Nell’ombra indistinta, la vidi giacere sull’altare, vestita di una lunga tunica argentata. Aveva gli occhi chiusi e le braccia lungo i fianchi. Non respirava, ma io sapevo che non era morta. Stava solo aspettando.
Alzai lo sguardo verso il soffitto basso, appena al di sopra della mia testa. Era di travi, rivestito di assi sigillate con la pece. Allungai le braccia e, come mi aspettavo, vidi che un riquadro proprio al di sopra dell’altare era munito di cardini. L’aprii e feci in modo che il sole del mattino battesse sul corpo esanime di Anya.
L’argento della sua veste luccicò di mille minuscole stelle. Il colore tornò sulle sue guance.
Mi avvicinai, mi chinai su di lei e la baciai sulle labbra.
Era calda e viva. Intrecciò le braccia attorno al mio collo, sospirò profondamente e ricambiò il mio bacio. Sentivo gli occhi pieni di lacrime e per lunghi minuti non dicemmo assolutamente niente, limitandoci a tenerci così stretti che né il tempo né lo spazio avrebbero potuto separarci.
— Sapevo che mi avresti trovato — disse infine Anya, la voce bassa, calda e vibrante d’amore.
— Dicevano che non potevi essere resuscitata. Dicevano che eri morta per sempre.
— Ero qui. Ti aspettavo.
Si mise a sedere lentamente e io l’aiutai ad alzarsi. Nei suoi occhi c’era l’immensità degli universi. Mi sorrise, lo stesso sorriso raggiante che ricordavo da così tante esistenze.
Ma, mentre la tenevo tra le braccia, incredibilmente felice, il ricordo della nostra morte insieme mi suscitò un brivido gelido.
— Cosa c’è, amore mio? — chiese lei. — Cosa c’è che non va?
— Il Radioso ti ha uccisa…
Il suo viso si fece serio. — È folle di gelosia, Orion. Geloso di te.
— Gli altri Creatori l’hanno fermato. Cercheranno di curarlo.
Mi guardò con nuovo rispetto. — E tu li hai aiutati a catturarlo, vero?
— Sì.
— Lo supponevo. Non ci sarebbero riusciti senza il tuo aiuto, proprio come io non sarei potuta tornare alla vita senza di te.
— Non capisco — dissi.
Mi sfiorò la guancia con la punta delle sue dita morbide e meravigliose. — Ci vorrà tempo per insegnarti, Orion, ma sai già molto più di quanto tu non ti renda conto.
Una nuova domanda prese forma nella mia mente. — Sei umana, adesso o sei una… dea?
Anya rise. — Non ci sono dèi o dee, Orion. Lo sai. Abbiamo solo una conoscenza molto superiore a quella degli uomini che ci hanno preceduto. Capacità molto maggiori. Siamo più potenti.
Molto più potenti di me, pensai.
Come se potesse leggermi la mente, Anya disse: — I tuoi poteri stanno crescendo, Orion. Hai imparato molto da quando il Radioso ti ha mandato per la prima volta nell’Era Glaciale, a caccia di Ahriman. Stai diventando uno di noi.
— Puoi morire? — chiesi senza riflettere.
Lei capì la mia paura. — Tutti possono morire, Orion. L’intero continuum può essere distrutto, con tutto quello che vi si trova.
— Allora non c’è nessun luogo dove possiamo vivere in pace? Nessun tempo dove potremo riposare, e vivere e amare come fanno i normali esseri umani?
— No, caro. Nemmeno i comuni mortali hanno questo privilegio. La cosa migliore che possiamo sperare è di restare insieme, di affrontare le gioie e i pericoli fianco a fianco, in ogni tempo, in tutti gli universi.
La presi di nuovo tra le braccia e mi sentii non soltanto contento, ma divinamente felice. — Mi basterà. Stare con te è tutto ciò che desidero, nient’altro importa.
Epilogo
Con Anya al mio fianco, uscii dall’antico tempio nel tiepido sole del nuovo giorno. Tutt’intorno a noi si stendeva una vegetazione lussureggiante: arbusti in fiore e alberi da frutto coperti di gemme, a perdita d’occhio.
Camminammo lentamente verso il fiume, l’indistruttibile Nilo, sempre uguale a se stesso nonostante i millenni.
— In che periodo siamo? — chiesi.
— Le piramidi non sono state ancora iniziate. Il deserto che un giorno sarà chiamato Sahara è ancora una vasta distesa d’erba brulicante di vita. Bande di cacciatori la percorrono liberamente.
— E questo giardino? Sembra l’Eden.
Lei mi sorrise. — No. È la casa della creatura la cui statua era sull’altare.
Mi voltai a guardare il piccolo tempio di pietra. Era una costruzione semplice, blocchi di pietra appoggiati l’uno sull’altro e un tetto piatto di assi di legno.
— Un giorno l’Egitto l’adorerà come un dio potente e pericoloso. Lo chiameranno Set.
— È uno dei Creatori?
— No — rispose Anya. — È un nemico. Uno di quelli che cercano di distorcere il continuum per i loro scopi personali.
— Come il Radioso — dissi.
Lei mi scoccò uno sguardo severo. — Il Radioso, pazzo di potere com’è, almeno lavora in favore della razza umana.
— Sostiene di averla creata.
— Ha aiutato a farlo — rispose lei, lasciando che un piccolo sorriso le increspasse le guance.
— Ma quest’altra creatura… quella con la faccia da lucertola?
Il suo sorriso svanì. — Viene da un mondo lontano, Orion, e cerca di spazzarci via tutti, noi e il nostro continuum.
— Allora perché siamo qui, in questo tempo e in questo luogo?
— Per trovarlo e distruggerlo — rispose Anya. — Tu ed io, insieme. Cacciatore e guerriera, per tutto lo spazio-tempo.
Guardai in fondo ai suoi occhi luminosi e mi accorsi che era quello il mio destino.
“Io sono Orion, il Cacciatore.” E con quella cacciatrice, a fianco, con quella dea guerriera vicino a me, mi sentivo in grado di cacciare per tutti gli Universi.