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Mi rialzai lentamente. Il Radioso era immerso in una tiepida luminescenza che sembrava separarlo dalla pianura avvolta nella nebbia. Rimaneva notte, al di là di noi. Nessuno si muoveva, nell’accampamento. Nessuna sentinella ci vide o ci sentì.

— Orion — disse lui con il suo sorriso beffardo — in qualche maniera trovi continuamente modo di dispiacermi. Hai salvato l’accampamento acheo.

— Questo ti dispiace? — chiesi.

Si sfregò il mento, un gesto stranamente umano in un essere tanto simile a un dio come lui. — Come Apollo, il dio del sole, colui che porta luce e bellezza a questa gente, cerco la vittoria dei Troiani su questi barbari dell’Acaia.

— E gli altri… — cercai a tentoni una parola, mi decisi — dèi? Non tutti favoriscono Troia, vero?

Il suo sorriso scomparve.

— Ce ne sono altri — dissi io, — esseri simili a dèi come te?

— Ci sono — ammise lui.

— Più grandi di te? C’è uno Zeus, un Poseidone?

— Ci sono vari… esseri come me, Orion — rispose lui, agitando una mano vagamente. — I nomi con cui li chiamano questi primitivi sono irrilevanti.

— Ma sono più potenti di te? C’è uno Zeus? Un re, tra voi?

Lui rise. — Stai cercando un modo per combattere contro di me!

— Sto tentando di capire chi e cosa sei — dissi. Il che era vero, fino a quel momento.

Il Radioso mi guardò attentamente, quasi con cautela. — Molto bene — disse infine — se vuoi vedere qualcuno degli altri…

E gradualmente, come una nebbia notturna che si dissolve lentamente sotto il sole del mattino, vidi delle immagini cominciare a formarsi tutt’intorno a me. Emersero lentamente, si materializzarono, presero solidità e colore. Donne e uomini vivi, che respiravano, mi circondavano, mi scrutavano dall’alto, mi ispezionavano come uno scienziato potrebbe fare con una specie di insetto o di batterio.

— Questo è impetuoso — disse uno di loro con una profonda voce da dio.

— È una mia creatura — ribatté il Radioso. — Posso controllarlo.

Sì, pensai. Puoi controllarmi. Ma un giorno il controllo ti sfuggirà.

Potevo vedere dozzine di facce che mi studiavano. Belle donne dalla pelle perfetta e dagli occhi che luccicavano come gioielli e uomini che irradiavano giovinezza eppure parlavano con la gravità e la sapienza di millenni, di eoni, dell’eternità stessa.

Io mi sentivo come un ragazzino in mezzo ad adulti enormemente più saggi, come un bambino a confronto con i giganti.

— L’ho portato qui dalla pianura di Ilio — disse il Radioso, quasi sfidandoli a lamentarsi.

— Sei diventato più audace — disse quello che aveva parlato prima. Era scuro di occhi e di capelli, solenne come un’alta montagna rocciosa. Pensai a lui come a Zeus, anche se non teneva stretti in mano fulmini baluginanti e la sua barba era tagliata corta e appena toccata di grigio.

Il Radioso rise spensieratamente.

Io frugai in quel cerchio di grandi visi senza sorriso, cercandone uno che mi fosse familiare, la dea che avevo amato, o anche l’oscuro Ahriman a cui avevo dato la caccia. Non vidi nessuno dei due.

Una delle donne parlò: — Intendi ancora permettere ai Troiani di vincere la guerra?

Il Radioso le sorrise. — Sì, anche se questo non ti fa piacere.

— I Greci hanno molto da offrire alle tue creature — disse lei.

— Bah! Barbari!

— Non saranno sempre così. Con il tempo costruiranno una splendida civiltà… se glielo permetterai.

— La civiltà di Troia sarà ancora più splendida, te lo prometto — disse lui scuotendo la chioma dorata.

— Ho studiato le traiettorie temporali — disse uno dei maschi. — Si dovrebbe permettere ai Greci di vincere.

— No! — gridò il Radioso. — Al diavolo le traiettorie temporali! Sto creando una nuova traiettoria qui, una che potrebbe soddisfare tutti noi se solo voi non interferiste con i miei piani.

— Abbiamo diritto di manipolare queste creature quanto te — disse la donna. — Ho davvero molto poca fiducia nei tuoi piani.

— Perché non capisci — insistette il Radioso. — Io voglio che Troia vinca perché Troia, allora, diventerà il punto più importante di questa fase della storia umana. La città si trasformerà in un potente impero che si estenderà dall’Europa all’Asia. Pensaci! L’energia e il vigore degli Europei combinati con la saggezza e la pazienza dell’Oriente. La ricchezza di entrambi i mondi sarà riunita in una sola, l’impero Iliaco unificato si estenderà dalle Isole Britanniche al subcontinente Indiano!

— Che vantaggi porterà? — chiese uno degli altri uomini. Come gli altri, era attraente quanto un viso umano può esserlo, perfetto in ogni dettaglio. — Le tue creature dovranno sempre affrontare la crisi finale. L’unità fra loro può essere meno desiderabile di un po’ di sana competitività.

— Sì — disse la donna. — Ricordo la traiettoria dominata dall’uomo di Neanderthal che hai fatto distruggere da questa creatura. Hai finito quasi col distruggere anche tutti noi.

Il Radioso mi guardò di traverso. — Quello è stato un errore che non si ripeterà.

— No, non con Ahriman e le sue tribù in salvo nel loro continuum.

— Quella è una faccenda conclusa e noi siamo sopravvissuti alla crisi — disse quello che io chiamavo Zeus. — La questione, adesso, è cosa si deve fare riguardo il punto particolare di Troia.

— Troia deve vincere — insistette il Radioso.

— No, i Greci dovrebbero.

— I Troiani vinceranno — dichiarò il Radioso seccamente. — Vinceranno perché io li farò vincere.

— In modo che tu possa creare questo impero di Ilio che sembra ti stia tanto a cuore — disse Zeus.

— Esattamente.

— Perché è così importante? — chiese la donna.

— Unificherà tutta l’Europa e buona parte dell’Asia — rispose lui. — Non ci sarà alcuna separazione tra Est e Ovest, nessuna dicotomia nello spirito umano. Nessun Alessandro il Macedone con la sua avidità semibarbara, nessun Impero Romano, nessuna Costantinopoli a fare da barriera tra l’Asia e l’Europa. Niente Cristianesimo e Islam a combattere la loro guerra di venti secoli l’uno contro l’altro.

Gli altri ascoltavano e cominciarono ad annuire. Tutti tranne la donna scettica e quello che io chiamavo Zeus.

“È un gioco per loro” mi resi conto. — Stanno manipolando la storia umana così come un giocatore di scacchi muove i pezzi sulla scacchiera. E se una civiltà viene completamente distrutta, per loro ha la stessa importanza di un pedone sacrificato o di una torre mangiata e tolta dalla scacchiera.

— Fa davvero tanta differenza? — chiese un uomo dai capelli scuri.

— Certo che ne fa! — rispose il Radioso. — Io tento di unificare la razza umana, di portare le molte sfaccettature delle mie creature all’armonia e all’unità…

— In modo che possano aiutarci ad affrontare la crisi finale — disse Zeus quasi in un sussurro.

Il Radioso annuì. — Questo è il mio obiettivo. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto che riusciamo a trovare.

— Non sono sicuro che il tuo sia il metodo migliore — continuò Zeus.

— Io sono certa che non lo è — disse la donna.

— Io procederò sia che voi approviate o no — replicò il Radioso. — Queste creature sono mie e io le farò arrivare al punto in cui potranno davvero esserci d’aiuto.

Gli altri del cerchio mormorarono e annuirono o scossero la testa. Non c’era unanimità fra loro. Mentre osservavo, cominciarono a svanire, a tremolare e a dissolversi finché solo io e il Radioso restammo l’uno di fronte all’altro, nel bagliore che tutto pervadeva di quel luogo senza ubicazione, senza tempo, in un mondo che non conoscevo.