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Tom, Lucia e Marjory sono riuniti in salotto quando arrivo. Stanno parlando del prossimo torneo. Tom mi guarda.

— Lou… hai deciso?

— Sì — dico. — Lo farò.

— Bene. Dovrai riempire questo modulo di partecipazione…

— No, non parlavo di questo. — Mi rendo conto che lui non poteva sapere che mi stavo riferendo ad altro. — Non parteciperò a quel torneo… — Parteciperò mai ad altri tornei? Il mio io futuro vorrà ancora tirare di scherma? Si può tirare di scherma nello spazio? Sarebbe difficile, penso, in caduta libera.

— Ma avevi detto… — dice Lucia, poi il suo viso cambia, appare come appiattito dalla sorpresa. — Oh… vuoi dire… che hai deciso di accettare il trattamento?

— Sì — rispondo. Guardo Marjory. Sta guardando Lucia. Poi guarda me, poi ancora Lucia. Non ricordo se ho parlato a Marjory del trattamento o no.

— Quando? — chiede Lucia.

— Comincerò lunedì — spiego. — Ho molto da fare. Dovrò trasferirmi in clinica.

— Stai male? — chiede Marjory, che è diventata pallida. — Qualcosa non va?

— Non sono malato — dico. — C’è un trattamento sperimentale che può farmi diventare normale.

— Normale! Ma, Lou, tu stai benissimo come sei. A me tu piaci come sei. Non c’è bisogno che tu diventi esattamente come gli altri. Chi ti ha messo in testa questa idea? — Sembra in collera. Non so se lo sia con me o con qualcuno che secondo lei mi ha detto che devo cambiare. Ma le dirò tutto.

— È cominciato perché il nostro capo il signor Crenshaw voleva eliminare la nostra unità — dico. — Lui sapeva di questo trattamento, e diceva che avrebbe fatto risparmiare denaro.

— Ma questa… questa è costrizione. È illegale. Non può fare una cosa simile…

È davvero arrabbiata adesso, le sue guance diventano alternativamente rosse e poi pallide. Ciò mi fa desiderare di abbracciarla. Ma non sarebbe appropriato.

— È cominciato così — dico. — Però tu hai ragione: lui non ha potuto fare ciò che diceva di voler fare. Il signor Aldrin, il nostro supervisore, ha trovato il modo di fermarlo. — Io ne sono ancora sorpreso. Ero sicuro che il signor Aldrin non ci avrebbe aiutati. Ancora non capisco cos’abbia fatto per ostacolare il signor Crenshaw e fargli perdere il posto ed essere scortato dalle guardie con le sue cose in una scatola. Riferisco ciò che ha detto il signor Aldrin e gli avvocati nella riunione. — Adesso però io voglio cambiare — concludo.

Marjory tira un respiro profondo. Questo mi piace molto: il davanti della sua camicetta si tende. — Perché? — domanda con voce più calma. — Non è a causa di… a causa di… di noi? Di me?

— No — rispondo. — Non è a causa di te. È a causa di me.

Le sue spalle si afflosciano, non so se per sollievo o tristezza. — Allora a causa di Don? È per colpa sua che fai questo, perché ti ha convinto che ti manca qualcosa essendo come sei?

— Non è per colpa di Don… o almeno non solo… — Eppure è evidente, penso, e mi chiedo come faccia Marjory a non capirlo. Era lì quando la guardia all’aeroporto mi fermò e io rimasi senza parole e lei dovette aiutarmi. Era lì quando dovevo parlare con l’agente di polizia e mi si bloccò la lingua e Tom dovette aiutarmi. Non mi piace essere quello che ha sempre bisogno di aiuto. — Si tratta di me — spiego. — Voglio non avere problemi all’aeroporto e talvolta con altra gente, quando mi è difficile parlare e tutti mi guardano. Voglio andare in posti e imparare cose che non sapevo di poter vedere e imparare…

Il viso di Marjory cambia di nuovo, si rilassa, e la sua voce è più calma. — In cosa consiste questo trattamento, Lou? Cosa accadrà?

Apro la cartella che ho portato. Non dovremmo parlare del trattamento, perché è brevettato e sperimentale, ma secondo me questa non è una buona idea. Se qualcosa dovesse andar male, è bene che qualcuno al di fuori della compagnia ne sappia qualcosa. Non ho detto a nessuno che portavo via la cartella e nessuno mi ha fermato.

Comincio a leggere, ma Lucia m’interrompe quasi subito.

— Lou… adesso riesci a capire questa roba?

— Sì… credo di sì. Dopo Cego e Clinton, sì.

— Perché non lasci che legga io, allora? Posso comprendere meglio di che si tratta se vedo le parole. Poi possiamo parlarne.

Non c’è nulla di cui parlare in realtà. Io sono deciso a tentare il trattamento. Ma porgo a Lucia la cartella, Marjory le si avvicina e cominciano a leggere insieme. Guardo Tom. Lui alza le sopracciglia e scuote la testa.

— Sei un uomo coraggioso, Lou. Lo sapevo già, ma questo… Io non so se avrei il fegato di lasciare che qualcuno trafficasse con il mio cervello.

— Ma tu non ne hai bisogno — dico. — Tu sei normale. Sei un professore titolare. Hai Lucia e questa casa. — Non posso dire altre cose che penso, che lui è a suo agio con il proprio corpo, che vede e sente e gusta e annusa e prova sensazioni come gli altri, così che la sua realtà può coincidere con la loro.

— Pensi che tornerai da noi? — mi chiede Tom. Sembra triste.

— Non lo so — dico. — Spero che continuerò ad amare la scherma, perché è divertente, ma non lo so.

— Hai tempo di rimanere, stasera?

— Sì — dico.

— Allora usciamo. — Si alza e mi fa strada verso il ripostiglio. Lucia e Marjory restano in salotto a leggere. Nel ripostiglio Tom mi parla. — Lou, sei certo che non stai facendo questo perché sei innamorato di Marjory? Perché vuoi essere un uomo normale per lei? Sarebbe una nobile azione, ma…

Mi sento caldo dappertutto. — Non lo faccio per lei. Lei mi piace. Desidero toccarla e stringerla e… fare cose che non sono appropriate. Ma questo è… — Allungo una mano e tocco la rastrelliera dove sono appese le armi, perché di colpo sto tremando e ho paura di cadere. — Le cose non rimangono uguali — dico. — Io non sono lo stesso. Non posso evitare di cambiare. Questo… è solo un cambiamento più affrettato. E io l’ho scelto.

— "Temi il cambiamento e ti distruggerà; abbraccia il cambiamento e ti farà più grande" — dice Tom con la voce che usa per le citazioni. Non so cosa stia citando. Poi continua con la sua voce normale e con una piccola vena di scherzo: — Allora scegli le tue armi: se non verrai qui per un po’ di tempo, voglio essere sicuro di prendermi la mia batosta questa sera.

Io prendo le armi e la maschera e ho già infilato il giubbotto quando ricordo che non ho fatto gli stiramenti. Siedo nel patio e comincio. Lì fa più freddo, il lastricato sotto di me è duro e gelido.

Tom mi siede di fronte. — Io i miei li ho fatti, ma farne di più fa bene, specie quando uno sta diventando vecchio — dice. Quando si piega per appoggiare il viso sul ginocchio, vedo che i capelli in cima al capo gli si stanno diradando e che c’è parecchio grigio in essi. — Cosa farai dopo aver subito il trattamento?

— Mi piacerebbe andare nello spazio — dico.

— Tu…? Lou, tu non smetti mai di sorprendermi. Non sapevo che volessi andare nello spazio. Quando hai cominciato a desiderarlo?

— Quando ero piccolo — dico. — Ma sapevo di non poterlo fare. Sapevo che non era appropriato.

— Quando penso allo spreco… — dice Tom, piegando di nuovo la testa per appoggiare il viso sull’altro ginocchio. — Lou, questa tua decisione mi preoccupava molto, ma adesso penso che hai fatto bene a prenderla. Il tuo potenziale è troppo alto perché tu debba restare impacciato da un handicap per il resto della tua vita. Però farà soffrire Marjory il fatto che tu finirai per staccarti da lei.

— Non voglio far soffrire Marjory — dico. — Non credo che finirò per staccarmi da lei.

— Lo so. Lei ti piace molto… no, tu l’ami, è chiaro. Ma, Lou… tu stai per subire un grande cambiamento. Non sarai la stessa persona.