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Lontano, intorno alla curva del muro, i sacerdoti israeliti non avevano smesso di soffiare nei corni, di picchiare sui tamburi, di far risuonare i piatti. Cantavano le lodi del loro Signore, e la gente di Gerico se ne stava sulla cima del muro condannato a guardare lo spettacolo, continuando con i suoi motteggi e ridendo divertita.

Mi rivolsi a guardare il campo degli Israeliti. Gli attaccanti stavano mettendosi in formazione. Non portavano uniforme, avevano poche armature, ma ognuno aveva un qualche tipo di scudo e una spada o una lancia. Erano pronti per la battaglia.

Mentre la processione dei sacerdoti continuava a girare intorno al muro, Giosuè ordinò ai suoi uomini di mettersi in marcia. Ne contai varie migliaia, dai ragazzi agli anziani. Marciavano a tempo con i sacerdoti, anche se si tenevano più lontani dalla città, fuori dalla portata degli archi.

I sacerdoti videro il fumo salire e si allontanarono, tornando verso l’accampamento. Gli armati si diressero alla cinta muraria, come aspettandosi che cadesse loro ai piedi.

E così fu.

Mentre l’armata degli Israeliti si avvicinava ai bastioni, il fumo diventò più denso e più nero. Sentii strani rumori borbottanti, come se sottoterra qualcuno gemesse invocando aiuto. La gente di Gerico si agitava e gesticolava, adesso, con grida di terrore improvviso.

Poi, con il roboare profondo di un gigante che crolla, un’intera sezione di muro franò, rotolò su se stessa in una rovina di mattoni. Nubi di polvere grigio-rossastra macchiarono il fumo e avanzarono nella pianura verso di noi.

Una singola nota di tromba risuonò chiara e acuta in mezzo al fragore e alle grida. Con un boato che scosse il terreno, l’esercito d’Israele si riversò sul mucchio di macerie, oltre la breccia delle mura di Gerico.

32

Trattenni Lukka e i suoi uomini per metà della giornata, per evitare che corressero rischi. Avevamo fatto il nostro lavoro, la battaglia riguardava gli Israeliti.

Ma quando il sole fu alto, Gerico era in fiamme, e persino l’imperturbabile Lukka era impaziente di andare a raccogliere il bottino.

Io ero vicino alla tenda da cui partiva il tunnel e guardai le nuvole di sgradevole fumo nero spargersi nel cielo. Gli uomini di Lukka erano seduti o in piedi, in quel poco d’ombra che potevano trovare, e gli gettavano occhiate interrogative. Infine, lui si voltò verso di me.

Prima che potesse parlare, dissi: — Tornate al calar della notte.

Mi scoccò uno dei suoi rari sorrisi e fece segno ai suoi uomini di seguirlo. Balzarono in piedi come cuccioli di lupo famelici, felici di andare a caccia.

Andai con loro fino alla breccia, per vedere con i miei occhi il frutto del nostro lavoro. Il muro era grosso più di nove metri, dov’era ancora in piedi. Sentivo il calore del mucchio di macerie anche attraverso le suole degli stivali. Il fuoco non si era spento, bruciava ancora, lì sotto. Spire sottili di fumo grigio salivano in corrispondenza di altre travi di sostegno, ai lati della nostra breccia. Il fuoco avrebbe bruciato ancora per ore, forse per giorni, mi resi conto. Altre sezioni di muro sarebbero cadute.

In città, era come essere a Troia. Gli Israeliti uccidevano e violentavano e bruciavano, proprio come i barbari achei. In preda a una feroce sete di sangue, e non importa quale dio venerassero o come lo chiamassero, anche loro si comportavano da bestie.

“Forse Elena ha ragione” pensai. “Forse in Egitto troveremo esseri civili, ordine e pace.”

Scesi dalle macerie fumanti e mi diressi alla mia tenda. Elena stava tenendo una riunione, lì fuori, circondata da più di due dozzine di donne israelite. Arrivai abbastanza vicino da sentire qualcuna delle sue parole. — Saranno sporchi, insanguinati ed eccitati, quando torneranno. Dovreste tenere pronta dell’acqua profumata con cui lavarli, ristorarli e placarli.

— Acqua profumata? — chiese una delle donne.

— In una tinozza? — chiese un’altra.

Elena rispose. — Sì. E lasciate che siano i servi a fare il bagno ai vostri mariti.

— Servi? — Risero tutte.

Elena sembrava perplessa.

— Ma dicci una cosa — chiese una delle donne più anziane — come fai a rendere i tuoi occhi più grandi?

— E che incantesimo usi perché un uomo ti rimanga fedele?

Io mi allontanai, scuotendo la testa. Mentre gli uomini seguivano i loro istinti selvaggi, uccidendo, bruciando, saccheggiando, anche le donne seguivano i loro istinti, imparando a sottomettere e indocilire i loro uomini.

Per un po’ camminai senza meta tra le tende. I soli maschi nell’accampamento erano i bambini e i vecchi. Le donne erano riunite in piccoli gruppi, come quelle con Elena, e sussurravano tra loro lanciando sguardi occasionali alla città in fiamme.

— Orion — mi chiamò una strana voce.

Mi voltai e vidi Giosuè, in piedi nell’ombra del tendone a strisce che partiva dalla sua tenda. Una brezza umida gonfiava leggermente la tela premendola contro le funi scricchiolanti. Potevo sentire l’odore umido della nebbia e la dolce fragranza delle palme da datteri. Il fuoco della città risucchiava l’aria dalla valle del fiume.

Molti dei sacerdoti più anziani stavano intorno a Giosuè, sdraiati su panche, o per terra. Sembravano stanchi, sfiniti, leggermente vergognosi.

— Hai Gerico — dissi a Giosuè.

— Grazie al Signore nostro Dio — disse. Poi aggiunse: — E a te.

Io chinai leggermente la testa.

— Hai reso un grande servizio al Dio di Israele e al Suo popolo — disse lui. — Sarai ampiamente ricompensato.

— Apprezzo la vostra gratitudine. — Per qualche ragione, non riuscivo a dire che ero felice di averli aiutati. — Tra qualche giorno, i miei uomini ed io continueremo per la nostra strada… verso sud.

Sapeva che mi riferivo all’Egitto.

— Siete certi di volerci andare?

— Assolutamente certi.

— È quello che lei desidera, vero?

— Sì.

— Orion, perché passi la tua vita a servire una donna? Resta con me! Sii il mio braccio destro. Ci sono altre città da conquistare. I Filistei della costa sono nemici potenti.

Guardai nei suoi occhi profondi e vi scorsi la stessa luce ardente che brillava negli occhi del Radioso. Follia? O grandezza? Entrambe, pensai. Forse l’una non poteva esistere senza l’altra.

— Non ho niente contro i Filistei o chiunque altro — dissi. — E ho le mie ragioni per andare in Egitto.

— Stai attaccato alle vesti di una donna — mi rimproverò.

Risposi: — Cerco un dio, in Egitto.

— Un falso dio — disse Giosuè brusco. — C’è solo un unico vero Dio…

— So quello in cui credi — dissi prima che potesse continuare — e magari hai ragione. Forse il dio che vado a cercare in Egitto è lo stesso che veneri tu.

— Allora perché cercarlo in una terra di schiavitù e tirannia?

— L’Egitto è un Paese civile — lo contraddissi.

Giosuè sputò per terra. Uno dei vecchi sacerdoti dalla barba bianca che era rimasto ad ascoltare si mise in piedi faticosamente e, appoggiandosi a un bastone, puntò un dito ossuto contro di me.

— L’Egitto civile? Una terra dove il re ordina di uccidere ogni neonata israelita semplicemente perché i suoi ministri gli hanno detto che il nostro numero sta aumentando troppo in fretta? È civiltà questa? — La sua debole, vecchia voce tremò d’ira. — Una terra dove tutto il nostro popolo è stato tenuto in schiavitù per costruire monumenti al tiranno che uccideva i nostri bambini?

Lo guardai stringendo gli occhi, non sapendo cosa rispondere.

— Siamo fuggiti dall’Egitto — disse Giosuè — con nient’altro che gli abiti che avevamo addosso e quelle poche cose che potevamo portare. Solo il miracolo del Signore nostro Dio ci ha salvato. Abbiamo passato anni vagando nel deserto del Sinai, disposti a morire di fame e di sete piuttosto che tornare alla schiavitù. No, Orion, non credere che l’Egitto sia civile.