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Non essere depresso, dice Amber. Sta bene, sta bene. Amber tocca scatola di Amber. Poi dice Puoi toccare. Io tocco. È parte di vestito. È camicia. È troppo piccola per me. Troppo piccola. Amber ride. Bravo, sei bravo, ecco dolce, è una camicia ed è proprio troppo piccola per te. Camicia di bambola. Amber prende camicia di bambola e mette giù altra cosa. Pure forma strana, sgualcita nera. Non toccare, solo guardare. Se cosa sgualcita azzurra è camicia per bambola, cosa sgualcita nera altra cosa per bambola? Amber tocca. Cosa diventa più piatta. Due cose sporgono sotto, una cosa sporge sopra. Calzoni. Dico Calzoni per bambola. Amber fa grande sorriso. Bravo, davvero bravo. Una cosa dolce per te. Tocca la scatola di Amber.

Ora di pranzo. Pranzo è cibo in giornata fra colazione e cena. Ciao Sally. Sembra buono Sally. Sally è felice che dico questo. Cibo è appiccicoso tra fette di pane e frutta e acqua da bere. Cibo sa di buono in bocca. Cibo è buono Sally. Sally è felice che dico questo. Sally sorride. Bravo, sei davvero bravo. Simpatica Sally. Sally gentile.

Dopo pranzo c’è Amber e striscio su pavimento seguo la linea o sto ritto con piede alzato poi altro piede alzato. Amber pure striscia. Amber sta su un piede, cade. Rido. Ridere è buono. Amber ride. Bravo, sei molto bravo. Simpatica Amber.

Dopo strisciare su pavimento c’è altro gioco su tavolo. Amber mette cose su tavolo. Non so nomi. Niente nomi, dice Amber. Guarda questo: Amber tocca cosa nera. Trovane un’altra, dice Amber. Guardo le cose. Un’altra cosa uguale. Tocco. Amber sorride. Bravo, bravo. Amber mette insieme cosa nera e cosa bianca. Fa’ così, dice Amber. Paura. Non so. Sta bene, sta bene, dice Amber. Sta bene non sapere. Amber non sorride. Non bene. Trovo cosa nera. Guardo. Trovo cosa bianca. Metto insieme. Adesso Amber sorride. Bravo.

Amber mette insieme tre cose. Fa’ così, dice Amber. Io guardo. Una cosa è nera, una è bianca con parte nera, una è rossa con parte gialla. Guardo. Metto giù cosa nera. Trovo cosa bianca con parte nera, metto giù. Poi trovo cosa rossa con parte gialla, metto giù. Amber tocca la scatola di Amber. Poi Amber tocca le cose di Amber: rosso in mezzo, dice. Guardo. Ho sbagliato. Rosso in fine. Lo muovo. Bravo, sei bravo, dice Amber. Davvero un buon lavoro. Felice. Godo far felice Amber. Essere felici insieme, buono.

Altre persone arrivano. Una con camice bianco, vista prima, non conosco nome tranne dottore. Una uomo con maglione di molti colori e calzoni avana.

Amber dice Salve dottore a persona in camice bianco. Dottore parla ad Amber, dice Questo è suo amico, sulla lista. Amber mi guarda, poi guarda altro uomo. Uomo guarda me. Non è felice, anche con sorriso.

Uomo dice Ciao Lou sono Tom.

Ciao, Tom, dico. Lui non dice Bravo. Tu sei dottore, dico.

Dottore ma non medico, dice Tom. Non so cosa è dottore ma non medico.

Amber dice Tom è sulla tua lista, per farti visita. Tu lo conoscevi prima.

Prima di che? Tom non sembra felice. Tom sembra molto triste.

Non conosco Tom, dico. Guardo Amber. È sbagliato non conoscere Tom?

Hai dimenticato tutto di prima? chiede Tom.

Prima di che? La domanda mi disturba. Quello che conosco è adesso. Jim, Sally, Amber, il dottore, dov’è la camera da letto, dov’è il bagno, dov’è il posto dove si mangia, dov’è la stanza da lavoro.

Va tutto bene, dice Amber. Ti spiegheremo dopo. Va tutto bene. Stai facendo grandi progressi.

Meglio andare adesso, dice il dottore. Tom e il dottore se ne vanno.

Prima di che?

Amber dispone un’altra fila di cose e dice Fa’ anche tu così.

— Gliel’avevo detto che era troppo presto — disse la dottoressa Hendricks, una volta tornata con Tom in corridoio. — Gliel’avevo detto che non l’avrebbe riconosciuta.

Tom Fennell tornò a guardar dentro dalla finestra che permetteva di vedere senza essere visti. Lou… o la cosa che era stata Lou… sorrideva alla terapista che stava lavorando con lui e prendeva un blocchetto da aggiungere allo schema che andava copiando. Dolore e rabbia invasero Tom nel ricordare lo sguardo vacuo, il sorriso privo di significato che aveva accompagnato il suo "Ciao, Tom".

— Per ora lo confonderemmo se solo cercassimo di spiegargli tutto — disse la Hendricks.

Tom ritrovò la voce, anche se non sembrava la sua. — Voi dottori… ma avete la benché minima idea di quello che avete fatto? — Si teneva immobile con uno sforzo enorme. Avrebbe voluto strangolare la persona che aveva distrutto il suo amico.

— Certo. Lui sta facendo davvero dei grandi progressi. — La dottoressa Hendricks pareva indecentemente fiera di se stessa. — La settimana scorsa non era in grado di fare ciò che sta facendo adesso.

Progressi, eh? Star seduto lì a copiare la disposizione di una fila di blocchetti, secondo Tom, non si poteva definire esattamente "fare grandi progressi". Non quando lui ricordava con tanta chiarezza le sbalorditive capacità di Lou. — Ma… ma l’analisi e la creazione di schemi erano un suo dono speciale…

— Ci sono stati cambiamenti profondi nella struttura del suo cervello — disse la dottoressa. — Altri cambiamenti si stanno ancora verificando. È come se il suo cervello fosse tornato indietro in età… in un certo senso come se fosse ridiventato il cervello di un bambino. Grande plasticità, grande capacità di adattamento.

Il tono compiaciuto di lei lo urtava. Era evidente che la donna non aveva dubbi sulla giustezza di ciò che aveva fatto. — Quanto tempo ci vorrà perché maturi? — domandò.

La dottoressa Hendricks non si strinse nelle spalle, ma fu come se lo avesse fatto. — Non lo sappiamo. Pensavamo… dovrei piuttosto dire avevamo la speranza… che con la combinazione di tecnologia genetica e nanotecnologia, più l’accelerazione della crescita neurale, la fase di riabilitazione sarebbe stata più breve, più somigliante a quella constatata nel trattamento somministrato agli animali. D’altra parte il cervello umano è incommensurabilmente più complesso…

— Questo avreste dovuto saperlo fin dal principio! — A Tom non importava che il suo tono fosse di accusa. Si chiese come stessero gli altri, cercò di ricordare quanti ce n’erano stati. Nella stanza aveva visto solo altri due uomini che lavoravano con i loro terapisti. Gli altri stavano bene o no? Non sapeva neanche come si chiamassero.

— È vero. — L’ammissione della dottoressa lo irritò ancor di più.

— Cosa stavate pensando…

— Di aiutare. Stavamo pensando solo di aiutare. Guardi… — Indicò la finestra e Tom guardò.

L’uomo con la faccia di Lou… ma non con la sua espressione… completò il suo schema e alzò gli occhi con un sorriso alla terapista che gli sedeva davanti. Lei parlò… Tom non poté sentire le parole attraverso il vetro, ma poté vedere la reazione di Lou, una risata allegra e uno scuotere la testa appena abbozzato. Un gesto così incongruo da parte di Lou, così stranamente normale che a Tom si mozzò il fiato.

— I suoi rapporti sociali sono già più normali. Il paziente è facilmente motivato da segnali sociali, gli piace stare in compagnia. Sta sviluppando una personalità davvero affascinante, benché a questo punto sia ancora infantile. Si stanno normalizzando anche le sue elaborazioni degli stimoli sensoriali: l’estensione delle sue preferenze quanto a temperature, strutture, sapori eccetera è adesso entro limiti normali. Il suo uso del linguaggio è ogni giorno migliore. Man mano che le sue funzioni si ristabiliscono noi andiamo abbassando le dosi di ansiolitici.

— Ma i suoi ricordi…

— Ancora su questo non si può dir niente. La nostra esperienza nel restituire i ricordi perduti alla popolazione psicotica suggerisce che le due tecniche che usiamo sono efficaci… fino a un certo punto. Abbiamo effettuato registrazioni multisensoriali, capisce, e queste verranno reinserite. Per ora ne abbiamo bloccato l’accesso con un agente biochimico specifico… è brevettato, perciò non mi chieda nemmeno di che si tratta… che filtreremo via nelle prossime settimane. Vogliamo avere la sicurezza di poter contare su un substrato di elaborazione e integrazione sensoriale completamente solido prima di far questo.