domande alle quali nessuno ha risposto. Avevo sempre pensato che le mie domande fossero sbagliate perché nessun altro le faceva. Forse perché nessuno ci aveva pensato. Forse il buio era arrivato prima. Forse sono io la prima luce a toccare un golfo d’ignoranza.

Forse le mie domande sono importanti.

15

C’è luce, la luce del mattino. Ricordo strani sogni, ma non cosa ho sognato, solo che erano sogni strani. È una giornata luminosa e fresca; quando tocco il vetro della finestra lo sento freddo.

In quest’aria corroborante mi sento più sveglio. I fiocchi di cereali nella tazza hanno una consistenza croccante.

Quando esco, la luce del sole fa scintillare i sassolini del selciato del parcheggio. È la giornata adatta per una musica allegra, vivace. Esamino varie possibilità nella mia mente e la mia scelta si fissa su Bizet. Tocco la mia macchina con cautela, osservando che per quanto Don sia in prigione il mio corpo ricorda il pericolo. Non accade nulla. Le quattro gomme ancora odorano di nuovo. Metto in moto. Per via la musica mi risuona nella mente, vivida come la luce. Penso di andare in campagna a vedere le stelle, questa sera: dovrei poter vedere anche le stazioni spaziali. Poi ricordo che è mercoledì e dovrei andare a lezione di scherma. Era da tempo che non lo dimenticavo. Ho segnato l’impegno sul calendario stamattina? Non lo ricordo.